venerdì 28 agosto 2020

salvare il rapporto con i figli che crescono

 



Mi capita spesso di essere contattato da coppie di genitori che mi chiedono se posso aiutare il loro figlio ormai maggiorenne, perchè loro non riescono più ad avere con lui nessun dialogo costruttivo. La prima cosa che generalmente chiedo è se il figlio ha espresso il desiderio di andare da uno psicologo. Una parte dei genitori risponde di no, che non ne vuole proprio sapere ma che bisognerebbe convincerlo. Però è impossibile convincere un adolescente ad andare dallo psicologo se ritiene di non averne bisogno. I più non accettano di venire a parlarmi neanche una sola volta. Chi viene ha un solo argomento che può fargli cambiare idea, però solo se il ragazzo soffre della situazione in famiglia. L'argomento è: se vieni qui non vieni per diventare quello che vogliono i tuoi genitori, ma per cercare di avere un aiuto a stare meglio tu, a capire davvero chi sei e cosa vuoi, insomma ad ascoltarti e poter dialogare con qualcuno che ti ascolta, che dà valore a quello che pensi e dici e che non ti vuole far diventare quello che vuole lui.

A volte il ragazzo accetta e inizia un lavoro che lo porta a stare meglio, a diventare davvero più se stesso, a intraprendere un percorso individuale di crescita che lo porta ad essere più autonomo, ad occuparsi seriamente dei suoi problemi e finalmente a distaccarsi in un modo positivo dai suoi genitori. 

Perchè un adolescente accetta di cominciare a fare un lavoro psicologico con me? Perchè io, dicendogli queste cose, gli ho detto esattamente quello che lui avrebbe sempre desiderato sentirsi dire dai suoi genitori e che purtroppo loro non hanno mai detto e in più gli ho fatto sentire che il suo destino è nelle sue mani e che io ho fiducia che lui possa farcela a trovare la sua strada.

Ma com'è che a 18-20 anni in famiglia non c'è la fiducia tra genitori e figli? ( quasi sempre la fiducia manca da entrambe le parti: i figli non si fidano dei genitori e viceversa). Com'è che non si riesce a parlare? Il problema non è nato da qualche giorno, ma è cresciuto nel tempo, forse è cominciato quando il figlio era piccolo piccolo e si è alimentato ogni anno di più, oppure è nato a un certo punto, fatto sta che si è creata una frattura. Ecco, questa frattura non dovrebbe esserci mai e per scongiurarla c'è solo un metodo: non fare finta di niente, non abbandonare il campo quando si avvertono i primi scricchiolii della relazione. E' come quando non si sente più il battito del cuore e nei film un dottore dell'equipe medica che sta operando il paziente dice la famosa frase: Lo stiamo perdendo, lo stiamo perdendo! E' proprio in quel momento che bisogna moltiplicare gli sforzi, immaginare anche l'impossibile, gettando in campo tutte le energie e gli aiuti disponibili. 

Se si rompe definitivamente il rapporto, se il figlio non stima più i genitori, se ritiene di non essere da loro visto, se sente che recitano frasi di rito o lo minacciano solamente, il figlio taglia la relazione. E' troppo penoso per un figlio dialogare con un genitore che non lo vede e non ha fiducia in lui.

So che non è facile, so che ci sono dei momenti difficilissimi, ma bisogna fare di tutto per salvare la relazione, anche prendendo il figlio e dicendogli sinceramente col cuore in mano: non ci capisco più niente, per piacere aiutami tu. 

Spesso funziona.  

venerdì 21 agosto 2020

elogio dell'imperfezione

L'attrice Jeanne Moreau

Per vivere bene non si deve solo cercare di migliorare la propria bellezza interiore o esteriore, bisogna anche accogliere le proprie ombre, le proprie mancanze, i propri difetti  e proprio in virtù di questi aprirsi alla consapevolezza di dover accettare di avere dei limiti senza sentirsi in colpa. I confini e i limiti, infatti, sono inevitabili perche' nessun essere vivente può crescere all'infinito o diventare perfetto. 

