martedì 29 novembre 2016

genitori, date dei limiti ai bambini (senza però esagerare)

Troppe volte mi capita di vedere genitori che non riescono a imporsi sui propri figli. A volte sembra quasi che i bambini abbiano l'autorità e il potere che spetterebbe ai genitori, mentre questi ultimi sembrano completamente inermi, burattini nelle mani di bambini irrispettosi di tutto e di tutti, centrati esclusivamente sui propri infiniti desideri, in una parola: bambini senza limiti!
E' spesso il caso di quelli che vengono chiamati e classificati bambini iperattivi: quelli che a scuola o all'asilo non stanno mai fermi, quelli che non studiano e non si applicano con costanza in nulla, quelli che non rispettano gli altri e le cose degli altri, quelli che esistono solo loro e i loro mille desideri.

Quando noi veniamo al mondo non abbiamo mica il senso del limite: esistiamo solo noi e solamente più tardi ci rendiamo conto che esistono anche gli altri, che il mondo non è tutto di nostra proprietà. E' naturale che noi da piccoli desideriamo fare e avere tutto ciò che ci piace! E' chi ci educa che ci deve far comprendere che esistono anche gli altri, che rappresentano dei limiti alla nostra onnipotenza. Se ciò non avviene, se nessuno ci limita nei nostri desideri, noi vorremo fare e avere tutto ciò che ci piace in ogni momento della nostra vita (quanti adulti purtroppo sono così).

E' necessario che qualcuno ci abitui a tollerare qualche frustrazione: non possiamo passare attraverso una serie infinita di gratificazioni! La vita non funziona così! Ci sono persone che, cresciute senza mai sopportare una frustrazione, vanno fuori di testa quando la vita gliene propone una un po' importante, ed è una cosa terribile vedere un adulto abituato a imporsi sempre, a pensare di avere sempre ragione, a riuscire a essere sempre un vincente, non riuscire ad arrendersi al fatto che una volta tanto non può fare o avere tutto ciò che vuole, che una volta tanto non arriva primo ma arriva secondo!

Bisogna che noi genitori ci imponiamo, quando riteniamo che nostro figlio stia volendo qualcosa di eccessivo, stia superando i limiti dell'accettabile! Dobbiamo essere responsabili innanzitutto verso nostro figlio. Non dobbiamo fargli il torto di dargli o fargli fare tutto ciò che vuole, perchè in questo modo egli vorrà sempre di più, la sua fame di appagare i propri desideri non si estinguerà mai, non gli darà tregua: a desiderio seguirà desiderio, senza mai fine. E diventerà iperattivo, non avrà mai nessun limite, niente lo potrà fermare, niente lo potrà far ragionare, far sedere, far star fermo: diventerà schiavo della continua necessità di appagare tutti i suoi desideri. Gli sarà preclusa la via dell'equilibrio, vivrà male, in continua agitazione: non troverà mai pace!

All'opposto, il bambino al quale i genitori negano sempre tutto, quello che deve fare sempre tutto quello che i genitori desiderano, quello che non ha la libertà di sperimentarsi nella vita, crescerà chiuso in se stesso, non potrà mai realizzare se stesso e i propri desideri: il mondo per lui sarà un luogo tristissimo, dove tenderà a trovarsi male, sentendosi incapace e inadeguato. La sua energia vitale tenderà a spegnersi, si chiuderà in sè e in casa, parlerà poco, avrà paura di relazionarsi con i coetanei, perchè non saprà cosa dire e cosa fare, avrà perso la spontaneità, l'energia vitale che viene dal potersi permettere di essere ciò che si è, nelle relazioni con gli altri e col mondo.

Queste due situazioni estreme ed opposte che ho rappresentato purtroppo stanno crescendo di numero nella nostra società: aumentano moltissimo sia i giovani iperattivi che quelli che non hanno rapporti col mondo, che stanno quasi sempre chiusi nella loro camera.

Come si fa, allora, a dare dei limiti senza esagerare?
A mio avviso bisogna, dialogando e spesso contrattando coi figli, definire i limiti che si ritengono giusti per l'età, guardando ciò che fanno i coetanei come punto di riferimento ma non come legge assoluta, dopodichè il rispetto dei limiti decisi insieme e che vanno bene ad entrambi, deve essere assoluto, incondizionato da parte di entrambi. Cioè, si litiga prima, ma quando ci si accorda, quell'accordo deve essere rispettato ( e questo vale anche per le promesse che noi facciamo ai figli: vanno sempre rispettate!).
In questo modo, giorno dopo giorno, si costruisce un patrimonio comune di fiducia alimentato dal fatto che noi genitori, da un lato, desideriamo sinceramente che nostro figlio possa fare il più possibile di ciò che desidera, ma dall'altro lato, abbiamo ben chiaro che nostro figlio dovrà vivere e accettare anche qualche frustrazione che riteniamo giusta (non per essere sadici, ma perchè è normale e naturale che nella vita si incontrino situazioni frustranti). 

