domenica 26 dicembre 2021

il sonno della ragione genera mostri

Il sonno della ragione genera mostri - Francisco Goya - 1797

La cosa che mi preoccupa di più per il 2022 e per gli anni successivi non è la pandemia, che pure è un problema molto grande. A mio avviso esiste un problema psichico che è sempre più diffuso e che è potenzialmente in grado di minare alla radice il nostro modo di vivere le relazioni con gli altri.
Questo problema si chiama paranoia
La paranoia è una spinta interiore che ci obbliga a vivere chi è diverso da noi come un nemico da eliminare, da togliere di mezzo ad ogni costo. La paranoia è il motivo per cui nascono le guerre più atroci, gli sterminii sistematici di persone, di un'etnia o di una religione diversa, ma anche l'odio assoluto per il vicino di casa o per chi ci taglia la strada in automobile. 
Il nemico di turno viene vissuto come il colpevole dei mali che ci affliggono. Col paranoico il dialogo è impossibile perchè la sua certezza nella bontà delle proprie ragioni è blindata, inaccattabile, inscalfibile, anche se gli citiamo dati reali, verità concrete.
Tutti abbiamo dentro di noi un certo livello di paranoia, ma per fortuna la maggior parte di noi riesce a tenerlo sotto controllo.
Questa patologia individuale può diventare collettiva e questo è un gravissimo problema. Il sonno della ragione genera mostri disse Francisco Goya, che così intitolò una sua famosissima opera. Si potrebbe riferire alla paranoia una famosa frase di Marx: Uno spettro si aggira per l'Europa, estendendo il concetto a tutto il nostro mondo.
Credo che sia importante per tutti conoscere cosa è la paranoia perchè conoscere le cose è il modo migliore per difendersene; per questo vi metto qui sotto il link ad un articolo scritto da un mio amico e collega che in dieci pagine, con parole comprensibili a tutti descrive le cose più importanti che è necessario sapere sull'argomento. Provate a dargli un'occhiata.
Credo che se ci sforzeremo di tenere sufficientemente sotto controllo gli aspetti paranoici potenzialmente presenti in ciascuno di noi e a riconoscerli negli altri al fine di depotenziarli, contribuiremo a garantire a noi tutti la possibilità di continuare a vivere in un  mondo caratterizzato prevalentemente dal dialogo e dal rispetto dell'altro. Nel caso in cui gli aspetti paranoici dovessero disgraziatamente prendere il sopravvento, ci troveremmo nella difficoltà non solo di sconfiggere un virus, ma di vivere in un mondo in cui sia possibile godere felicemente di relazioni umane nutrienti e creative.







venerdì 17 dicembre 2021

lunedì 13 dicembre 2021

giustizia esistenziale

La scorsa settimana stavo parlando con una collega dell'atteggiamento emotivo che ho in generale con tutti i miei pazienti. Le dicevo del mio profondo dispiacere perchè molti di loro, soprattutto i più giovani, soffrono tanto per cause indipendenti dalla loro volontà, che non permettono loro di conoscere e vivere tutte le belle doti e caratteristiche che fanno parte della loro personalità.

La mia collega mi ha detto che spesso ha sentito in me come una sete di giustizia esistenziale. 

E' vero, mi sembra una definizione parecchio azzeccata. In realtà mi dispiace tantissimo che una persona non sia consapevole e non riesca a vivere tutto il bello che ha dentro di sè. Mi sembra una cosa davvero contro natura, un'ingiustizia, uno spreco, un po' come quando ci sono dei bambini che vengono maltrattati.

In certi momenti vorrei aggiustare le cose, far diventare la situazione più equa, vorrei essere il vendicatore buono che si butta dalla parte dei deboli per aiutarli a non subire più ingiuste prevaricazioni.

Non riesco a concepire il mio lavoro senza questa partecipazione emotiva.



mercoledì 8 dicembre 2021

il tema di italiano è terapeutico

 


Concordo totalmente con questo articolo scritto da Paola Mastrocola pubblicato sul quotidiano La Stampa, che ho trovato sul bellissimo blog di Andrea Sacchini Il blog di Andrea. C'è una profonda verità in queste parole che mi hanno fatto venire in mente tanti miei pazienti ventenni che conoscono poco o niente di chi sono veramente, di cosa c'è nella loro interiorità. Forse se avessero avuto la possibilità di scrivere più temi avrebbero potuto conoscere qualcosa di più della loro essenza.

Da almeno vent’anni quella particolare prova scolastica che si chiama tema viene criticata e osteggiata, anche da illustri intellettuali, nonché stravolta e snaturata da riforme, teorie e sperimentazioni varie. Ultimamente, prima dell’emergenza Covid, alla prova di italiano dell’esame di Stato si sottoponevano al candidato circa 8-10 pagine fotocopiate fitte: il testo di un autore, cui seguivano una serie di domande cui rispondere. Poi, con il Covid, il nulla. E ora gli studenti chiedono l’abolizione delle prove scritte. Il ministro, dice, riflette e ci farà sapere.

Chiaro che il tema è stato ucciso. Scrivere un tema non è leggere pagine di altri, più o meno riassumerle e incollarle, e rispondere a una batteria di domande: scrivere un tema è scrivere. Da soli e liberi. Senza griglie, schemi, istruzioni per l’uso e riassuntini premasticati. Fare un tema è quella particolarissima, e unica, attività che consiste nell’esprimere idee proprie, pensieri propri, sentimenti propri, in uno stile proprio. Esprimere. Bellissimo verbo, che viene dal latino ex-premere, premere fuori, premere per far uscire, estrarre. La capacità di espressione è semplicemente questo: saper usare le parole in modo che estraggano, il più esattamente possibile, quel che abbiamo dentro.