Chi, senza colpevolizzarsi, riesce a essere consapevole dei propri limiti e a conviverci, pur cercando di migliorarsi, é  nella condizione ideale per poter vivere serenamente. Chi invece si abbatte per le sue imperfezioni non è di giovamento né a sé né  agli altri, esattamente come chi non accetta che anche gli altri possano essere imperfetti. Gli artisti Zen lasciavano sempre un piccolo particolare imperfetto nelle loro opere, per ricordare che l'importante è avere il desiderio di migliorarsi, non di raggiungere la perfezione.

Invece molte volte capita di non essere contenti di se stessi perché si ha il timore di non piacere agli altri, di non essere da loro apprezzati. Questa è una dipendenza veramente terribile perché si pensa che per essere benvoluti  e amati sia necessario essere sempre perfetti nel corpo e nell'anima e così si passa la vita nell'ansia perenne di rimanere soli. Spesso questo problema deriva dal fatto di non essersi sentiti amati a sufficienza dai genitori, nonostante tutti gli sforzi fatti per dimostrarsi degni del loro amore. Bisognerebbe cercare di uscire al più presto  da questa dipendenza e imparare ad amarsi e a cercare qualcuno che ci ami globalmente, per quello che siamo,  limiti compresi. Non ha senso amare solo alcune parti di se stesso o di un'altra persona:  l'amore vero non ammette sezionamenti!

Per un figlio è molto faticoso avere dei genitori che tendono ad aspettarsi  da lui la perfezione: è una condizione che costringe a sforzi senza fine per migliorarsi, senza potersi mai rilassare e gioire della vita. Una persona che ha la necessità di essere sempre perfetta è sempre in tensione, come un equilibrista che cammina su un filo, perennemente attento a non fare un passo falso per non cadere giù e farsi male.

In realtà,  i rapporti affettivi più belli sono quelli nei quali si possono manifestare reciprocamente le proprie ombre e i propri limiti,  sentendosi comunque accettati, compresi e amati per ciò che si è.

Quando la grande attrice Jeanne Moreau diventò vecchia, le chiesero come mai non si faceva togliere dal chirurgo estetico le rughe che le imbruttivano il volto, come avevano fatto tante sue colleghe e lei rispose che non ci pensava proprio, che le piaceva guardarsele perchè le ricordavano tutta la vita che aveva vissuto!


giovedì 13 agosto 2020

elogio della immaginazione

 Uno degli slogan più noti del '68 era "L'immaginazione al potere". Credo che questa frase, depurandola degli eccessi post-sessantottini, possa aiutarci a riflettere su di noi e su alcuni aspetti attuali della nostra società. Per prima cosa cercherò di chiarire il significato della parola immaginazione perchè spesso la si confonde con la fantasia, anche se sono due cose molto diverse tra loro.

A tal riguardo faccio due esempi. Se pensiamo al modo in cui potremmo spendere i soldi ricavati da una eventuale vincita alla lotteria, stiamo facendo un esercizio di fantasia. Se, invece stiamo cercando di individuare quale potrebbe essere il viaggio più bello da fare in ferie con la nostra automobile, stiamo servendoci dell'immaginazione.

Infatti, la differenza tra fantasia e immaginazione è che la prima ha per oggetto qualcosa che non è reale (non abbiamo vinto nessun premio alla lotteria), mentre la seconda ci serve per trovare la migliore soluzione ad un nostra scelta di vita reale (come realizzare il massimo possibile di piacere dal nostro viaggio).

Visto che l'immaginazione riguarda situazioni di vita reale, si capisce quanto sia importante usarla per orientare le nostre scelte quotidiane,  per non farle dipendere esclusivamente da quello che fanno generalmente gli altri o da ciò che abbiamo già fatto in passato. 

Metterci in contatto con la nostra capacità immaginativa può davvero migliorare molto la nostra vita. 

Se, ad esempio, prima di fare una scelta che ci sembra scontata o obbligata, ci ascoltiamo un attimo chiedendoci cosa davvero preferiremmo fare, ci può capitare di entrare in contatto con una idea o prospettiva mai pensata prima, che sentiamo essere la più vera per noi, anche se a qualcuno potrebbe apparire bizzarra o strana.

Per permetterci di fare ciò che la nostra immaginazione ci suggerisce, bisogna dare valore a ciò che ci viene in mente, chiederci cosa è davvero meglio per noi, consultando anche la nostra razionalità e il sentimento, poi, valutati tutti i pro e contro, faremo la scelta che ci apparirà migliore.

