sabato 15 gennaio 2022

la psicoterapia con gli adolescenti

 


Lavorare con gli adolescenti è molto coinvolgente e delicato.

L'adolescenza è uno dei momenti più importanti della vita, quello in cui il bruco si trasforma gradualmente in farfalla.
Poter essere d'aiuto in questo momento cruciale di transizione è molto appagante. E' un periodo della vita in cui l'esistenza deve prendere una qualche forma e direzione e le conseguenze delle scelte fatte in quel periodo incideranno fortemente sugli anni successivi.
Molte volte noi adulti scopriamo tardivamente che non abbiamo vissuto compiutamente la fase adolescenziale e dobbiamo ricordarci di come eravamo allora, per attingere energie che poi abbiamo perduto per strada, o per coccolare e amare quell'adolescente che siamo stati, che tanto ha sofferto per mille ragioni e che è ancora vivo dentro di noi.

Chi non ha, almeno una volta, da adolescente, pensato alla possibilità di farla finita con la vita? Non sono tanti coloro che possono dire di avere avuto una adolescenza felice e serena.
Da adolescenti ci sono tante cose che non si sanno, che non si sono mai vissute e che è necessario sperimentare, passarci in mezzo, per crescere. A volte gli adolescenti si mettono la maschera della spavalderia e della sfrontatezza, ma spesso è semplicemente per dissimulare paure e timori.
A volte la timidezza li blocca e impedisce loro di andare oltre.

Il problema fondamentale degli adolescenti è diventare consapevoli della propria identità e avere il coraggio di viverla nei rapporti con gli altri. Poiché ciò spesso non è per niente facile, assumono identità collettive: seguono mode e diventano parte di gruppi, di bande, di compagnie, al cui interno si sentono rassicurati e accomunati da valori condivisi.
Nel tempo ho realizzato che i fattori che favoriscono un buon lavoro con gli adolescenti sono:
- il prenderli sul serio in tutto e per tutto senza avere con loro comportamenti paternalistici;
- far loro sentire che ti prendi davvero a cuore la loro situazione, che sei davvero coinvolto emotivamente con loro e che ti interessa davvero sapere cosa pensano e cosa sentono;
- ascoltarli davvero e non cercare di dare risposte o ricette affrettate;
- avere un rapporto rispettoso ed empatico e non assumere l'atteggiamento del terapeuta tecnico e distaccato.

Se un ragazzo chiede di andare da uno psicologo, secondo me bisognerebbe cercare di assecondarlo, perché è probabile che qualche problema ce l'abbia davvero. Se invece siamo noi genitori a pensare che dovrebbe andarci, ma lui non vuole assolutamente, la situazione è delicata.
A me è capitato di vedere ragazzi trascinati lì a forza dai genitori, che mi hanno semplicemente detto che erano i genitori ad avere dei problemi e, attraverso i loro racconti, spesso mi hanno convinto che avevano ragione!

Se si riesce a stabilire una buona relazione terapeutica con un adolescente, si diventa partecipi di un mondo affascinante, pieno di emozioni e sentimenti purissimi e a volte contrastanti, oltre che di paure e timori che spesso vengono vissuti come sovrastanti e quasi impossibili da affrontare. E' come andare  sulle montagne russe o fare un viaggio in terre primordiali come l'Islanda, piena di geyser che spruzzano acqua bollente vicino a grandi e freddi ghiacciai: il fascino della vita e delle sue contraddizioni allo stato nascente.  

8 commenti:

nellabrezza ha detto...

Bello questo paragone con il,geyser..in effetti a volte esplodono proprio così gli adolescenti.
Sì ricordo benissimo di aver pensato al suicidio,da adolescente. Ho sempre pensato che comunque i genitori non comprensivi sono responsabili di tanta infelicità dei figli.
Ho cercato di essere tollerante e comprensiva, ma certo gli atteggiamenti estremi non li avrei tollerato nei figli...comunque oramai sono adulti e certi pericoli sono passati.

alberto bertow marabello ha detto...