Possedere la capacità di esprimere pensieri e sentimenti mi pare importantissimo, per una semplice ragione: pensieri e sentimenti stanno normalmente nascosti in noi, come in uno scrigno chiuso; se non siamo capaci di tirarli fuori, nessuno li vedrà (nemmeno noi), e a quel punto diventerà persino inutile pensare e sentire. E credo che nessuno voglia un’umanità che vive tenendosi chiusi in sé i pensieri e i sentimenti. Saremmo scrigni ambulanti, il cui tesoro rimane per sempre sconosciuto. Fare un tema, per un ragazzo, è mostrare quanto ha studiato, quanto ha letto, meditato, capito del mondo intorno a lui; ma è anche, soprattutto, rivelarsi. Svelarsi, aprirsi (aprire lo scrigno), avere la preziosa possibilità di dire qualcosa di sé fuori dagli schemi. Esattamente quel che fa uno scrittore. Non è poco… (E mi dispiace che gli studenti che ora chiedono di abolire le prove scritte non vedano la bellezza di questa opportunità). Nessun’altra verifica, di nessun’altra disciplina, può fare altrettanto. Infatti il tema non è una verifica come le altre. Non userei mai la parola verifica, per un tema, tantomeno “verifica delle competenze” (se smettessimo di usare queste parole così piatte e deprimenti…!). Il tema mi è sempre parso una felice anomalia, un regalo extra che la scuola fa agli studenti, come dire va bene, ora fai pure le verifiche tecniche sacrosante, di matematica, latino e greco, informatica, chimica; ma prima di tutto fai un tema! Cioè, semplicemente, scrivi! Prenditi questa pausa dalla scuola, questo momento tutto tuo per dire quel che vuoi, quel che sei. Dovremmo chiamarla Scrittura, la prova di italiano, e neanche Prova di scrittura ma “Momento di scrittura”.

Credo che una scuola che abolisca il tema, e non lo preveda come prova finale alla maturità, sia una scuola che nega la libertà, che toglie ai ragazzi l’opportunità di esprimere i loro liberi pensieri.

Ma il tema prima di tutto dev’essere libero. Dobbiamo rimettere il tema nella scuola, e liberarlo. Che sia il più possibile privo di costrizioni. Niente griglie, niente schemi preconfezionati, niente risposte a domandine o test. Solo una breve e chiara indicazione dell’argomento: una riga, dieci righe, non di più, quel che una volta si chiamava il titolo. E poi il foglio bianco. Lo so che fa paura a tutti. È un po’ come quando affittiamo casa e la dobbiamo ammobiliare. Ci prende lo sconforto, non sappiamo quali mobili mettere e come disporli. Proviamo, riproviamo. Ma alla fine ci riusciamo, e quella è casa nostra. Il foglio bianco è fondamentale. Scrivere è avere sempre, di continuo, un foglio bianco davanti. È proprio questa la sfida: riempirlo. Se non è bianco, quel foglio, noi siamo inutili, pleonastici: cosa ci stiamo a fare davanti a un foglio che è già pieno?

Scrivere è la cosa migliore che possiamo augurare a un nostro allievo per il suo futuro: non perché diventi scrittore, ma perché, qualunque lavoro deciderà di fare, sia capace di scrivere, possa farlo ogni volta che lo vorrà.

Non è facile imparare a scrivere. Ci vuole tempo (più che corsi di scrittura creativa). Alle elementari non saremo tanto capaci di farlo, e forse nemmeno tanto alle medie. Ma alle superiori forse sì, e da adulti ancor di più. L’uso della parola cresce con noi. È come una pianta. Ma bisogna coltivarla. Bisogna che quell’uso diventi esercizio quasi quotidiano, negli anni, fin dalla più tenera età. È importante che la scuola faccia questo lavoro, che ci creda. Soprattutto oggi, che viviamo tutti irretiti dai social e pensiamo che mandare una battuta su Instagram sia scrivere. La scrittura ha bisogno di distendersi: in frasi, periodi e pagine, dove tutto sia collegato da un filo che si chiama ragionamento. Noi abbiamo spezzato i fili del ragionamento. La scuola deve aiutarci a riprenderli, invece di tagliare quei pochi fili che ci sono rimasti, per esempio abolendo le prove scritte.

Paola Mastrocola - La Stampa 8/12/2021

domenica 5 dicembre 2021

piacere e dovere


Quando ero bambino e non avevo voglia di studiare, mia madre spesso mi ripeteva un imperativo allora molto popolare: prima il dovere e poi il piacere! intendendo che prima avrei dovuto studiare e poi avrei potuto andare a giocare. Oggi non credo che questo modo di dire sia così diffuso.

In realtà, il rapporto tra dovere e piacere è una questione di fondo che interroga radicalmente la nostra esistenza. Mentre fino a cinquant'anni fa nella nostra società prevaleva il principio del dovere, ora domina quello del piacere: oggi si tende a pensare che si deve godere al massimo ogni istante della nostra vita presente e futura, spesso anche a costo di trascurare i bisogni degli altri. Credo però che l'idea di dover godere il più possibile per essere sempre felici non faccia vivere davvero meglio, perchè, in fondo, si tratta sempre di obbedire a un dovere assoluto.

Se il dovere o il piacere vengono considerati, disgiuntamente, come assoluti, cioè come "il modo unico" per essere felici, facilmente ci possono portare fuori strada. Ho visto molte persone che hanno rischiato di perdersi sia sotto il peso di un senso del dovere troppo forte che di una ricerca del piacere eccessiva e unilaterale. 

Da questo punto di vista, mi pare eccessivo sia  l'atteggiamento dei genitori che spingono i figli a dover sempre raggiungere il massimo dei voti, sia quello di chi non si pone seriamente il problema di far capire ai figli che non possono stare al mondo solo per divertirsi ma che a volte è necessario anche fare fatica.

Secondo me fare fatica, fare il proprio dovere, deve avere un senso compiuto per chi lo fa, altrimenti diventa solo una sterile imposizione-costrizione, come l'obbligo di andare a Messa solo per adempiere a un'abitudine, a una formalità. 

In generale, il dovere ha senso solo se nella nostra vita c'è uno spazio legittimo e adeguato anche per il piacere. Se il dovere è imposto come obbligo assoluto non ha senso; solo se viene relativizzato e accettato consapevolmente ha un senso e contribuisce al benessere e alla crescita umana e psicologica di una persona.

