martedì 28 febbraio 2023

RIDERE E SORRIDERE IN PSICOTERAPIA

 


Parecchi anni fa ero a Bologna a un incontro con alcuni colleghi psicoterapeuti e rimasi sbigottito nel sentire una di loro chiedere: “Ma secondo voi, è bene dare la mano ai pazienti quando li si accoglie in studio o quando li si saluta alla fine della seduta?”.

Dunque, mi chiesi, secondo questa terapeuta come ci si deve comportare col paziente? Bisogna stargli lontano e non toccarlo fisicamente nemmeno con una stretta di mano perché un contatto anche fugace del nostro corpo col suo potrebbe scatenare in lui o in noi chissà quali sentimenti ed emozioni equivoche, dannose o disdicevoli?

Poi mi venne da chiedermi: e dal punto di vista del rapporto emotivo, come si comporterà questa collega coi pazienti?  Si asterrà dal manifestare tutti i sentimenti che il paziente le provoca durante le sedute? Si imporrà di rimanere impassibile e di non dire nulla anche quando il paziente le racconterà delle sue fatiche di vivere, dei suoi dubbi esistenziali, delle violenze e degli abusi sofferti? Si obbligherà a rimanere una statua di ghiaccio per non condizionare in nessun modo il paziente con le proprie reazioni emotive?

Può sembrare strano ma in psicologia c’è chi ha teorizzato purtroppo simili sciocchezze. Attenzione, non dico che lo psicoterapeuta debba essere uno sprovveduto che si comporta come un amico che manifesta apertamente tutto ciò che prova, dico solo che i sentimenti del terapeuta non devono essere da lui censurati completamente, ma devono essere gestiti con consapevolezza per diventare uno strumento di aiuto per il paziente.

Quest’ultima cosa, però, non è per niente facile, mentre è molto più facile diventare di ghiaccio perché così non si corre alcun rischio di dire e fare cose sbagliate o nel momento sbagliato. Ma lo psicoterapeuta non dovrebbe essere un artigiano delle emozioni? La sua formazione non dovrebbe consistere anche e soprattutto nel non avere paura delle emozioni e nell’imparare durante le sedute ad ascoltare e gestire i sentimenti propri e quelli altrui?

In realtà, come si può pensare di aiutare una persona che sta male perché non ha avuto dei buoni rapporti emotivi e affettivi con gli altri, se non si riesce a far vivere loro, almeno in seduta, un’esperienza emotivamente e affettivamente diversa, cioè positiva, fatta di ascolto sincero, di calore umano, di accoglienza, di mancanza di giudizio ecc.?

E’ solo l’esperienza positiva dei rapporti affettivi con gli altri che permette di accrescere la propria autostima interiore e di diventare più sicuri della autenticità e del valore dei propri sentimenti (e quindi di diventare più sicuri di sé).

Le sedute di psicoterapia quasi sempre per questo servono al paziente: per sperimentare rapporti affettivi con un altro essere umano fondati sul fatto di sentire che esiste qualcuno che ha fiducia in te, che è un tuo fan, che desidera che tu stia bene e che ti dona tutto il proprio sapere e la propria esperienza professionale e personale per aiutarti a conoscere e dare valore alla tua autenticità e a trovare il coraggio di andare nella vita senza paura di essere ciò che sei.

Quindi, quando con un paziente si arriva a ridere o a sorridere insieme e ripetutamente, con complicità, o si arriva a condividere espressioni e pensieri ironici e autoironici, oltre a stare bene e divertirsi, si può sinceramente pensare che la terapia sta andando bene, perché tra il terapeuta e il paziente, si è stabilito un buon rapporto di complicità e di fiducia.

Non sto ovviamente dicendo che la terapia consiste nel raccontarsi le barzellette a vicenda (anche se qualche rara volta mi è successo anche di raccontare una barzelletta a un paziente), sto dicendo che arrivare a trovare lo spazio anche per una risata o un sorriso in un percorso che non è una passeggiata perché va a toccare i punti più deboli e sensibili del paziente, è una cosa estremamente positiva, se gestita dal terapeuta con piena consapevolezza coerentemente con gli obiettivi terapeutici presenti all’interno di ogni percorso di cura.

giovedì 19 gennaio 2023

diventare obsoleti con grazia

Qualche giorno fa ho letto sulla Repubblica on-line alcune parti di un discorso tenuto 40 anni fa da Steve Jobs, nel quale egli sosteneva che i computer avrebbero cambiato la capacità degli uomini di sperimentare la vita. La cosa che più mi ha colpito non è tanto il contenuto del discorso, pure interessante, quanto la frase finale da lui pronunciata.

Dopo aver raccontato di come, secondo lui, l'Intelligenza Artificiale avrebbe modificato la nostra vita, ha terminato il suo intervento affermando che la sua generazione avrebbe dovuto diventare obsoleta con grazia

Questa espressione, totalmente inaspettata, mi ha fatto nascere immediatamente una serie di domande: Come si fa a diventare obsoleti con grazia? E' possibile? Cosa significa?

La prima associazione che mi è venuta è stata con Pasolini, che spesso diceva di ammirare la grazia dei ragazzi più giovani ed emarginati, non ancora contaminati dalla società consumistica. 

Ma come associare il restare indietro rispetto all'evolversi della società, con la grazia? Come si può accettare di andare verso l'emarginazione sociale sorridendo e sentendosi leggeri? Invecchiare non piace a nessuno e non sapere destreggiarsi con agilità tra le competenze informatiche fa sentire spesso vecchi e inadeguati.

