Lavorare con gli adolescenti è molto coinvolgente e delicato.L'adolescenza è uno dei momenti più importanti della vita, quello in cui il bruco si trasforma gradualmente in farfalla.
Poter essere d'aiuto in questo momento cruciale di transizione è molto appagante. E' un periodo della vita in cui l'esistenza deve prendere una qualche forma e direzione e le conseguenze delle scelte fatte in quel periodo incideranno fortemente sugli anni successivi.
Molte volte noi adulti scopriamo tardivamente che non abbiamo vissuto compiutamente la fase adolescenziale e dobbiamo ricordarci di come eravamo allora, per attingere energie che poi abbiamo perduto per strada, o per coccolare e amare quell'adolescente che siamo stati, che tanto ha sofferto per mille ragioni e che è ancora vivo dentro di noi.
Chi non ha, almeno una volta, da adolescente, pensato alla possibilità di farla finita con la vita? Non sono tanti coloro che possono dire di avere avuto una adolescenza felice e serena.
Da adolescenti ci sono tante cose che non si sanno, che non si sono mai vissute e che è necessario sperimentare, passarci in mezzo, per crescere. A volte gli adolescenti si mettono la maschera della spavalderia e della sfrontatezza, ma spesso è semplicemente per dissimulare paure e timori.
A volte la timidezza li blocca e impedisce loro di andare oltre.
Il problema fondamentale degli adolescenti è diventare consapevoli della propria identità e avere il coraggio di viverla nei rapporti con gli altri. Poiché ciò spesso non è per niente facile, assumono identità collettive: seguono mode e diventano parte di gruppi, di bande, di compagnie, al cui interno si sentono rassicurati e accomunati da valori condivisi.
Nel tempo ho realizzato che i fattori che favoriscono un buon lavoro con gli adolescenti sono:
- il prenderli sul serio in tutto e per tutto senza avere con loro comportamenti paternalistici;
- far loro sentire che ti prendi davvero a cuore la loro situazione, che sei davvero coinvolto emotivamente con loro e che ti interessa davvero sapere cosa pensano e cosa sentono;
- ascoltarli davvero e non cercare di dare risposte o ricette affrettate;
- avere un rapporto rispettoso ed empatico e non assumere l'atteggiamento del terapeuta tecnico e distaccato.
Se un ragazzo chiede di andare da uno psicologo, secondo me bisognerebbe cercare di assecondarlo, perché è probabile che qualche problema ce l'abbia davvero. Se invece siamo noi genitori a pensare che dovrebbe andarci, ma lui non vuole assolutamente, la situazione è delicata.
A me è capitato di vedere ragazzi trascinati lì a forza dai genitori, che mi hanno semplicemente detto che erano i genitori ad avere dei problemi e, attraverso i loro racconti, spesso mi hanno convinto che avevano ragione!
Se si riesce a stabilire una buona relazione terapeutica con un adolescente, si diventa partecipi di un mondo affascinante, pieno di emozioni e sentimenti purissimi e a volte contrastanti, oltre che di paure e timori che spesso vengono vissuti come sovrastanti e quasi impossibili da affrontare. E' come andare sulle montagne russe o fare un viaggio in terre primordiali come l'Islanda, piena di geyser che spruzzano acqua bollente vicino a grandi e freddi ghiacciai: il fascino della vita e delle sue contraddizioni allo stato nascente.