Anche il piacere di apparire e di godere, se non è scelto all'interno di un orizzonte di senso individuale ma è cercato in modo assoluto come un obbligo sociale, come proposto ossessivamente dalla pubblicità e dai mass-media, può generare una grande infelicità perchè capita a tutti, prima o poi, qualche problema, qualche momento di dubbio o di crisi. Idolatrando il piacere, si può diventare così refrattari alle frustrazioni, che un piccolo problema ci può deprimere pesantemente oppure un problema molto grande come, ad esempio, la proliferazione di un virus sconosciuto, può portare al terrore panico oppure alla negazione assoluta del problema.

Penso che il piacere e il dovere siano entrambi necessari e aiutino a vivere meglio, a patto che, almeno dall'età della ragione in poi, siano presi in considerazione entrambi con ragionevole consapevolezza. In particolare, credo che dovremmo cercare la nostra risposta individuale alla domanda di senso che il piacere e il dovere ci pongono, spesso congiuntamente, in ogni momento della nostra vita.

Relativizzare piacere e dovere può significare, ad esempio, amare il prossimo come noi stessi, cioè prendersi cura di sè (piacere) ma nello stesso tempo tenere presente anche il bene degli altri, cercando di tenere dei comportamenti che non li danneggino (dovere), con la consapevolezza che se tutti facessimo così, vivremmo sicuramente in un mondo con meno conflitti interpersonali e sociali e con più solidarietà. 

    


  

lunedì 15 novembre 2021

il valore umano degli insegnanti


Cosa sentiamo dentro quando veniamo a sapere, dopo tanti anni dalla fine della scuola, che un nostro insegnante delle scuole elementari, medie o superiori è morto? Cosa ricordiamo del tempo passato con lui a scuola? Ci viene in mente per prima cosa ciò che ci ha insegnato della sua materia o come era lui come persona e come professore?

Il valore più profondo di un insegnante, a mio parere, consiste, aldilà di ciò che insegna, nell'esperienza che abbiamo fatto di lui come persona. 

Credo che i giovani imparino a conoscere come sono gli adulti fuori dalla famiglia soprattutto attraverso l'esperienza del rapporto con i docenti. Osservando i professori, i ragazzi possono conoscere vizi e virtù degli adulti: i professori che incontri possono deprimerti terribilmente o farti sperare in un mondo bellissimo.

Mi sembra che il valore umano degli insegnanti sia, in generale, poco valorizzato.

Tutti i giorni i ragazzi sono lì, davanti agli insegnanti e hanno modo di studiarli, di valutarne il senso di giustizia, il narcisismo, la paura di perdere il controllo della classe, l'ingenuità, la sensibilità, l'amorevolezza, il menefreghismo, la capacità di dialogo, la passione per l'insegnamento e altro ancora. 

Come i ragazzi si immaginano il mondo degli adulti dipende moltissimo dalla personalità dei docenti che incontrano.

Credo che oggi l'attenzione sia troppo concentrata sull'acquisizione delle competenze e si trascuri l'importanza della formazione umana dei ragazzi. Non sto dicendo che sia facile e neppure che si possa fare sempre, ci sono situazioni terribili, qualche ragazzo è perduto già prima di entrare in classe, quindi non accuso e non giudico nessuno. Voglio solo sottolineare l'importanza di ciò che si trasmette ai ragazzi col proprio comportamento, coi sentimenti che esprimiamo, col modo nel quale noi adulti ci mettiamo in relazione con loro.

Se dovessi dire che cosa, secondo me, caratterizza di più un bravo insegnante dal punto di vista umano, direi che è la sua consapevolezza che, oltre ad avere tanto da insegnare, può imparare davvero tanto da ogni ragazzo che ha di fronte.     

lunedì 8 novembre 2021

la fiaba preferita


La fiaba che preferivo da bambino era I tre porcellini. Non mi stancavo mai di ascoltarla. Era la storia di tre porcellini, fratelli tra loro, che erano inseguiti da un lupo che voleva mangiarli: il primo si costruiva una casa di paglia e fango, ma il lupo la buttava giù, il secondo se la costruiva di legno, un po' più robusta, ma il lupo distruggeva anche quella e finalmente il terzo, lavorando più degli altri, costruiva una solida casa fatta di mattoni dove ospitava e salvava gli altri due fratelli in fuga perchè quella casa il lupo non riusciva a distruggerla e se ne andava via scornato.

Cosa possono essere in concreto questi mattoni che ci difendono dai lupi di cui parla la fiaba? In quanti modi diversi ci possiamo difendere da chi non ci vuole lasciare vivere la nostra vita?
Per chi dice sempre sì, ad esempio, qualcuno di quei mattoni può simboleggiare dei no che ci salvano da coloro che vogliono farci vivere la nostra vita a modo loro.
E i lupi, chi possono essere e in quanti modi simbolicamente ci possono mangiare, come racconta anche la fiaba di Cappuccetto Rosso? Il lupo può essere, ad esempio, chi cerca di farci venire sensi di colpa ingiustificati se cerchiamo di vivere tranquillamente la nostra vita?
Credo che ciascuno di noi abbia il diritto naturale di costruirsi la sua casa psichica fatta come vuole, coi mattoni che vuole e di abitarla in santa pace, lasciando entrare chi desidera e lasciando fuori chi ha intenzioni cattive.


martedì 2 novembre 2021


Veliero farfalla di Vladimir Kush

L'eros, inteso come slancio vitale, come apertura alla vita, è difficilmente separabile dalla paura.