Rimanere in contatto con l'immaginazione é  fondamentale anche a livello sociale. Se ci lasciamo sempre la porta aperta per raffigurarci qualcosa di diverso rispetto all'esistente, anche la società può trarne giovamento. I cambiamenti, nella storia dell'umanità, sono avvenuti perchè qualcuno ha cominciato a immaginare qualcosa di nuovo, vincendo la paura di essere additato come strano o addirittura pazzo.

L'immaginazione ci aiuta a superare l'idea che non si possano cambiare le cose, che non ci sia un futuro migliore, ci permette di evadere dalla prigione del già fatto, già detto, già sentito. Ci immunizza dalle frasi fatte, dagli slogan ripetuti ad oltranza, dalla violenza di chi vuole convincerci che non ci siano altre strade, altre possibilità di cambiamento.  

Quindi, dopo più di 50 anni dal '68, mi verrebbe  da dire: ricordiamoci che l'immaginazione ha un grande valore per il nostro benessere individuale e collettivo, contattiamola spesso e facciamola sedere al nostro tavolo di comando interno alla pari con la ragione, il sentimento, l'intuizione e la concretezza!

    


     

giovedì 6 agosto 2020

il nuovo fuori e dentro di noi


Quando decidiamo di fare un viaggio, desideriamo che qualcuno ci organizzi con precisione tempi e luoghi da visitare oppure preferiamo mantenerci la possibilità di deviare dai programmi prestabiliti per seguire l'estro del momento?
Quando andiamo in vacanza, ci piace di più tornare nel solito posto dove sappiamo già che ci siamo trovati sempre bene o preferiamo esplorare luoghi finora mai visitati?
Ci attira di più un lavoro che ci richiede di seguire procedure, tempi e ritmi standardizzati o uno che ci consente maggiore libertà di organizzazione?
Ci piace di più stare sempre con gli stessi amici coi quali ci troviamo in sintonia o ci fa piacere anche provare a frequentarne dei nuovi?
Mangiamo sempre i cibi che ci piacciono o preferiamo provarne dei nuovi?
Preferiamo vedere vecchi film, rileggere vecchi libri e ascoltare canzoni del passato o provare a guardare, leggere e ascoltare qualcosa di nuovo?

Per queste domande non esiste una risposta giusta e una sbagliata. Ciascuno di noi è diverso dagli altri e la risposta giusta è quella che, essendo la più vera per noi, ci fa stare meglio quando dobbiamo fare una scelta.
A volte possiamo preferire di crogiolarci nell'abitudine e a volte ci possiamo sentire attratti dal cambiamento, talvolta siamo felici di rifare qualcosa che abbiamo già fatto e che conosciamo bene, mentre altre volte abbiamo voglia di sperimentare qualcosa di nuovo.

L'importante credo sia che, quando ripetiamo qualcosa che abbiamo già fatto in passato, dobbiamo davvero partecipare emotivamente alla situazione che si sta svolgendo in quel momento e provare dentro di noi un sentimento attuale, fresco e vivo, altrimenti essa diventa una mera ripetizione delle esperienze passate o, come si dice, una minestra riscaldata.
Si possono fare le stesse cose ripetutamente godendo sempre di una sensazione di novità mentre, al contrario, si possono fare cose nuove ma avere la sensazione del già visto o del già sperimentato perchè non ci trasmettono nulla di nuovo.  

Godere di qualcosa di nuovo non è necessariamente legato alla novità di un oggetto, di un luogo o di una persona, ma dipende soprattutto dallo spirito con cui viviamo lo stimolo presente, anche se l'abbiamo già conosciuto, visto, sentito o incontrato in passato.

E ciò vale anche per l'amore. Spesso ci si lascia perché ci si annoia, ci si conosce a memoria e si fanno sempre le stesse cose, ma molte volte il problema vero è nel raffreddarsi dei nostri sentimenti, nella progressiva mancanza di senso delle relazioni che abbiamo, non nella ripetizione degli stessi atti o degli stessi gesti, altrimenti non si spiegherebbe come si possa vivere in coppia felicemente con la medesima persona per molti anni o, ancor più, per tutta la vita, perchè non è che si fa qualcosa di oggettivamente nuovo tutti i giorni!