mercoledì 8 dicembre 2021

il tema di italiano è terapeutico

 


Concordo totalmente con questo articolo scritto da Paola Mastrocola pubblicato sul quotidiano La Stampa, che ho trovato sul bellissimo blog di Andrea Sacchini Il blog di Andrea. C'è una profonda verità in queste parole che mi hanno fatto venire in mente tanti miei pazienti ventenni che conoscono poco o niente di chi sono veramente, di cosa c'è nella loro interiorità. Forse se avessero avuto la possibilità di scrivere più temi avrebbero potuto conoscere qualcosa di più della loro essenza.

Da almeno vent’anni quella particolare prova scolastica che si chiama tema viene criticata e osteggiata, anche da illustri intellettuali, nonché stravolta e snaturata da riforme, teorie e sperimentazioni varie. Ultimamente, prima dell’emergenza Covid, alla prova di italiano dell’esame di Stato si sottoponevano al candidato circa 8-10 pagine fotocopiate fitte: il testo di un autore, cui seguivano una serie di domande cui rispondere. Poi, con il Covid, il nulla. E ora gli studenti chiedono l’abolizione delle prove scritte. Il ministro, dice, riflette e ci farà sapere.

Chiaro che il tema è stato ucciso. Scrivere un tema non è leggere pagine di altri, più o meno riassumerle e incollarle, e rispondere a una batteria di domande: scrivere un tema è scrivere. Da soli e liberi. Senza griglie, schemi, istruzioni per l’uso e riassuntini premasticati. Fare un tema è quella particolarissima, e unica, attività che consiste nell’esprimere idee proprie, pensieri propri, sentimenti propri, in uno stile proprio. Esprimere. Bellissimo verbo, che viene dal latino ex-premere, premere fuori, premere per far uscire, estrarre. La capacità di espressione è semplicemente questo: saper usare le parole in modo che estraggano, il più esattamente possibile, quel che abbiamo dentro.

Possedere la capacità di esprimere pensieri e sentimenti mi pare importantissimo, per una semplice ragione: pensieri e sentimenti stanno normalmente nascosti in noi, come in uno scrigno chiuso; se non siamo capaci di tirarli fuori, nessuno li vedrà (nemmeno noi), e a quel punto diventerà persino inutile pensare e sentire. E credo che nessuno voglia un’umanità che vive tenendosi chiusi in sé i pensieri e i sentimenti. Saremmo scrigni ambulanti, il cui tesoro rimane per sempre sconosciuto. Fare un tema, per un ragazzo, è mostrare quanto ha studiato, quanto ha letto, meditato, capito del mondo intorno a lui; ma è anche, soprattutto, rivelarsi. Svelarsi, aprirsi (aprire lo scrigno), avere la preziosa possibilità di dire qualcosa di sé fuori dagli schemi. Esattamente quel che fa uno scrittore. Non è poco… (E mi dispiace che gli studenti che ora chiedono di abolire le prove scritte non vedano la bellezza di questa opportunità). Nessun’altra verifica, di nessun’altra disciplina, può fare altrettanto. Infatti il tema non è una verifica come le altre. Non userei mai la parola verifica, per un tema, tantomeno “verifica delle competenze” (se smettessimo di usare queste parole così piatte e deprimenti…!). Il tema mi è sempre parso una felice anomalia, un regalo extra che la scuola fa agli studenti, come dire va bene, ora fai pure le verifiche tecniche sacrosante, di matematica, latino e greco, informatica, chimica; ma prima di tutto fai un tema! Cioè, semplicemente, scrivi! Prenditi questa pausa dalla scuola, questo momento tutto tuo per dire quel che vuoi, quel che sei. Dovremmo chiamarla Scrittura, la prova di italiano, e neanche Prova di scrittura ma “Momento di scrittura”.

Credo che una scuola che abolisca il tema, e non lo preveda come prova finale alla maturità, sia una scuola che nega la libertà, che toglie ai ragazzi l’opportunità di esprimere i loro liberi pensieri.

Ma il tema prima di tutto dev’essere libero. Dobbiamo rimettere il tema nella scuola, e liberarlo. Che sia il più possibile privo di costrizioni. Niente griglie, niente schemi preconfezionati, niente risposte a domandine o test. Solo una breve e chiara indicazione dell’argomento: una riga, dieci righe, non di più, quel che una volta si chiamava il titolo. E poi il foglio bianco. Lo so che fa paura a tutti. È un po’ come quando affittiamo casa e la dobbiamo ammobiliare. Ci prende lo sconforto, non sappiamo quali mobili mettere e come disporli. Proviamo, riproviamo. Ma alla fine ci riusciamo, e quella è casa nostra. Il foglio bianco è fondamentale. Scrivere è avere sempre, di continuo, un foglio bianco davanti. È proprio questa la sfida: riempirlo. Se non è bianco, quel foglio, noi siamo inutili, pleonastici: cosa ci stiamo a fare davanti a un foglio che è già pieno?