Paura di perdere il quotidiano, con tutte le sue tranquille certezze, paura della trasformazione, paura di andare verso nuove e sconosciute esperienze.
A me pare che, in questo senso, la nostra società sia in generale poco erotica: predomina la difesa, la conservazione dell'esistente e l'eros viene vissuto o nella sua dimensione fisica, spesso strumentalizzata e terreno di lotte per la conquista del potere, o nella sua dimensione spirituale. Ma l'eros non è nè l'una nè l'altra cosa, è l'una e l'altra insieme; Eros è il dio che scaglia le frecce nella carne, ma ha in sè anche il divino.
Ciò che favorisce più di ogni altra cosa l'incontro con il proprio eros è la relazione con persone che vivano la vita in modo passionale oppure l'ascolto di quella forza vitale interiore che ci spinge ad andare là dove abbiamo paura di andare, dove non siamo mai stati, fuori dalla strada che conosciamo bene.
Come diceva Oscar Wilde: il vantaggio delle emozioni è che ci portano fuori strada. 
Concerto di Caravaggio
Chi vuole avere il controllo sugli individui fa di tutto per evitare di lasciare loro del tempo vuoto, perchè proprio lì potrebbero incontrare il proprio personale eros, sotto forma di fantasie, di inquietudine, di immaginazione e creatività: meglio vendere, per il loro tempo libero, le immagini di un eros preconfezionato, mercificato, sterilizzato, catalogato, banalizzato, privato del suo potere trasformativo.
Come dice un personaggio de "I fratelli Karamazov" di Dostoevskij, che parla di come mantenere il potere sul popolo: "Sì, noi li obbligheremo a lavorare, ma nelle ore libere dal lavoro daremo alla loro vita un assetto come di giuoco infantile, con canzoni da bambini, cori e danze innocenti".

lunedì 1 novembre 2021

ritorno al cinema

La scorsa settimana sono tornato al cinema in presenza, dopo circa un anno e mezzo di assenza causa Covid. E' stata una sensazione commovente, come se mi fossi riappropriato di un pezzo della mia vita normale. Ho visto ben tre film.

Il più bello dei tre, da non perdere, è sicuramente L'Arminuta del regista Giuseppe Bonito. E' la storia ambientata negli anni '70 di una ragazzina che a 6 mesi è stata adottata e cresciuta dagli zii agiati piccolo-borghesi e a 13 anni viene improvvisamente riportata nella famiglia dei genitori naturali, poverissimi e culturalmente arretrati. E' un'esperienza traumatica ma anche utile e rivoluzionaria per la crescita umana della ragazzina, interpretata da una bellissima e bravissima ragazza di 14 anni alla sua prima esperienza di attrice.

Altro film di cui suggerisco la visione è Marylin ha gli occhi neri con Stefano Accorsi e Miriam Leone, storia di due mattocchi che si incontrano a un gruppo di psicoterapia e creano un rapporto speciale tra loro. Non amo Accorsi ma qui è bravo e lo è anche la Leone. Film godibile e divertente ma che fa anche pensare.

  

venerdì 22 ottobre 2021

aforismi

C'è una forma di pazzia che consiste nella perdita di tutto, fuorché della ragione.

Augusto Frassineti

martedì 19 ottobre 2021

se questa è una schizofrenica

 




E se una signora di 70 anni con diagnosi di schizofrenia vi raccontasse che da ragazzina, mentre le altre bimbe giocavano con le bambole, lei si incantava a guardare la statua di "Amore e Psiche", il capolavoro del Canova?

Se poi la stessa signora aggiungesse al racconto che lei percepiva in quella statua qualcosa di elevato, che non  aveva a che fare solo e semplicemente con la sessualità?
E se, ancora lei, la signora di prima, vi mostrasse una tavoletta in ceramica, appesa al muro di casa sua, con su scritto "La misura giusta dell'amore è amare senza misura", confidandovi che per lei è importantissima, anche se magari nessuno le ha mai detto che si tratta di una frase di Sant'Agostino, voi che idea vi fareste di lei?
Che è schizofrenica?

lunedì 11 ottobre 2021

uomo spirituale e uomo pratico

 Mi è capitato di leggere un pensiero del filosofo greco Origene, che dice che l'uomo spirituale è un uomo pratico, perchè lo Spirito si acquisisce con l'azione e si manifesta nel proprio fare.

Secondo Origene, nell'uomo spirituale si uniscono teoria e pratica, cura del prossimo e carisma spirituale per il bene del prossimo, ed è molto importante la capacità di discernere la varietà di spiriti.

Non so a voi, ma a me, questa idea che l'uomo spirituale deve essere anche un uomo pratico, espressa così semplicemente, è entrata dentro come una saetta, perchè spesso si pensa alla spiritualità come a una dimensione immateriale, distaccata dalla realtà quotidiana, mentre io credo che ciò non sia assolutamente vero.


venerdì 8 ottobre 2021

salute mentale e pazzia

 

Una mia paziente schizofrenica  mi ha detto che quando è nata sua figlia, le ha messo anche delle tutine azzurre, perché era un colore che le piaceva e secondo lei le stava bene, aggiungendo: ma perché i maschi non possono portare vestiti rosa? Il rosa può stare bene anche a un maschio.


Si può imparare molto da chi ha sofferto tanto nella vita al punto da diventare strano o folle, si può essere aiutati ad andare aldilà dei modelli abituali di comportamento, a recuperare spazi di libertà di pensiero; e questo può sembrare un mistero per chi è abituato a dividere, a separare nettamente il bene dal male con troppa facilità, a rimanere fedele a quella nitidezza che permette di guardare solo la superficie delle cose.

E anche la salute mentale e la pazzia, forse, sono due opposti che dobbiamo cercare di integrare tra loro per vivere meglio la nostra vita






 


domenica 26 settembre 2021

morte e rinascita

 

Paul Gauguin: Autoritratto col Cristo giallo

L'immagine di Gesù crocifisso ci presenta un essere umano appeso a una croce. Non può muoversi, non può fare nulla, può solo soffrire. Viene abbandonato anche dal Padre, che non risponde al suo grido di dolore. Credo che molti di noi si siano sentiti qualche volta nella vita in una situazione simile a questa: non si può fare niente, si è bloccati, inchiodati alla propria sofferenza. Si può solo morire, ma dopo, si può rinascere?