Se noi concediamo gradualmente, diamo ai figli il senso del loro crescere e alimentiamo il loro desiderio, mentre concedere subito e sempre tutto, innesca una spirale di richieste continue sempre maggiori e potenzialmente senza limiti, che annulla il loro desiderio, perchè annulla la mancanza di qualcosa. La mancanza viene allora realizzata compulsivamente, immaginando, dopo poco tempo, un desiderio più grande di quello precedente, da realizzare senza indugio, senza aspettare, senza godere il tempo dell'attesa. La vita corre così verso l'infinito, freneticamente, tra un desiderio, la sua realizzazione immediata e il desiderio successivo.
Non concedere mai nulla, ovviamente, alimenta nei figli un senso di frustrazione perenne, la sensazione di vivere continuamente nella mancanza di qualcosa, mentre il futuro non può che essere vissuto come difficile e vuoto.     

sabato 23 luglio 2016

i volti nuovi della follia

Erano cose che succedevano soltanto in America: ragazzi che sparavano all'impazzata nelle scuole e università, serial killer che per anni tenevano in scacco la polizia, folli che sparavano per strada uccidendo a caso i passanti.
Da noi la follia omicida si manifestava quasi solo tra le mura domestiche: femminicidi, bimbi buttati dai balconi, orrori che si svolgevano in casa, in uno spazio chiuso.
Adesso non più. 
Adesso la follia anche da noi si unisce sempre più spesso con il gesto eclatante, la strage, l'omicidio di massa, quel gesto che dopo una vita fatta solamente di frustrazioni, ti permette finalmente di diventare l'eroe di un momento, quel momento nel quale puoi finalmente fargliela pagare alla società quella caparbietà nel rifiutarti, nel non amarti, nel lasciarti ai margini, nel guardarti sempre col sospetto che si ha per i matti. Quel momento nasce dal fatto che senti di non avere altre possibilità. Una sorta di suicidio prima del quale però almeno qualcuno paga il tuo conto.
E non importa chi uccidi: donne, vecchi, bambini, perchè la partita è fra te e tutti gli altri: tutti, nessuno escluso.
Le azioni eclatanti dell'Is hanno scatenato (nel senso etimologico di togliere le catene) la nostra follia, quella che pervade la nostra società e che abbiamo finora cercato accuratamente di non vedere, di nascondere a noi stessi. 
D'altra parte è storia vecchia: i manicomi servivano esattamente a questo: molti non erano matti, diventavano matti standoci segregati dentro.
Oggi la follia la vediamo sulle prime pagine dei giornali. Si presenta con modalità assurde e incomprensibili (sennò che follia sarebbe?), difficilmente prevedibili.
Oggi abbiamo due nemici: l'Is e la nostra follia, congiunti strettamente tra loro. E mentre la prima va affrontata su un piano sociale, politico e militare, la seconda ci è molto più vicina: è nella vita logorante che facciamo, è nella crisi economica che non permette lavoro e guadagno per tutti, ma soprattutto è nella mancanza di solidarietà, di ascolto, di accoglienza, di buoni sentimenti, di ideali di bene comune che ci incattiviscono e ci isolano gli uni dagli altri.
Siamo tutti alla ricerca di qualcuno che ci voglia bene, che ci ami, abbiamo bisogno tutti di amicizie vere, eppure sembra che sia difficilissimo in generale trovare qualcuno che ci ami davvero per parecchi anni, che ci rimanga amico per una vita.
Quanta negatività diffondiamo ogni giorno intorno a noi? Quanta paura abbiamo degli altri, quanto li teniamo a distanza, fregandocene delle loro vite e dei loro problemi?
Lo so bene che ciascuno di noi fa ciò che può, perchè quando esci dal lavoro con poche soddisfazioni e molto stress, si fa fatica a pensare anche agli altri.
Però dobbiamo ragionarci su queste cose, seriamente e con la massima urgenza.
Perchè dare tutta la colpa all'Is non è corretto e non ci aiuta a migliorare le nostre vite.
Anzi, un mio amico psichiatra sostiene che l'Is ci può aiutare a darci la spinta per cercare di cambiare le modalità insensate e a volte quasi folli del nostro vivere.