Scrivere è la cosa migliore che possiamo augurare a un nostro allievo per il suo futuro: non perché diventi scrittore, ma perché, qualunque lavoro deciderà di fare, sia capace di scrivere, possa farlo ogni volta che lo vorrà.

Non è facile imparare a scrivere. Ci vuole tempo (più che corsi di scrittura creativa). Alle elementari non saremo tanto capaci di farlo, e forse nemmeno tanto alle medie. Ma alle superiori forse sì, e da adulti ancor di più. L’uso della parola cresce con noi. È come una pianta. Ma bisogna coltivarla. Bisogna che quell’uso diventi esercizio quasi quotidiano, negli anni, fin dalla più tenera età. È importante che la scuola faccia questo lavoro, che ci creda. Soprattutto oggi, che viviamo tutti irretiti dai social e pensiamo che mandare una battuta su Instagram sia scrivere. La scrittura ha bisogno di distendersi: in frasi, periodi e pagine, dove tutto sia collegato da un filo che si chiama ragionamento. Noi abbiamo spezzato i fili del ragionamento. La scuola deve aiutarci a riprenderli, invece di tagliare quei pochi fili che ci sono rimasti, per esempio abolendo le prove scritte.

Paola Mastrocola - La Stampa 8/12/2021

8 commenti:

Andrea Sacchini ha detto...

Galimberti (sì, lo so, lo cito forse troppo spesso, ma gran parte delle cose che so le ho imparare dai suoi libri) ama ripetere che il tema, e in generale le prove scritte in cui si ha davanti a sé un foglio bianco da riempire, viene sempre più ostacolato e svilito perché nei temi viene fuori la soggettività; dal tema si capisce com'è una persona, cosa sa, cosa pensa, quali sono i suoi sentimenti. Siccome oggi viviamo in una società in cui l'umanità e la soggettività hanno sempre meno considerazione e importanza, e sono considerati fastidiosi inciampi perché non utili, questo spiega perché si tenta in ogni modo di toglierli di mezzo.
Che poi, con altre parole, è ciò che dice la Mastrocola nel suo bellissimo (e tristissimo) articolo.

alberto bertow marabello ha detto...

Molto bello (magari un po' lungo) l'articolo.
E io aggiungerei che lo scrivere è anche fermarsi, fermarsi e riflettere e pensare.
Cose assolutamente necessarie, specie in questa società.
Bravo Giorgio

Verbena ha detto...

Da una recente indagine risulta che una grande maggioranza di giovani d'oggi comprende poco o niente di quello che legge. Forse il motivo è che hanno smesso di scrivere.

Sabina_K ha detto...

Scrivere per descrivere il più "esattamente" o, meglio,rappresentare il più "vivamente" possibile quel che sentiamo e pensiamo- ed io credo che il sentire/sentimento sia la forma più sincera ed immediata del pensiero, non serve solo a chi scrive, serve bensì anche (e molto) a chi legge, può costruire una relazione di scambio tra scrivente e lettore.
L'impegno della scrittura è fondamentalmente questo per me: scrivere per "trasmettere e trasmettersi" anche quando non siamo in un terreno strettamente autobiografico. Del resto, ogni racconto (anche se non ne siamo protagonisti) è mutuato attraverso la nostra sensibilità. Per passare le emozioni e le visioni del mondo in forma tangibile ci vuole passione sì, ma anche tanta dedizione alla scrittura intesa come relazione con chi ti leggerà.
Abituarsi a scrivere su di un tema ha anche questo grande valore: imparare ad esporsi in forma chiara per l'altro, costruire una sintassi intelleggibile del nostro pensiero...relazionarsi.

Annamaria ha detto...

Davvero bellissimo e, come dice Andrea, tristissimo l'articolo della Mastrocola. Da insegnante, sia pure in pensione, posso dire che già da anni il classico tema è stato messo in secondo piano a favore di altri tipi di prove come saggi, analisi di testi ecc. Prove molto utili, intendiamoci, ma che andrebbero affiancate e non sostituite al tema. E' infatti uno spazio che, nella fatica e nella libertà di esprimere se stessi, aiuta a conoscersi facendo emergere emozioni, reazioni, pensieri, doti che magari non immaginavamo neppure di possedere e tanto altro ancora...
Mille grazie Giorgio!

Franco Battaglia ha detto...

Ricordo sempre quando in quinta superiore suggerii alla prof di italiano, con successo, un tema unico dal titolo: "Cosa vedo dalla finestra". Perché scrivere deve nascere dalla fantasia. Tanti compagni di classe mi odiarono, specie quelli che vedevano giusto il tetto dirimpettaio, fuori dalla finestra.

tittidiruolo ha detto...

Scrivere è catartico.
Comunque, poi, da adulti, andiamo a seguire i corsi di scrittura creativa...

Giulia Lu Mancini ha detto...

È un bellissimo articolo e mi trova d’accordo su tutto, credo sia proprio un grave errore eliminare il tema di italiano. Ricordo che a scuola per me il tema era il mio momento di libertà, la possibilità di esprimere me stessa.