Io credo che molte volte la risposta possa essere sì, a patto che si comprenda che quella morte non è la fine definitiva di sè stessi, ma di quel modo di essere che ci ha portato in quella situazione senza via d'uscita. Se si riesce a relativizzare la morte, allora può essere possibile immaginare che, se riusciremo a cambiare qualcosa del nostro essere o agire che ci ha portato in quel vicolo cieco, la rinascita sarà possibile, anche se faticosa e lenta.
Mi ha sempre colpito constatare che spesso chi ha paura della morte ha anche paura della vita, mentre chi vive la vita senza troppa paura di affrontare dei cambiamenti, anche importanti, è talmente impegnato nel cercare di superare le piccole morti quotidiane modificando il proprio modo di stare al mondo, che alla morte definitiva e ultima non ha nemmeno tempo nè voglia di pensare, come se fosse una perdita di tempo e di energie inutile.

Spesso sono gli altri che ci mettono in croce, ma non è mai un problema così grave come quando in croce ci mettiamo noi stessi e questo può accadere quando ci dimentichiamo completamente di ciò che siamo veramente, quando smettiamo di pensare che ciò che siamo nella nostra totalità è comunque un valore e ha senso in sè e per sè.
Noi siamo il nostro corpo, la nostra mente, il nostro spirito, i nostri valori, ciò che immaginiamo o fantastichiamo, le cose in cui crediamo profondamente, il nostro modo di vedere la vita, e in quanto tali abbiamo senso e diritto di esistere, anche se gli altri non ce lo riconoscono.
La nostra morte comincia quando rinunciamo a ciò che sentiamo di essere, o quando rinneghiamo i dubbi, le insicurezze, le incertezze e gli errori eventualmente commessi.
La rinascita incomincia quando accogliamo e diamo valore alle nostre verità (e anche avere un'insicurezza o un dubbio può essere una verità) e ci proponiamo di esserne sempre più consapevoli, sentendo la nostra unicità come un valore, la nostra vita come una serie continua di nuove conoscenze ed esperienze, di piccole morti e successive rinascite, cioè di trasformazioni.
Non per vincere, per arrivare primi o per essere i più bravi e i più belli, ma per essere solamente e sempre ciò che autenticamente siamo. 

lunedì 13 settembre 2021

tutto scorre



Bisognerebbe sentirla scorrere, la vita,
non opporvisi e non ignorarla,
seguire il suo flusso, essere con lei,
esserle amica,
anche quando ci ferisce con le sue asperità improvvise.

Bisognerebbe ascoltare la sua musica,
lasciarsi cullare dai suoi suoni,
abbandonarsi alle sue melodie
e alle sue dissonanze.

Tutto scorre, in ogni momento,
il nuovo diventa vecchio
e sempre qualcosa di diverso ci si presenta davanti.
Come in un film, come in un sogno,
le immagini scorrono, ma noi dove siamo?

Spesso, come salmoni,
 vorremmo tornare verso la sorgente,
percorrendo un senso vietato,
andando contromano.
Tutto inutile, si può solo andare avanti
cercando la nostra strada,
senza perdere mai la fiducia.
Pensiamo pure al passato e al futuro,
al dolce e all'amaro,
ma rimaniamo fortemente ancorati al presente
che ogni giorno è diverso,
senza farci travolgere dalla corrente
o risucchiare dal vortice della nostalgia.

venerdì 20 agosto 2021

game over

 


Primo quarto

Lunedì scorso è stata una giornata terribile. Notte calda e poi fin dal mattino aria calda che diventava sempre più calda. Già a metà mattina aprire la finestra era come aprire lo sportello di un forno a 300 gradi, un vento caldo che bruciava. E così tutta la giornata fino a sera. Poi, d'incanto, martedì mattina il vento si è girato, trasformandosi in aria fresca, gradevole, respirabile. Mi si è fissato in mente quello che ho provato in quell'esatto momento, quando continuavo ad aspettare il caldo del forno e invece in un attimo ho sentito il fresco del maestrale. E' un momento sublime, unico: il passaggio dal male al bene.

Secondo quarto

Le ferie stanno finendo, tra tre giorni ritorno a casa e, come tutti, ricomincia la vita normale scandita da orari e impegni da rispettare: non ci sarà più la totale padronanza del tempo che ho piacevolmente sperimentato durante le ferie.

Terzo quarto

In questi giorni mi è venuto in mente che parecchi anni fa un mio paziente anziano mi telefonò mentre ero in ferie chiedendomi se potevamo sentirci perchè gli stavano venendo ripetuti e forti attacchi di panico (ai miei pazienti dico sempre che, in caso di emergenza, mi possono chiamare anche se sono ferie). Ci parlammo per telefono e gli chiesi quando erano cominciati. Mi disse che era stato ricoverato in ospedale per un problema fisico di media gravità ma per lui particolarmente fastidioso e che mentre era là gli era cominciato a venire il pensiero che fosse un'ingiustizia che questa malattia fosse capitata proprio a lui, che era sempre stato una persona buona e generosa. Una volta a casa, questo pensiero si era incistato dentro di lui e, solo adesso che me ne parlava, si rendeva conto della rabbia che covava dentro. Questa rabbia si era letteralmente impadronita di lui, ne era stato talmente condizionato da diventare incapace di sentirsi, come prima, padrone della sua vita. Mi disse che gli attacchi di panico forse erano proprio in relazione a questo: al pensiero di non potere più essere padrone della sua vita perchè sottomesso a questa ingiustizia che non poteva eliminare in nessun modo. Riconobbe che era un atteggiamento eccessivo e che doveva riconciliarsi con l'idea che non poteva controllare tutto. Dopo quella telefonata non ebbe più attacchi di panico.

Ultimo quarto

Perchè ho scritto di seguito tutte queste cose? Che relazione hanno tra loro?

Perchè gli attacchi di panico sono quasi sempre in relazione a qualcosa che, consciamente o inconsciamente, temiamo. Molte volte è la paura di affrontare dei cambiamenti che genera ansia (gli attacchi di panico non sono altro che picchi di ansia somatizzata). Quando tutto rimane così com'è, non abbiamo paura del nuovo: in generale abbiamo una grande capacità di adattarci a  situazioni poco gradevoli anche se durano a lungo nel tempo.