Però, pensandoci bene, sentirsi obsoleti con grazia forse è possibile, a patto che accettiamo una cosa estremamente semplice e naturale: che il tempo passa e non si ferma, che nessuno sarà giovane in eterno e che la vita scorre continuamente, come le lancette dell'orologio che non si fermano mai. Allora, forse, potremo apprezzare la bellezza di essere stati al centro del mondo quando il mondo aveva la nostra taglia, quando sapevamo misurarci con i linguaggi, le mode, i modi di vivere che erano nuovi ed attuali, perchè erano i nostri, mentre ora potremo lasciare la posizione centrale alle nuove generazioni, che essendo nate e cresciute nel mondo informatizzato,  sanno viverlo molto meglio di noi. Questo passaggio del testimone, questo passaggio di ruolo, non deve abbatterci, non dobbiamo sentirci defraudati del centro della luce dei riflettori, perchè sarebbe profondamente ingiusto tenere nel buio i giovani di oggi, che hanno tutto il diritto di acquisire una posizione centrale simile a quella che avevamo noi.

Potremo diventare obsoleti con grazia se avremo comunque stima di noi, di ciò che siamo diventati e se avremo la sensazione di avere imparato dalla vita delle cose importanti, compresa la capacità di passare anche attraverso difficoltà e fallimenti imparando qualcosa dai nostri sbagli. Allora forse potremo accontentarci di ciò che siamo e prepararci a godere di tutti i giorni che ancora ci sarà dato vivere nel modo migliore possibile, senza tormentarci nei rimpianti o nell'impossibile rincorsa a modi di vivere artificiosi e innaturali che con l'essenza e la bellezza della vita umana hanno ben poco da spartire. 

  

mercoledì 18 gennaio 2023

integrare gli opposti

Ho unito in questo dittico due cantanti, due donne le cui voci non passano certo inosservate e, a mio modo di vedere, sono affascinanti, anche se per motivi opposti.

Anche la presenza scenica è opposta: una è elegante, delicata e raffinata, l'altra è sensuale, carnale, quasi animalesca.

L'accostamento di queste due cantanti mi sembra rappresenti bene l'idea che la vita è costituita da tante coppie di opposti e che la salute psichica consiste nella loro integrazione, nel poter godere dell'uno e dell'altro opposto, senza escluderne uno a privilegio dell'altro.

Integrare gli opposti è l'unico modo per poter godere appieno dell'energia vitale che, come la corrente elettrica, si crea dal contatto tra poli opposti, Il distacco totale dall'altro polo, qualunque sia, ci lascia psichicamente al buio, così come l'identificazione assoluta con uno solo dei due opposti. 



martedì 20 dicembre 2022

per un Natale autentico

Credo che tutti noi, quando eravamo piccoli, amavamo il Natale: guardavamo con occhi incantati i preparativi, l'albero, il presepe, i doni, gli addobbi. Eravamo affascinati anche dai pranzi di Natale: la cena della vigilia e il pranzo del giorno di Natale e, per chi era credente, c'era anche il rito della Messa di mezzanotte.

Poi, anno dopo anno, crescendo, i riti di Natale per molti di noi hanno perso il loro fascino, si è persa la meraviglia infantile, ma questo mi sembra assolutamente naturale. Il problema è che a volte ci sentiamo sottomessi al Natale, obbligati ai pranzi di famiglia che viviamo in modo ripetitivo, come se, anno dopo anno, si dovesse recitare sempre lo stesso copione: sempre gli stessi gesti, le stesse situazioni, gli stessi discorsi già fatti e sentiti mille volte, così che alla fine subentra la noia e, mentre sorridiamo un po' a tutti,  immancabilmente, prima o poi, ci viene voglia di tornarcene a casa, se solo si potesse. Ma non si può e siamo obbligati a restare. 

Nei giorni di festa che ruotano intorno al Natale, spesso ci sentiamo obbligati a fare tante cose: correre in giro per negozi a scegliere i regali, comperare qualche vestito nuovo da sfoggiare, addobbare la casa con luci e colori, fare l'albero, fare il presepe, lavare l'automobile per fare bella figura, infiocchettare e agghindare noi e i bambini per essere belli davanti ai parenti, andare dal barbiere, dal parrucchiere o dall'estetista. La cosa più strana che accade me l'ha racccontata la mia dentista: all'inizio di dicembre le avevo chiesto un appuntamento per fare la annuale pulizia dei denti e lei mi ha chiesto se potevo aspettare gennaio. Ho acconsentito e lei mi ha sussurrato nell'orecchio:"sa, le settimane prima di Natale sono sempre pienissima di lavoro perchè tante persone vogliono venire a fare la pulizia e sbiancarsi i denti per avere un sorriso smagliante il giorno di Natale!".

Insomma, non dico certo una cosa originale se dico che per molti il Natale è qualcosa che ha quasi solamente  a che fare con l'esteriorità e il consumismo e che quindi tutto diventa ripetitivo, privo di anima e di senso.

Chi è credente dovrebbe un po' salvarsi da questa banalizzazione del Natale, ma spesso non è così facile e spesso anche loro rischiano di perdere contatto col valore del Natale.

Già, ma qual'è per noi il valore di questo Natale? Ecco la domanda che ci può salvare, o perlomeno, far stare meglio. Perchè questa domanda ci riporta al rapporto con noi stessi, al senso che per noi hanno, quest'anno,  questi giorni di festa e, miracolo dei miracoli, non c'è una risposta univoca, prefabbricata e valida per tutti. Si fa fatica a pensare che ci possano essere mille modi diversi di sentire il Natale, ma è assolutamente possibile, se solo noi ci chiedessimo come ci sentiamo di vivere questo Natale qui, quello di quest'anno, in che modo ci può fare bene nella nostra situazione esistenziale attuale. Il trucco forse consiste nel non considerare il Natale come qualcosa di standardizzato, di automatico, il prodotto sempre uguale di una perpetua catena di montaggio!

Se partiamo dalla considerazione che il Natale è una festa che celebra una nascita, possiamo chiederci, ad esempio, che nascita dentro di noi possiamo immaginare di desiderare o di festeggiare quest'anno, cosa ha a che fare una nascita, il tema della nascita, con la nostra vita attuale? Cosa sentiamo nascere dentro di noi in questo periodo oppure cosa vorremmo che nascesse dentro di noi nel prossimo anno?