   

venerdì 1 aprile 2016

dal narcisismo all'amore

La cosa essenziale della vita è amare ed essere amati, l'ostacolo più grande che si frappone è il narcisismo.
Per molti di noi la vita è un viaggio dal narcisismo all'amore, dal bisogno compulsivo di essere amati, desiderati, apprezzati, alla capacità di amarsi e di amare gli altri veramente.
Il narcisista non si ama, ha una bassissima autostima, ha bisogno continuamente di altri che lo apprezzino, lo lodino, lo ammirino, perchè da solo non ce la fa, non riesce proprio a volersi bene, a darsi e a dare quel calore umano che permette il dialogo amoroso con se stesso e con gli altri, che rende capaci di affrontare fiduciosi le difficoltà della vita.
Solo se si è veramente amati da qualcuno, si può sapere con certezza che si può essere oggetto d'amore, che si è degni d'amore, si può sapere che l'amore esiste veramente e in cosa consiste. 
Se ciò non accade, si deve fare una fatica degna di un eroe, per arrivare a credere di potere essere degni d'amore nella speranza di incontrare qualcuno che si lasci amare da noi e che ci ami davvero. 
La psicoterapia può servire anche a questo, anzi, secondo me, è uno degli scopi più impegnativi e importanti che può cercare di raggiungere.
Anche perchè al narcisismo si attaccano come cozze depressione, paranoia, ansie, panico.
Superare il narcisismo significa acquisire una visione positiva di sè, degli altri, della vita. Significa poter godere davvero delle cose belle della vita. Significa essere veramente liberi. Liberi di amare e di lasciarsi amare gratuitamente.


venerdì 12 febbraio 2016

Genitori adolescenti? No grazie.

Due domeniche fa una gara ufficiale di calcio tra due squadre di ragazzi di 14-15 anni che si svolgeva in provincia di Modena è stata interrotta definitivamente dall'arbitro perchè in tribuna parecchi genitori dei ragazzi che stavano giocando si sono azzuffati tra di loro insultandosi e dandosele di santa ragione. 
Poichè la cosa non cessava nonostante i reiterati inviti degli allibiti ragazzi ai loro genitori affinchè la smettessero , l'arbitro ha mandato i giocatori negli spogliatoi.

Il giudice sportivo ha identificato i genitori responsabili del fatto, ha vietato loro di partecipare a gare sportive per un anno, ha comminato una multa di mille euro alle due società, ha ordinato che le prossime due gare si svolgessero a porte chiuse e ha dato partita persa ad entrambe le società, le quali, ad onor del vero, non c'entravano nulla, essendo anche, pare, due società dilettantistiche particolarmente serie e tranquille.

La notizia è inquietante, la classica punta dell'iceberg. Quale maturità dimostrano i genitori che vanno oltre un leale tifo sportivo per i propri figli, che non rispettano l'avversario e, quando è il caso, ne riconoscono il maggior valore, che vogliono la vittoria ad ogni costo, che danno sempre la colpa agli arbitri di tutto? 
Genitori adolescenti mai diventati maturi? No, grazie.

martedì 9 febbraio 2016

la maturità è in via di estinzione?



Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, perfino il linguaggio della giovinezza e, d'altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire?
Dov'è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore?
Ne ha preso il posto una sfacciata, fasulla, fittiziamente illimitata giovinezza, prolungata con trattamenti, sostanze, cure, diete, infiltrazioni e chirurgie; madri che vogliono essere e apparire come le figlie e come loro si atteggiano, spesso ridicolmente. Lo stesso per i padri, che rinunciano a se stessi per mimetizzarsi nella "cultura giovanile" dei figli.

Gustavo Zagrebelsky
Senza adulti, pagg. 46-47
Einaudi ed., 2016

martedì 12 gennaio 2016

andrea camilleri

Amo il novantenne Andrea Camilleri, il creatore del commissario Montalbano, amo il Camilleri uomo prima ancora dello scrittore. Il padre o il nonno che tutti vorremmo avere, perchè conosce gli uomini e sa raccontarli. Amo la sua umanità.
In una intervista, alla considerazione che ci sono persone che a un certo punto della loro vita hanno la sensazione che quello che dovevano fare l'hanno già fatto e per questo si sentono senza scopo, il laico Camilleri risponde con un folgorante:
" Quello che dovevano fare l'hanno fatto, ma quello che avevano da conoscere, l'hanno conosciuto? 
Io sono curioso e la curiosità è infinita. Perchè non conoscere ancora? 
La storia di cui io faccio parte continua attorno a me, perchè me ne devo disinteressare? 
La curiosità per gli altri... 
La curiosità anche nel momento in cui stai per morire: (ridendo) chissà cosa ci aspetta?"