Quindi, quando c'è una settimana di caldo pazzesco, bisognerebbe stare il più possibile fermi e buoni ad aspettare che il vento cambi, quando finiscono le ferie bisognerebbe accettare che poi ritorneranno l'anno successivo e quando ci si sente oppressi da qualcosa, bisognerebbe cercare comunque di rimanere centrati su se stessi e accettare che certe cose non le possiamo cambiare tutte e subito (come il vento, che cambia quando pare a lui).

Insomma, bisognerebbe ridimensionare il proprio Io, non pretendere nè da sè nè dagli altri qualcosa che non è possibile, rimanendo consapevoli dei propri e degli altrui limiti, all'interno dei quali fare del nostro meglio, tutto quello che riusciamo, tenendo presente limiti e confini reali, altrimenti andremo in tilt, come i flipper di una volta, che se li scuotevi un po' non succedeva niente, ma che se li scuotevi troppo forte, si spegneva tutto e si illuminava la scritta Game Over.


sabato 14 agosto 2021

sul viaggio

Disegno di Carolina Zambrano

Un vero viaggiatore è chi sa quanto sia non solo migliore ma più vero sognare Bordeaux che sbarcare a Bordeaux.

Fernando Pessoa

lunedì 9 agosto 2021

a volte vedi una cosa in cielo...

 A volte vedi una cosa in cielo, prendi il cellulare, fai una foto, poi la guardi e ti meravigli di cosa è venuto fuori...



giovedì 29 luglio 2021

ferie

Fermarsi qualche giorno e riposare,

ascoltare il proprio respiro,

guardare la natura intorno:

mare, monti, laghi, campagna.

Guardare il cielo, le nuvole, il sole,

ascoltare una musica conosciuta,

che da tanto tempo non sentivi più.

Mangiare cibo semplice e saporito

senza doversi alzare in fretta

per correre a lavorare.

Dormire sonni tranquilli,

rilassati e sereni,

senza avere puntato la sveglia.

Fare le parole crociate,

iniziare a leggere un libro

piccolo e non troppo difficile.

Permettersi di pensare

al passato, al presente e al futuro

stando sdraiati su un divano,

guardando la stanza che ti accoglie

come fosse un utero materno.



lunedì 12 luglio 2021

elogio della curiosità


La curiosità è un istinto che nasce dal desiderio di sapere qualcosa.

Se è  vero che tutti i bambini sono naturalmente curiosi, perché poi alcuni adulti perdono ogni curiosità?

La curiosità tiene vivi, fino al momento della morte: Camilleri, qualche giorno prima di morire, disse che non aveva paura di morire perché era curioso di scoprire cosa ci sarebbe stato dopo.

Quando siamo stanchi, depressi, senza energie, proviamo a rientrare in contatto con la nostra curiosità, anche quella apparentemente sciocca, inutile, adolescenziale o disdicevole, perchè è  sempre meglio del nulla assoluto.

Come diceva Einstein: "Non smettiamo mai di osservare come bambini curiosi il grande mistero in cui siamo nati".

mercoledì 7 luglio 2021

ancora sull'ascoltarsi


 Una mia paziente, qualche anno fa, mi disse che le era successa una cosa importante. Lei era abituata a fare jogging per rilassarsi e, quando usciva di casa, si metteva a correre fino a quando, stanca, decideva di rientrare. Nell'ultima uscita, invece, a un certo punto, improvvisamente, aveva sentito che il suo corpo le chiedeva di smettere di correre e di iniziare a camminare, poi, dopo qualche minuto, le chiedeva di correre di nuovo, poi di camminare, poi di fermarsi, e così via. Per tutto il tempo della sua passeggiata lei aveva semplicemente esaudito alla lettera ciò che le chiedeva il corpo.

Mi disse che avere ascoltato e assecondato le richieste del suo corpo era stata per lei un'esperienza nuova e appagante, che le aveva dato un senso di pienezza e di benessere totale. La testa non si doveva più porre domande su cosa fosse meglio fare, nè su cosa desiderasse davvero: il corpo. inequivocabilmente, le suggeriva qual era la cosa giusta da fare in ogni momento. Aveva sperimentato il proprio corpo come una parte di sè che sapeva con chiarezza cosa desiderava e la sua testa aveva semplicemente recepito ed eseguito le richieste che venivano dal corpo.


Le ferie possono essere un'occasione ideale per ascoltarci, per stare con noi stessi, liberati dalle esigenze del lavoro e dei ritmi spesso frenetici che viviamo abitualmente.
Approfittiamone, per chiederci cosa vogliamo veramente e cos'è davvero importante per noi, per ascoltare la nostra psiche e il nostro corpo, che sono ciò che ci costituisce, sono la nostra essenza, e spesso ci chiedono le stesse cose, con modalità e strumenti espressivi diversi.
Cerchiamo di volere bene e di nutrire bene la nostra psiche e il nostro corpo: in cambio avremo quella serenità e quella sicurezza che ogni rapporto d'amore regala a chi lo vive in modo appassionato. 

martedì 29 giugno 2021

fare la pace con noi stessi

 