In questo modo, il Natale di quest'anno potrà essere diverso da tutti gli altri Natali passati e futuri perchè lo vivremo in relazione alla nostra situazione esistenziale di questi giorni. Se riusciamo a riprenderci il periodo di Natale, a viverlo cercando di fare il più possibile ciò che sentiamo farci davvero bene, trascorreremo delle belle giornate e alla fine saremo più carichi di energia e non svuotati e stanchi. Se faremo così, saremo anche in grado di tollerare con più serenità quei momenti conviviali di cui magari faremmo volentieri a meno.

Chi invece vive bene il Natale tutti gli anni, anche facendo sempre le solite cose, sicuramente è sempre sinceramente presente con tutto se stesso in  ciò che fa ed è contento di farlo anche insieme ai suoi cari.

A tutti i lettori, comunque, auguro di cuore di stare bene e di essere felici e sereni in questo periodo festivo.

    


giovedì 15 dicembre 2022

quello che veramente ami

Quello che veramente ami rimane,

il resto è scorie

quello che veramente ami non ti sarà strappato

quello che veramente ami è la tua vera eredità.

                                         E. Pound

lunedì 28 novembre 2022

al limite

Prima di continuare a leggere questo post, distogliete lo sguardo dallo schermo e fermatevi tutto il tempo che desiderate ad ascoltare quali sentimenti e quali pensieri vi fa venire in mente la parola LIMITE.
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Quello del limite è uno dei temi fondamentali della nostra esistenza. Questo post non esisterebbe se non avesse un limite, un quadro non sarebbe un quadro se non avesse un limite, gli alberi non sarebbero alberi se non avessero un limite, niente avrebbe una identità definita se non avesse un limite, un bordo, un confine.
Nei test di psicologia che usano il disegno, spesso si traggono indicazioni sulla personalità del paziente osservando se ciò che è disegnato sta dentro al foglio, rispetta il limite del foglio o se va fuori dal limite.

Oltrepassare i limiti può essere pericoloso, oppure liberatorio, i limiti possono essere troppo stretti e angusti, oppure troppo larghi, quasi inesistenti, quindi si può sentire il bisogno di allargare i propri limiti o di averne di più stretti.
L'ideale, ovviamente, è di pacificarci coi limiti, accettare che ce ne siano alcuni sui quali non possiamo intervenire e a questi cercare di adattarci il più possibile, mentre ci dedichiamo, invece, a cercare di modificare quelli sui quali possiamo agire al fine di vivere meglio. Ovvio che questo discorso riguarda anche la morte, che non possiamo eliminare, e lo scorrere della vita, che non possiamo rallentare.
 
Il bambino tendenzialmente non ha limiti, se non quelli imposti dalla fatica fisica. I limiti ci vengono insegnati e sappiamo quanto nella società attuale questa cosa sia importante e purtroppo spesso trascurata o insegnata male. Perchè nella nostra cultura attuale il limite è sentito e vissuto prevalentemente come qualcosa di esclusivamente e totalmente negativo. Da qui nascono tante sofferenze e tante insofferenze.

Il tema del limite riguarda tutte le età, in modo particolare i bambini e gli adolescenti, che si trovano a dover imparare a limitare i propri impulsi e i propri desideri. Se ai giovani non vengono mostrati e insegnati anche gli aspetti positivi del limite, si rischia che identifichino il benessere con la totale mancanza di limiti, con le conseguenze devianti che ben conosciamo. D'altra parte, porre limiti troppo stretti può portare a ribellione oppure a chiusura rispetto al mondo esterno; ricordiamo che ci sono molti ragazzi che hanno paura di uscire dalla propria casa e andare serenamente nel mondo. In tanti ragazzi ci sono paure e timori di non essere sufficientemente adeguati alle relazioni sociali o di essere giudicati negativamente dagli altri.

Quello del limite è un tema che riguarda anche il nostro rapporto con gli altri (ama il prossimo tuo come te stesso): quanto devo amare me? quanto devo amare gli altri? Il mondo è pieno di narcisisti che privilegiano i propri bisogni, ma anche di persone che, al contrario, tendono a perdonare i difetti degli altri molto più di quanto non facciano con i propri, col risultato che non sono mai soddisfatte di se stesse.

P.S.: Sul tema del valore positivo dei limiti, trovate qualche spunto in questo mio post di dieci anni fa:
https://www.blogger.com/blog/post/edit/9150026362372771277/4147358254944397983 

 
  

venerdì 4 novembre 2022

la musica che trasmette emozioni


A volte in un istante avvengono eventi ai quali non avevi mai, ma proprio mai pensato. 

A volte basta un click per dare agli altri qualcosa che era nato come esclusivamente tuo.

Non sto parlando di grandi cose, sto parlando di una playlist su youtube che avevo fatto a mio uso e consumo per riunire insieme tutti i video musicali che incontravo casualmente in rete e che volevo memorizzare da qualche parte per non dimenticarli.

Bene, qualche giorno fa mi è casualmente comparsa davanti una schermata che mi chiedeva se volevo rendere visibile a tutti la mia playlist, che fino a quel momento potevo consultare solo io.

Un attimo, un pensiero, e poi: perchè no?

Così, eccola qua. Se siete curiosi, la trovate andando su youtube e digitando: 

la musica che trasmette emozioni

Non è la classifica delle mie canzoni preferite, ma un insieme di video di brani musicali che ho incontrato casualmente, che mi hanno trasmesso qualcosa e che non ho voluto perdere di vista. 

Spero che anche a voi succeda qualcosa di simile a quello che è capitato a mia moglie, che ci ha trovato dentro una canzone che le piaceva da morire quando era giovane, ma non sapendo nè chi la cantasse nè il titolo, l'aveva perduta di vista.

Buon ascolto! 



martedì 11 ottobre 2022

Moody Blues - Seventh sojourn (1972)

Stasera mi è capitato di riascoltare dopo tanto tempo questo disco che, quando avevo 20 anni, mi piaceva da impazzire. 