Un punto di svolta in cui non si sa proprio dove svoltare e intanto le percezioni sono al 200%
Periodino mica facile davvero

Franco Battaglia ha detto...

Trovo pessimo un genitore che spinge a forza i figli da un terapeuta, ma credo anche sia la maggioranza dei casi. Approvo anche in pieno il tuo approccio, anche se può sembrare ovvio: prendere sul serio un paziente, rispettarlo e creare complicità, mi pare il minimo anche per i più profani. Poi si possono scoprire mondi, oppure no. Ogni caso è un caso a se. Ma si spera sempre che chi ricorre ad un terapeuta, sia già a metà del guado, perché ha messo a fuoco di aver bisogno di aiuto.

Annamaria ha detto...

Penso anch'io che per un adolescente sia fondamentale sentirsi preso sul serio. Certe esplosioni, a volte, sono un modo per dire "Io esisto" davanti a genitori che magari minimizzano i problemi dell'età. Ma chi li vive in prima persona ha bisogno prima di tutto di essere ascoltato e accolto.
Grazie, Giorgio!

Paola S. ha detto...

Con la mia adolescenza ho un rapporto molto particolare: un po' come faccio per tutto, tendo ad assopire le cose "brutte", nel senso che una volta che le ho vissute semplicemente le lascio lì dove sono ed anche se sicuramente inconsciamente mi hanno in qualche modo segnata, a livello conscio le vivo come se non fossero che eventi qualunque.
Dunque, sicuramente quando avevo quell'età mi sentivo estremamente fragile, piena di paure che non sapevo riconoscere nemmeno io e che, quindi, non ero in grado di condividere con nessuno. Non credo di aver mai pensato di voler morire, né forse avevo ancora la consapevolezza di poter dire o meno "voglio andare da uno psicologo"; chiusa e timida com'ero non ci sarei nemmeno mai riuscita. Adesso da grande, appunto, guardo indietro con sollievo e tenerezza, vedendo solo cose belle o comunque superabili, ma mi rendo conto che quando ci ero dentro, mi sembrava tutto abnorme.
Quindi ben vengano gli aiuti professionali, soprattutto in fasi della vita così delicate, anche solo come valvola di sfogo, non necessariamente perché ci debbano essere questioni da risolvere (ché tanto, diciamocelo, quelle ci accompagnano un pochino per tutta la vita).

silvia ha detto...

ho lavorato 40 anni con adolescenti disabili, è stato molto impegnativo, a volte foriero di soddisfazioni ma altrettante volte pieno di frustrazione e impotenza.

Maria ha detto...

Valeria, sento il tuo dolore e peso ma il tuo autoriferirti come "sbagliata" l'esigenza di tua figlia, non è utile a tua figlia... Che sentirà pure il peso di come ti senti tu! Se ti Togli un attimo dalla scena, sentirai che è molto bello che lei abbia sentito di poter chiedere supporto. La società patriarcale ci ha insegnato a essere forti attraverso il non chiedere aiuto. Io lo trovo un paradosso. Un primo ministro chiede continuamente aiuto agli altri, e così lo chef in cucina ha bisogno di assistenti, ecc. Quindi questa umiltà è una conseguenza di leadership! incoraggiala a chiedere sempre aiuto (senza pensare che sta a te risolvere tutto!) Se tua figlia sa chiedere aiuto è una conferma che hai fatto già un buon lavoro di mamma.

Giorgio... Fai un lavoro davvero difficile ma anche tra i piu nutrienti e necessari. Visto che la parola psicologo fa paura a tanti, come si potrebbe chiamare? Ortopsiche master? Spirito-pata? ....Cresciologo!!!!

Giulia Lu Mancini ha detto...

È vero “il problema fondamentale degli adolescenti è diventare consapevoli della propria identità e avere il coraggio di viverla nei rapporti con gli altri” credo che in questo ci sia l’essenza piena di quel periodo difficile che è l’adolescenza, in cui si cresce con sofferenza per trovare una propria identità, ma troppo spesso si ha solo il desiderio di nascondersi e confondersi con gli altri