La nostra vita scorre tra due sentimenti opposti: l'impotenza e l'onnipotenza.
A volte uno dei due ci possiede e ci ritroviamo a pensare che non riusciamo a fare nulla di buono oppure che possiamo compiere imprese impossibili.
Spesso questi due opposti stati d'animo si manifestano uno dopo l'altro, per cui ci sentiamo onnipotenti e ci avventuriamo in progetti che poi non riusciamo a portare a compimento, dopodichè il nostro umore vira verso il nero della depressione, della svalorizzazione di sè, della perdita di autostima.
La cosa veramente importante è, momento per momento, conoscere abbastanza bene le nostre forze e le nostre capacità, per percorrere quei sentieri della vita che sono alla nostra portata, così come in montagna sarebbe assurdo che un escursionista non troppo esperto si avventurasse in ferrate o arrampicate difficili e pericolose.
La domanda è: perchè non ci accettiamo così come siamo, coi nostri pregi e difetti? Perchè non ci amiamo per ciò che siamo veramente? Perchè dobbiamo sempre dimostrarci di essere migliori di ciò che siamo per volerci bene?
La risposta spesso è che non siamo stati apprezzati a sufficienza da un genitore o da tutti e due e, senza rendercene conto, passiamo la vita a cercare di essere sempre migliori per cercare di ottenere dagli altri quell'approvazione, quell'apprezzamento che ci è mancato quando eravamo più piccoli e del quale soffriamo ancora la mancanza.
E' una specie di condanna che ci portiamo dentro e che non ha mai fine se non la stoppiamo.
Fare la pace con noi stessi, accettarci per ciò che siamo veramente, è il frutto di una presa di posizione interiore affettiva ed emotiva, di un cambiamento di rotta, che ci porta a riconoscere che nessuno, nemmeno i nostri genitori, ha il diritto di dirci come dobbiamo diventare per essere degni di essere amati, oppure di farci sentire in colpa se non facciamo quello che loro ritengono giusto.
Il chè significa rivendicare a noi stessi il diritto ad esistere in base a ciò che sentiamo e crediamo vero: un'assunzione di responsabilità verso noi stessi che costituisce la differenza tra il bambino dipendente dai genitori e l'adulto libero e autonomo.  

venerdì 11 giugno 2021

perdere l'orientamento


Viviamo immersi in una società che ci inonda di stimoli visivi e uditivi. Nella vita quotidiana ciascuno di noi vive in mezzo a vetrine di negozi, manifesti pubblicitari, insegne luminose, musica di sottofondo spesso ad alto volume, mezzi pubblici affollati con passeggeri che parlano ad alta voce, supermercati chiassosi in cui passiamo ore in mezzo all'affollamento e al rumore. Ci abbiamo fatto talmente l'abitudine che lo diamo per scontato e non ci passa per la testa che questo modo di vivere può avere una grande influenza su di noi. Nei piccoli paesini immersi nella natura si ha ancora la possibilità di trovare facilmente situazioni di pace e silenzio nonchè di contatto con la natura, che permettono di non avere così tanti richiami che ci distraggono dal contatto con noi stessi. 
Queste considerazioni mi sembrano importanti rispetto alla grande difficoltà che le persone spesso hanno nell'essere consapevoli di che cosa vogliono o desiderano davvero, di che cosa è davvero buono e nutriente per loro.
Quando chiedo a qualcuno cosa senta o desideri davvero, spesso mi capita di sentirmi rispondere "non lo so". Il fatto è che per sapere cosa si vuole veramente è necessario passare un po' di tempo ad ascoltarsi, a cercare di riconoscere la propria identità, ma come si fa se ci si trascura e si incanala la propria vita solo in base agli stimoli che vengono dall'esterno? Questo si chiama condizionamento e se è abituale diventa perdita del contatto con se stessi. Si diventa disabituati ad ascoltarsi e si può arrivare a non sapere più chi si è veramente. Si perde il contatto col proprio sentire, con quelli che sono i propri valori, il proprio bene, si perde la consapevolezza di cosa è davvero importante per noi.
Ovviamente non si può non vivere nel mondo, ma obbligarsi a passare un po' di tempo con noi stessi, come ci si obbliga ad andare in palestra o in piscina o a correre, questo dovremmo cercare di farlo, perchè il rischio è quello di perdere la bussola, di non avere più una stella polare che ci indichi il cammino, il nostro modo autentico di vivere.
 

mercoledì 2 giugno 2021

l'importanza delle immagini e dei simboli nella psiche, nella pubblicità e in politica

 

J.W.Waterhouse: Psiche (1903)

La psiche si manifesta attraverso le immagini dei sogni, che a volte sono precise perfino nei dettagli, altre volte sono confuse e poco chiare.

Al risveglio dopo un sogno, le domande che si possono fare sono: perchè proprio queste immagini? Perché questi dettagli? Perché questa particolare combinazione di elementi e non una diversa? Perchè lo spazio e il tempo spesso non sono rispettati? Il dialogo con le immagini dei sogni comincia necessariamente dal ricordo preciso delle immagini sognate per poi lasciarle risuonare emotivamente dentro di noi.
Mentre Freud tendeva ad interpretare l'inconscio quasi esclusivamente in chiave sessuale, Jung, introducendo il concetto di realtà della psiche, ci ha insegnato ad ascoltare le immagini e a lasciare che esse agiscano su di noi emotivamente, facendoci venire in mente associazioni e collegamenti nuovi: chiamò questo metodo di lavoro amplificazione. Egli diede la massima importanza alla risonanza emotiva che le immagini hanno su di noi. Elaborò la teoria dei complessi (nome che divenne poi di moda), che egli definì complessi a tonalità affettiva, rimarcando l'importanza del sentire nell'accostarsi alla nostra interiorità.
Le immagini che lo colpivano di più erano quelle che mettevano insieme due o più elementi, che nella realtà diurna non stavano o non potevano stare insieme: pensò che se la psiche creava una immagine particolare, ci doveva essere un motivo, una spiegazione speciale. Il valore poetico della psiche nasce dal suo linguaggio immaginale e simbolico.
Un simbolo è per Jung l'immagine più idonea che l'inconscio riesce a trovare per comunicarci qualcosa di importante.
Faccio un esempio.
Tantissimi anni fa ricordai un sogno importante. Avevo allora una relazione che si protraeva un po' stancamente e mi interrogavo sulla bontà di quel rapporto. Una notte sognai che a terra, sulla strada che conduceva alla casa dove abitavo insieme alla mia compagna, c'era un documento abbandonato. Mi chinai, lo raccolsi e vidi, con mio grande stupore, che era il mio libretto della pensione, con tanto di foto (allora avevo circa 25 anni). Quando mi svegliai mi venne spontaneo associare quella relazione che procedeva stancamente all'immagine del libretto della pensione, come se il sogno mi avesse voluto dire che con quella donna, in quella casa, stavo facendo una vita da pensionato, nonostante avessi 25 anni. Un po' lo sapevo già che quella relazione era un po' spenta, ma il poter vedere concretamente in sogno il libretto della pensione fu decisivo: mi diede il coraggio per affrontare la situazione. Compresi che il libretto della pensione era un simbolo che alludeva al rapporto.
Per i greci sunbolon era il nome di una tavoletta che veniva spezzata in due parti quando una persona doveva intraprendere un lungo viaggio: una parte la teneva chi partiva e l'altra parte la conservava chi restava, così nel periodo di lontananza, ciascuno dei due, guardando la propria parte di tavoletta, pensava all'altro che aveva la parte mancante. Simbolo quindi è una immagine concreta che allude, rimanda, fa venire in mente qualcosa di importante e collegato.
Le immagini hanno una forza emotiva molto superiore a quella delle parole e bene lo sanno i pubblicitari e gli uomini pubblici, che di immagini vivono e che curano meticolosamente sia la propria immagine pubblica sia quella dei prodotti che desiderano vendere.
Le immagini sono potentissime perchè entrano dentro di noi e arrivano a toccare la sfera dei nostri sentimenti; non è un caso se ancora ci ricordiamo quella volta in cui Berlusconi, seduto davanti a una scrivania vicino a Bruno Vespa,  firmò il patto con gli italiani nel 2001: una scena destinata a rimanere a lungo nella nostra memoria, sicuramente un escamotage pubblicitario e simbolico di fortissimo impatto, che è entrata nella psiche degli italiani proprio come la famiglia del Mulino Bianco o l'uomo che non deve chiedere mai, coi loro richiami emotivi e affettivi.
Le forze politiche che non riescono a offrire simboli e immagini simboliche significative e profonde agli elettori hanno scarse possibilità di avere successo, proprio come i prodotti che non possono fare pubblicità. 