Mi sono meravigliato nel constatare che anche ora mi suscita le stesse emozioni!



sabato 1 ottobre 2022

31-40 anni: nel mezzo del cammin di nostra vita

Questo è il decennio centrale della vita, non si è più giovani, non si ha più la sensazione di avere ancora tutta la vita davanti, ma non si avverte nemmeno che sta iniziando il declino. Si è nel mezzo del cammin di nostra vita: la parabola della vita è nel suo punto più alto.. 

Si può godere di ciò che si è costruito ma si può cominciare a temere di non riuscire più a realizzare tutti i propri desideri. 

In questo periodo è fondamentale cercare di fare chiarezza sulla direzione verso cui si vorrebbe portare la propria vita. 

Si è ancora in tempo a cambiare molte cose, ma bisogna occuparsi di sè seriamente perché in questo decennio si gettano le basi per una seconda metà della vita soddisfacente. Ci si deve chiedere cosa è davvero importante per noi. 

Per le donne che non hanno avuto figli è fondamentale ascoltarsi e chiedersi se vogliono diventare mamme oppure no. Per chi non ha un rapporto di coppia soddisfacente è necessario cercare di chiarirsi le idee in merito a questo tema. 

Ma, forse, la cosa più importante è capire se si sta bene con se stessi, se si è autonomi emotivamente e materialmente e, cosa forse più importante di tutte, se ci sono problemi di dipendenza irrisolti nel rapporto coi propri genitori.

Insomma, si è nel momento di massima pressione delle domande esistenziali più radicali. Come detto sopra, la parabola della vita è nel suo punto di massima altezza e nel prossimo decennio inizierà lentamente a declinare. 

È proprio adesso che si hanno le energie per fare cambiamenti importanti che ci possono portare a prendere decisioni che influenzeranno positivamente la nostra vita futura.

Siamo a metà del guado.







domenica 11 settembre 2022

21-30 anni: dove si comincia a confrontarsi con l'autonomia e la responsabilità

Prima di entrare nel merito del tema di oggi, vorrei chiarire che le cose che scrivo non sono obblighi da realizzare in un certo periodo della vita, perchè, come giustamente ha scritto un commentatore, nella vita si possono fare anche dopo cose che non si sono fatte prima. Ciò che scrivo è il frutto della constatazione che quotidianamente registro nel mio lavoro, delle difficoltà che può creare il non procedere in avanti in modo naturale nel crescere e nel maturare. Quando la libido, cioè l'energia vitale, ristagna e i pensieri tendono troppo verso il passato, la vita non è mai molto soddisfacente e ciò vale fino al giorno stesso in cui si muore.

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Questo è un periodo critico perché si è a metà del guado: non si può tornare indietro e nemmeno stare fermi a sognare, bisogna andare avanti concretamente negli studi o nel lavoro per costruire il proprio futuro. È tempo di scelte decisive che spesso fanno paura e quindi si vorrebbero rimandare. 

Si vive tra il desiderio e il timore di sperimentare rapporti affettivi importanti e mettersi in gioco nel mondo del lavoro, spesso si teme di arrivare alla laurea immaginando le difficoltà del post-laurea. Si fatica ad abbandonare le sicurezze e i vantaggi economici che offre la convivenza coi genitori: la libertà che il vivere da soli comporterebbe è tanto agognata quanto temuta per le responsabilità che porta con sé. 

Ci si confronta con le difficoltà economiche, con la precarietà del lavoro, con la necessità di fare delle scelte e di assumersi delle responsabilità. 

Rispetto al decennio precedente qui si affronta la vita nei suoi aspetti concreti e le decisioni che si prendono possono avere un impatto importante sul proprio futuro. Si avverte che prendere delle decisioni è necessario anche se difficile e che non rimarrà tanto tempo per percorrere strade diverse.

Spesso capita di scoprire che dobbiamo modificare qualcosa che non funziona nel nostro modo di vivere, avvertiamo delle carenze. Gli anni della piena maturità sono dietro l'angolo e non possiamo permetterci di essere troppo impreparati ad affrontarli.

Se non si riesce a modificare il proprio stile di vita adolescenziale e si cerca di rimanere attaccati a un passato che ci preclude la possibilità di crescere davvero, si rischia di essere preda di sentimenti di incapacità e di impotenza.

Nell'affrontare questo decennio sono molto importanti le esperienze che abbiamo fatto nei due decenni precedenti. Se in essi abbiamo sviluppato una sufficiente fiducia nelle nostre capacità razionali ed affettive, troveremo il coraggio sufficiente per andare avanti superando le difficoltà che questo periodo ci può far incontrare.

A trent'anni dovremmo avere raggiunto una consapevolezza sufficientemente chiara di chi siamo e di quali sono le cose più importanti che danno senso alla nostra vita. E, possibilmente, dovremmo non avere paura di avere paura, di fare fatica a raggiungere i nostri obiettivi. Dovremmo esserci resi conto che la vita è fatta di tante sfumature, di tanti colori diversi e che non esiste solo il bianco della vittoria e il nero della sconfitta. Dovremmo avere una buona dose di perseveranza nel cercare di raggiungere gli scopi che sentiamo veramente nostri e dovremmo valutare in autonomia le idee, i pareri e i giudizi degli altri.

Insomma, a trent'anni l'adolescenza dovrebbe essere davvero finita e con desiderio di andare avanti si dovrebbe entrare nell'età adulta.

(3 - continua) 

domenica 28 agosto 2022

La Meloni, lo sport e la devianza giovanile

Ma davvero, signora Meloni, lei crede che lo sport sia la medicina che serve per eliminare il disagio dei ragazzi d'oggi?

Concordo con lei che lo sport, se praticato e vissuto senza cercare ossessivamente la performance, può aiutare a crescere meglio.

Ma lo sa, signora Meloni, che c'è qualcosa che è molto, molto più importante dello sport nel determinare lo sviluppo sano di un ragazzo? Qualcosa che viene prima dello sport, che è a monte dello sport?