domenica 23 maggio 2021

genitori e figli

Quando si nasce non si ha quasi niente nel cuore, soltanto quello che si è sentito mentre si stava nella pancia della mamma.

Ma è dopo, quando si viene al mondo, che il cuore comincia a riempirsi di stimoli: belli, caldi e rassicuranti, oppure brutti, freddi e dolorosi.

La sicurezza e l'insicurezza nascono dalle relazioni affettive, dal benessere o dal malessere che esse creano.

Nessuno nasce buono o cattivo. E' l'affetto, la comprensione, l'accoglienza, il riconoscimento e il rispetto della identità dei figli ciò che fa la differenza.

Si dice che il mestiere di genitore è difficile, ma non è vero. E' faticoso perchè richiede pazienza, tempo e dedizione, Ma se si sa e si riesce ad amare, la relazione coi figli si sviluppa in modo naturale e dura per tutta la vita.

Se un genitore sta bene e ama suo figlio, anche il figlio starà bene e amerà il genitore.

E siccome nessuno è perfetto, non dobbiamo pretendere di essere dei genitori perfetti nè di avere dei figli perfetti: se accetteremo le loro imperfezioni, anche loro accetteranno le nostre. 

Se coi figli facciamo tutto quello che riusciamo a fare senza colpevolizzarci, anche i nostri figli impareranno a fare tutto il possibile senza sentirsi in colpa. 

Se non li imbrogliamo, anche loro saranno sinceri con noi.

Se non vorremo che loro siano diversi da quello che sono, loro non vorranno che noi siamo diversi da ciò che siamo, ci ameranno come noi li abbiamo amati e saremo per loro dei punti di riferimento proprio come loro lo saranno per noi.


domenica 9 maggio 2021

come viandanti nel tempo

 Il tempo che viviamo è importante perchè è limitato: è proprio il limite a dargli senso.

Se vivessimo un tempo infinito, esso avrebbe poco significato.
Lo dice anche la nostra esperienza: quando eravamo giovani sapevamo di avere ancora tanti anni davanti a noi e non avvertivamo troppo lo scorrere del tempo, mentre a una certa età ci si rende conto che non sono più tantissimi gli anni che si hanno ancora a disposizione e questa consapevolezza conferisce al tempo un valore maggiore.
Ricordare la finitezza della vita può essere il migliore stimolo a darsi da fare, a non sciupare le giornate nell'indifferenza o nella semplice speranza in un domani migliore.
D'altra parte, non bisogna nemmeno essere troppo ansiosi, non bisogna volere a tutti i costi trovare scorciatoie che ci permettano di realizzare troppo in fretta ciò che desideriamo.
Non è un caso che le più diffuse psicopatologie, l'ansia e la depressione, ruotino intorno al tempo, ma con segno opposto: da una parte il volere le cose in fretta e certe (ansia) e dall'altra il temere di non realizzare mai nulla (depressione).
Dobbiamo trovare un accordo con il Tempo, sincronizzare i nostri orologi interiori sulle diverse età della vita, a dispetto di chirurgie estetiche e pretese di eterna giovinezza, sforzandoci di percorrere il nostro cammino seguendo ritmi naturali.
Forse bisogna cercare di realizzare i progetti che ci stanno a cuore, quelli che coltiviamo con più sentimento dentro di noi, con la consapevolezza dei nostri limiti ma anche con la forza della nostra determinazione, della volontà, chiamando a raccolta tutte le nostre capacità per fare del nostro meglio, che è il massimo che possiamo fare.
Ricordandoci che ci sentiamo vivi quando ce la stiamo mettendo tutta, quando non abbiamo rinunciato a cercare, quando siamo come i viandanti che semplicemente amano camminare, quando non abbiamo troppa paura di quella parte di noi che è aperta al nuovo e al futuro, quando lottiamo per qualcosa in cui crediamo senza lasciarci distrarre troppo dai risultati.
Rammentandoci anche che qualche volta, sanamente, dobbiamo concederci di fermarci da qualche parte e riposare per tutto il tempo necessario a riprenderci e fare il pieno di nuove energie.