E quel qualcosa si chiama famiglia, si proprio quella parola di cui lei si riempie la bocca. Sono i rapporti familiari. E lo sa perché nove volte su dieci un bambino o un adolescente hanno dei problemi psicologici o di comportamento? Perché i genitori non l'hanno accettato e amato nella sua diversità, si,  proprio quella diversità che lei aborre, quella diversità che lei vorrebbe eliminare in Italia, quando ci propone un mondo dove il pensiero di chi comanda è giusto e tutti gli altri devono essere messi a tacere, dove chi ha un colore diverso della pelle o un diverso orientamento sessuale deve essere tolto di mezzo o curato.

Lo sa che le sofferenze dei ragazzi che lei vorrebbe curare con lo sport si fondano spessissimo sul fatto di avere avuto una famiglia, dei genitori che non li hanno mai visti davvero nella loro diversità? E lo sa che in questo gruppo, in prima fila, c'è proprio chi soffre di anoressia, di obesità e gli hikikomori, cioè quelli che non escono mai di casa perché non si sentono in grado di stare nel mondo?

Signora Meloni, io sono padre, sono uomo e sono psicoterapeuta, e vorrei un mondo dove le diversità siano rispettate e non disprezzate. I miei pazienti, come i miei amici, sono tutti uno diverso dall'altro e non esistono cure psicologiche valide per tutti nello stesso modo. Anche gli psicofarmaci, gli antidepressivi e gli ansiolitici, hanno effetti diversi se assunti da persone diverse.

Quindi, per piacere, diamo allo sport il valore positivo che ha, ma salviamo il diritto di ciascuno di essere amato e rispettato per quello che è, altrimenti non c'è niente da fare, a lungo andare le famiglie non stanno in piedi.   

mercoledì 24 agosto 2022

11-20 anni: dove si comincia a scoprire se stessi e il mondo

Trasformazioni, vertigini, paure, gioie infinite, scoperte di nuovi mondi, chiusure, aperture, incertezze, dubbi amletici, eccessi... Quanto si potrebbe andare avanti a cercare parole che definiscano questo periodo della vita? Forse la parola che sintetizza tutto è ottovolante, un percorso continuo fatto di discese ardite e risalite...

Si tratta di passare da bambini a giovani adulti attraverso l'acquisizione di una sempre maggiore libertà di movimento spazio-temporale, di conoscenza, accettazione e gestione del proprio corpo, di scoperta della sessualità, di affetti e amori effimeri o profondi, di gratificazioni e frustrazioni, di idealismi puri e senza limiti.

È il tempo degli estremismi, della scoperta del cielo e dell'abisso, dove si prendono le misure dei confini del mondo. Un viaggio in cui si allargano sempre le frontiere, sempre a scoprire cosa c'è aldilà del limite.

Difficilissimo fare i genitori quando i figli sono in questo periodo se non si è stabilito e mantenuto un rapporto di fiducia che in ogni momento può essere messo in discussione, bisogna mettere una quantità giusta di elasticità nelle quotidiane trattative, che non sia né poca nè troppa.

I genitori devono ricordarsi di quando erano giovani loro, di quanto hanno sofferto per la sensazione di non essere compresi dai loro genitori, per essere stati tenuti troppo reclusi o, al contrario, troppo abbandonati a se stessi.

Soprattutto è necessario dialogare coi figli senza la presunzione di avere tutte le verità in tasca, ricordandosi sempre che il mondo nel quale essi vivono è spesso profondamente diverso  da quello in cui hanno vissuto da giovani i genitori. 

E' fondamentale chiedere ai figli il più spesso possibile cosa ne pensano loro di ogni argomento di cui si parla, fare loro capire che ci interessa davvero il loro punto di vista e soprattutto dare valore a ciò che pensano anche quando non si è d'accordo con loro.

Ricordiamoci che gli adolescenti sono alle prese con problemi nuovi, con scelte mai fatte prima e possono sbagliare, così come a volte può capitare a noi.

Il problema fondamentale non è che sbaglino, è evitare che si chiudano al dialogo con noi, è far loro sentire che anche se hanno fatto qualche errore possono cercare il nostro aiuto per uscire dai guai senza il timore di essere giudicati e condannati senza pietà.

Se si riesce a fare ciò è difficile che i ragazzi arrivino a trovarsi in situazioni irreparabili.

Spesso chi ha figli piccoli, se pensa a quando saranno adolescenti, teme il loro futuro incontro con la droga o il sesso. Ma non è della droga e del sesso in sé che bisogna temere, ma della testa che avranno i ragazzi. Sarà importante che si vogliano sufficientemente bene e non si buttino via, che abbiano cura di sè e diano valore a se stessi e agli altri, ma tutte queste cose tanto più ci saranno quanto più bene gli abbiamo voluto e fatto sentire noi fin da piccoli, indipendentemente dalle loro performances.

Inoltre, fondamentale è il rapporto di fiducia che si è costruito con loro nei primi dieci anni perché i cambiamenti negativi non accadono mai improvvisamente, ma sono sempre la conseguenza di come si è cresciuti prima.

E se si percepiscono dei problemi è molto importante affrontarli quando iniziano a manifestarsi; non si può solo sperare che le cose si aggiusteranno da sole, bisogna provare a fare qualcosa fin da subito perchè più ci si allontana dalla strada giusta, più si fa fatica a ritornare indietro.

Concludendo, diciamo che a vent'anni si dovrebbe avere qualche idea sugli studi, i lavori e gli hobbies che interessano di più, si dovrebbe cominciare a pensare che il periodo delle esperienze tumultuose è finito e che si deve cominciare a gettare le basi per il proprio futuro, che le canne e le droghe non sono la strada maestra,  che le relazioni amicali e amorose possono avere una consistenza profonda, che il fatto che il mondo ci sembri brutto non è un valido motivo per gettare la spugna.

C'è ancora tempo davanti, ma la direzione della vita cambia, dalla libera e pura scoperta del mondo tipica dell'adolescenza, alla ricerca e creazione del proprio modo autentico di stare al mondo, l'inizio della creazione del proprio futuro senza preoccuparsi troppo se ci sono ancora molti punti oscuri. L'importante è avere voglia di chiarirli e acquisire sempre più certezze, dedicando alla crescita delle proprie consapevolezze tutto il tempo che sarà necessario.

(2 - continua)

mercoledì 10 agosto 2022

0-10 anni: dove si gettano le basi dell'esistenza

Inizia con questo una serie di dieci post con la quale, se ci riuscirò, intendo cercare di realizzare una missione impossibile, quasi un esercizio di stile: concentrare in poche righe l'essenza dei temi, delle problematiche e degli snodi fondamentali che caratterizzano, decennio dopo decennio, la nostra vita. L'ispirazione nasce dalla mia esperienza personale e dai racconti dei miei pazienti. E' una specie di fenomenologia concentrata di ciò che di umanamente più importante ci può accadere da quando nasciamo fino all'ultimo dei nostri giorni, visto in un ottica evolutiva. Credo che sia importante poter avere uno sguardo d'insieme sulla vita, dall'inizio alla fine, per abituarci a considerarla una esperienza unica nella sua totalità, non frammentata, in cui ogni frazione temporale, pur avendo una sua peculiare specificità, è connessa con tutte le altre per realizzare un tutto che ha senso solo se considerato nel suo complesso, come una partita di calcio, nella quale si può fare o subire un goal anche all'ultimo minuto. 

Ovviamente questo progetto è limitatissimo e non pretende di essere esaustivo, raggiungerà il suo senso se riuscirà ad essere spunto per qualche riflessione ulteriore da parte di chi legge. Mi raccomando: nessuno si senta colpevolizzato da ciò che scriverò; io parto sempre dall'idea che ciascuno fa sempre tutto quello che può nella sua vita, quindi cerco sempre di fare critiche e autocritiche costruttive e non distruttive. Se avete qualche altro tema che non ho citato e che ritenete importante, scrivetelo nei commenti.

Detto questo, cominciamo col decennio che va da 0 a 10 anni.

 Il periodo che va dalla nascita ai dieci anni è di gran lunga il più importante nella formazione della nostra personalità, la base della nostra salute mentale futura. 

Nei primi anni di vita iniziamo a renderci conto della nostra identità ma le nostre convinzioni al riguardo sono per la maggior parte condizionate da come ci vedono gli altri. 

Quando nasciamo siamo inconsapevoli di tutto, anche del nostro corpo e quasi tutto ciò che impariamo della nostra identità ci deriva inizialmente da come ci definiscono gli altri, soprattutto i genitori.

I genitori possono riconoscerci, accettarci e amarci per quello che siamo aiutandoci a farci crescere consapevoli della nostra identità oppure possono non capire le motivazioni di certi nostri comportamenti e giudicarci in modo sbagliato. 

A volte possono anche cercare di farci diventare quello che loro pensano che sia buono e giusto per noi, ma che magari non è proprio ciò che ci corrisponde e di cui abbiamo bisogno. 

Da questo mancato riconoscimento della nostra autenticità possono derivare difficoltà a volte insuperabili, che determinano in negativo tutta la nostra vita. La disperata ricerca di qualcuno che ci accetti e ci ami per quello che siamo, compresi i nostri difetti, è il prezzo che a volte si paga per questa mancanza.

Molte persone lottano per buona parte della propria vita per trovare una consapevolezza di sé mai conosciuta: qualcuno a fatica ci riesce, altri purtroppo no.

Può sembrare impossibile, ma quando i genitori pensano e ti dicono sempre, fin da piccolo, che tu non sei mica normale o che sei matto, va a finire che tu ci credi davvero, ti identifichi con questo giudizio e per tutta la vita non riesci a modificarlo, perché fuggi dai rapporti con gli altri: hai sempre paura che loro si rendano conto che non sei normale.

L'affetto e l'amore per i figli consistono fondamentalmente nell'intuire e accettare la loro autentica diversità da noi o da ciò che vorremmo che fossero.

Si può soffrire terribilmente nel non essere riconosciuti o nell'essere sminuiti o svalutati proprio dalle persone più importanti che dovrebbero aiutarci e sostenerci. 

Assai problematica è anche la situazione opposta, quella in cui i figli vengono apprezzati e lodati in continuazione,  facendoli sentire degli esseri speciali superiori a tutti, perché prima o poi il loro rapporto col mondo reale e con le inevitabili difficoltà della vita sarà intollerabile.

In sintesi, a dieci anni un bambino dovrebbe essere sufficientemente e serenamente consapevole non solo di essere una persona che ha una sua individualità che è degna di rispetto come quella di tutti gli altri, ma anche che i genitori gli vogliono davvero bene, che può fidarsi di loro, che la vita è sufficientemente interessante e che ampliare ogni giorno il proprio patrimonio di conoscenze ed esperienze può essere un'avventura  attraente. Nella misura in cui ciò si realizza si è pronti per affrontare nel migliore dei modi il decennio successivo che, di tutti, è il più trasformativo, turbolento, misterioso, pericoloso e potenzialmente ricco di nuove scoperte, di drammi e di gioie.

(1 - continua)

venerdì 1 luglio 2022

l'ospedale psichiatrico

Sono stato a visitare un ospedale psichiatrico, il reparto dei malati più gravi.

C'era uno che credeva di essere lo zar Nicola di Russia  e diceva a uno che stava seduto tranquillamente sulla sua sedia, che gli avrebbe tirato delle bombe e dei missili addosso se non gli dava una sigaretta o un euro per andare a comprarsele.

Un altro, che credeva di essere il Presidente degli Stati Uniti, urlando gli rispondeva che, se solo ci provava, gli avrebbe tirato una bomba atomica in testa e l'avrebbe distrutto.

La maggior parte dei matti guardava cosa stava succedendo ma non capiva il perchè di tutta questa confusione e non sapeva cosa fare.

Parecchi matti cominciarono però a rumoreggiare e ad agitarsi, facendo il tifo per uno dei due contendenti. Alcuni cercavano dei coltelli o delle forchette da dare al matto aggredito perchè si difendesse. Uno, che credeva di essere uno scienziato, disse che andava a creare un virus in laboratorio e che li avrebbe contagiati entrambi.  Insomma, la situazione rischiava seriamente di degenerare, così gli infermieri, soffiando forte nei loro fischietti, presero quelli più esagitati, li portarono via e la calma venne faticosamente ristabilita.

Esistono gli ospedali psichiatrici dove vengono ricoverati i matti e noi, che ci riteniamo sani, possiamo vivere fuori e sentirci liberi e sani. Ma siamo sicuri che sia sempre così?

Qui sotto il link a una delle prime, struggenti, canzoni di Roberto Vecchioni dal titolo I pazzi sono fuori.

https://www.youtube.com/watch?v=YvtKuqOgs48


sabato 25 giugno 2022

perdersi e ritrovarsi

 


A volte mi chiedo perchè sia così facile perdersi di vista, come sia possibile che, senza rendercene conto, giorno dopo giorno, ci possiamo allontanare così tanto da noi stessi. 

Come fossimo un treno che, giunto ad uno scambio, imbocca un binario sbagliato che lo porta sempre più lontano dal suo itinerario naturale.

Eppure, dopo un po', dovremmo accorgerci che il panorama che vediamo dal finestrino non è quello che ci appartiene, che ci è estraneo.

Perché allora non scendiamo dal treno subito alla prima stazione e non cerchiamo di riprendere la giusta direzione?

Forse la pigrizia? 

Forse pensiamo che non è possibile cambiare treno e ci abbandoniamo a un destino che non è il nostro?

O forse perché abbiamo la tentazione di tornare indietro come i salmoni, invece di andare sempre avanti? 

In realtà non conviene cercare di tornare indietro, perché prima o poi l'energia vitale non scorrerebbe più dentro di noi e si ingolferebbe, facendoci sentire in una strada senza uscita.

Per fortuna, alle volte ci guardiamo dentro e ci chiediamo chi siamo davvero e dove vogliamo cercare di dirigere la nostra vita per sentirci ancora vivi.

Allora abbiamo la possibilità di ritrovarci, di recuperare il piacere di vivere e il senso della nostra esistenza.

Le parti di noi che si erano allontanate andando in direzioni diverse e perdendosi di vista si ricongiungono, cosicchè ci sentiamo tutt'uno con noi stessi e sopraggiunge la certezza della direzione verso cui è bene dirigersi.




domenica 19 giugno 2022

Alla vita: la fatica di cambiare

 Alla vita è un film molto bello, direi imperdibile, perchè lascia dentro qualcosa di importante che difficilmente si cancellerà. 

Il titolo è azzeccatissimo perché il film è veramente un inno alla vita, intesa come spinta a ricercare la propria essenza più vera e naturale.

Se almeno una volta nella vita avete sofferto profondamente perché vivevate una situazione esistenziale inadeguata che vi faceva stare malissimo ma non avevate il coraggio di cambiare strada, andate a vedere questo film. Solidarizzerete con la giovane protagonista che appartiene a una famiglia di ebrei ultraortodossi e sente che non riesce a stare più dentro a quel mondo fatto di regole troppo rigide e cerca di vincere la paura di uscirne per diventare libera di vivere a modo suo.

Bellissima la fotografia, la sceneggiatura e, soprattutto, la delicatezza assoluta con cui il tema è trattato. Ci si immedesima facilmente con la voglia di libertà, di poter essere se stessi dei due protagonisti e si sente tutto il peso della fatica che serve per ottenere questo cambiamento.

Due frasi memorabili nel film: la mamma che risponde al bambino che le chiede del futuro: ti metterai in cammino per andare verso te stesso e l'altra: essere diversi spesso significa essere se stessi.

Ultima notazione: un critico ha scritto che il film ha il difetto, soprattutto all'inizio, di essere molto lento.  Non è vero. Il problema è che non siamo più abituati a concepire il fatto che i cambiamenti radicali richiedono tempo e fatica, siamo abituati a credere scioccamente che tutto possa cambiare in poco tempo e con poca fatica, ma non è  vero! Non si può lavorare su cose profonde con fretta e superficialità. 


lunedì 13 giugno 2022

qualcosa di unico, qualcosa di nuovo

Cosa si può dire che non sia già stato detto?

Forse quello che si prova sul momento, quello che si sente dentro guardando una persona o un luogo di natura, ascoltando una musica, leggendo un libro o una notizia, riflettendo o lasciando vagare liberamente i nostri pensieri.

Forse noi siamo una poesia quando ascoltiamo le emozioni, i sentimenti veri e profondi che qualcosa ci comunica, quando possiamo dire che un pensiero, uno stato d'animo o un dubbio sono nostri fino in fondo, perché in essi ci riconosciamo in pieno.

Ascoltandoci sinceramente possiamo scoprire anche quello che non ci siamo mai detti, quello che abbiamo sempre tenuto nascosto a noi stessi per il timore di scoprire qualche scomoda verità.

Facciamo esperienza del nuovo solo se manteniamo sempre lo stato d'animo dell'esploratore, come se fosse sempre la prima volta che facciamo una cosa, anche se l'abbiamo vissuta mille volte.

Si può stare in relazione con la stessa persona per anni, ogni giorno vivendo un'esperienza nuova mentre si fanno le stesse cose, così come per un bambino è sempre nuovo alla stazione attendere e poi vedere sfrecciare davanti a sé un treno, sapendo che gli toglierà il respiro e gli scompiglierà i capelli come altri treni che sono già passati, ma quel treno, in quel momento, sarà diverso da tutti gli altri.

Al contrario, si può cambiare cento volte partner ma ripetere meccanicamente sempre lo stesso copione se il sentimento non è nuovo e non conferisce unicità ai gesti che si compiono. 

Ricordo un mio conoscente, che riusciva a sedurre con facilità molte donne e che una volta mi disse una frase tra le più terribili,  tristi e desolanti che io abbia mai udito: "Riesco a conquistare molte donne ma, cosa vuoi, l'unica cosa che davvero cambia ogni volta è soltanto il colore delle mutandine".

martedì 24 maggio 2022

possibile/impossibile

Non credo di esagerare se dico che il mio lavoro consiste (quando va bene) nel trasformare qualcosa che sembrava impossibile in qualcosa che, giorno dopo giorno, si rivela sempre più possibile.

Queste due categorie dell'esistenza mi hanno sempre affascinato. Quando ero poco più che bambino mio padre mi aveva soprannominato "l'avvocato delle cause perse" perchè, se ero convinto di una cosa, andavo avanti a sostenerla fino allo sfinimento (dell'altro). Ci mettevo tutto me stesso, non mi risparmiavo, con una forza che mi veniva dal credere fermissimamente in ciò che sostenevo (a volte difendevo nello stesso modo anche le mie bugie per non essere sgridato!). 

A distanza di più di mezzo secolo devo ammettere che l'appellativo che mi aveva dato mio padre, oggi mi calza a pennello, perchè quando, per quello che riesco a intravvedere, mi convinco che un paziente potrà stare meglio al mondo ed essere più felice (non so mai con certezza se di poco poco o di moltissimo), mi butto a difendere anche quella che apparentemente potrebbe sembrare una causa persa.

Molte psicopatologie ruotano intorno alla coppia di opposti possibile-impossibile. Gli esempi sono semplici, persino banali: un depresso spesso vorrebbe essere o fare qualcosa che non gli riesce, che sembra impossibile per lui; gli attacchi di panico quasi sempre vengono quando si dovrebbe/vorrebbe cambiare qualcosa di molto importante nella propria vita, ma si ha tantissima paura che non ci si riuscirà; il narcisista è impossibilitato ad amare perchè, invece di prendersi cura dell'altro, l'unica cosa che riesce a fare è creare continuamente interesse intorno a se stesso senza costruire mai rapporti affettivi profondi e duraturi.

Per cercare di trasformare l'impossibile in possibile bisogna crederci fino in fondo, mantenere alta la motivazione, con la ragione e il sentimento. Bisogna non dare retta alla statistica. Se una cosa è andata male nove volte, alla decima può andare bene. Spes ultima dea, la speranza è l'ultima dea, dicevano i romani. Ecco, forse il segreto per riuscire sta nell'immaginare che l'impossibile possa accadere anche all'ultimo istante disponibile, non per magia, ma perchè nessuno realmente sa come andranno le cose tra un minuto. E se vuoi una cosa con tutto il tuo essere, fino alla parte più profonda e interiore di te e sei realmente pronto per realizzarla, riuscirai a far uscire da te un'energia talmente forte che quella cosa avrà buone possibilità di realizzarsi e questo, con mia rinnovata sorpresa, l'ho visto accadere tantissime volte. 

Per trasformare l'impossibile in possibile bisogna far andare d'accordo la ragione con l'utopia, bisogna accettare quella terra di mezzo dove i contrari si relazionano tra di loro, dove l'incertezza è sovrana, il fallimento è una possibilità e la sicurezza non esiste: in una parola, bisogna accettare la vita. 

Per cambiare le cose bisogna mettersi in viaggio ed essere aperti ai cambiamenti. 

Spesso dove cerchi Dio non lo trovi, Egli si manifesta in luoghi imprevedibili scriveva Euripide. 

Più semplicemente, ai giorni nostri, Steve Jobs suggeriva: siate affamati, siate folli, e in effetti credo che nessuno possa dire a priori, con totale sicurezza, che una cosa sarà davvero possibile o impossibile.

Quindi, se volete rimanere davvero vivi, non siate troppo unilaterali e non cercate di controllare tutto, fate stare insieme amichevolmente possibile e impossibile, come anche tutte le altre coppie di contrari,  così realizzerete una sorta di equilibrio dinamico e non rischierete di cadere nella routine e nella noia esistenziale.


 

giovedì 21 aprile 2022

un foglio bianco


Cosa stai aspettando, foglio bianco
che mi guardi in silenzio,
chiedendomi di agire?
Cosa ti aspetti da me,
cosa vorresti che scrivessi?
Tu ti accontenti di qualsiasi cosa, 
di un disegno, di un pensiero,
di uno scarabocchio colorato, una poesia.
Ma io sono diverso da te,
io voglio scrivere qualcosa che abbia senso,
qualcosa che serva a qualcuno,
qualcosa che arricchisca chi mi legge
e che lo faccia pensare.
Ma oggi non sono in vena,
oggi sono stanco e non riesco a creare nulla.
Però, mentre ti parlo,
mi viene in mente che tu sei un po' come la vita,
i giorni come tanti fogli bianchi
a nostra disposizione per lasciare delle tracce,
per raccontare chi siamo, cosa sentiamo, cosa pensiamo,
Per far sapere a chi si imbatterà nei nostri scritti, 
nei nostri disegni o nelle persone 
che ci hanno conosciuto,
che siamo esistiti davvero,
che abbiamo pensato con la nostra testa,
che abbiamo tentato di dare un contributo
al mondo, raccontando di noi,
perchè così ci andava di fare.
Noi abbiamo sognato un mondo dove le persone 
si potessero incontrare e parlare liberamente,
rispettandosi 
e dandosi fiducia l'uno con l'altro,
un mondo di pace, amore e libertà,
come si diceva una volta, tanto tempo fa.
Ma niente è facile e duraturo,
tutto si trasforma facilmente in slogan,
rischia di diventare superficiale 
e di perdere il suo vero senso e il contenuto.
Comunque è meglio che scriviamo qualcosa,
qualcosa di vero, però,
per non diventare anche noi come te,
foglio bianco, che contieni tutte le possibilità
ma non ne realizzi mai nemmeno una.

(Nella foto in alto una possibilità 
che ho contribuito a realizzare 22 anni fa)