martedì 29 giugno 2021

fare la pace con noi stessi

 

La nostra vita scorre tra due sentimenti opposti: l'impotenza e l'onnipotenza.
A volte uno dei due ci possiede e ci ritroviamo a pensare che non riusciamo a fare nulla di buono oppure che possiamo compiere imprese impossibili.
Spesso questi due opposti stati d'animo si manifestano uno dopo l'altro, per cui ci sentiamo onnipotenti e ci avventuriamo in progetti che poi non riusciamo a portare a compimento, dopodichè il nostro umore vira verso il nero della depressione, della svalorizzazione di sè, della perdita di autostima.
La cosa veramente importante è, momento per momento, conoscere abbastanza bene le nostre forze e le nostre capacità, per percorrere quei sentieri della vita che sono alla nostra portata, così come in montagna sarebbe assurdo che un escursionista non troppo esperto si avventurasse in ferrate o arrampicate difficili e pericolose.
La domanda è: perchè non ci accettiamo così come siamo, coi nostri pregi e difetti? Perchè non ci amiamo per ciò che siamo veramente? Perchè dobbiamo sempre dimostrarci di essere migliori di ciò che siamo per volerci bene?
La risposta spesso è che non siamo stati apprezzati a sufficienza da un genitore o da tutti e due e, senza rendercene conto, passiamo la vita a cercare di essere sempre migliori per cercare di ottenere dagli altri quell'approvazione, quell'apprezzamento che ci è mancato quando eravamo più piccoli e del quale soffriamo ancora la mancanza.
E' una specie di condanna che ci portiamo dentro e che non ha mai fine se non la stoppiamo.
Fare la pace con noi stessi, accettarci per ciò che siamo veramente, è il frutto di una presa di posizione interiore affettiva ed emotiva, di un cambiamento di rotta, che ci porta a riconoscere che nessuno, nemmeno i nostri genitori, ha il diritto di dirci come dobbiamo diventare per essere degni di essere amati, oppure di farci sentire in colpa se non facciamo quello che loro ritengono giusto.
Il chè significa rivendicare a noi stessi il diritto ad esistere in base a ciò che sentiamo e crediamo vero: un'assunzione di responsabilità verso noi stessi che costituisce la differenza tra il bambino dipendente dai genitori e l'adulto libero e autonomo.  

venerdì 11 giugno 2021

perdere l'orientamento


Viviamo immersi in una società che ci inonda di stimoli visivi e uditivi. Nella vita quotidiana ciascuno di noi vive in mezzo a vetrine di negozi, manifesti pubblicitari, insegne luminose, musica di sottofondo spesso ad alto volume, mezzi pubblici affollati con passeggeri che parlano ad alta voce, supermercati chiassosi in cui passiamo ore in mezzo all'affollamento e al rumore. Ci abbiamo fatto talmente l'abitudine che lo diamo per scontato e non ci passa per la testa che questo modo di vivere può avere una grande influenza su di noi. Nei piccoli paesini immersi nella natura si ha ancora la possibilità di trovare facilmente situazioni di pace e silenzio nonchè di contatto con la natura, che permettono di non avere così tanti richiami che ci distraggono dal contatto con noi stessi. 
Queste considerazioni mi sembrano importanti rispetto alla grande difficoltà che le persone spesso hanno nell'essere consapevoli di che cosa vogliono o desiderano davvero, di che cosa è davvero buono e nutriente per loro.
Quando chiedo a qualcuno cosa senta o desideri davvero, spesso mi capita di sentirmi rispondere "non lo so". Il fatto è che per sapere cosa si vuole veramente è necessario passare un po' di tempo ad ascoltarsi, a cercare di riconoscere la propria identità, ma come si fa se ci si trascura e si incanala la propria vita solo in base agli stimoli che vengono dall'esterno? Questo si chiama condizionamento e se è abituale diventa perdita del contatto con se stessi. Si diventa disabituati ad ascoltarsi e si può arrivare a non sapere più chi si è veramente. Si perde il contatto col proprio sentire, con quelli che sono i propri valori, il proprio bene, si perde la consapevolezza di cosa è davvero importante per noi.
Ovviamente non si può non vivere nel mondo, ma obbligarsi a passare un po' di tempo con noi stessi, come ci si obbliga ad andare in palestra o in piscina o a correre, questo dovremmo cercare di farlo, perchè il rischio è quello di perdere la bussola, di non avere più una stella polare che ci indichi il cammino, il nostro modo autentico di vivere.
 

mercoledì 2 giugno 2021

l'importanza delle immagini e dei simboli nella psiche, nella pubblicità e in politica

 

J.W.Waterhouse: Psiche (1903)

La psiche si manifesta attraverso le immagini dei sogni, che a volte sono precise perfino nei dettagli, altre volte sono confuse e poco chiare.

Al risveglio dopo un sogno, le domande che si possono fare sono: perchè proprio queste immagini? Perché questi dettagli? Perché questa particolare combinazione di elementi e non una diversa? Perchè lo spazio e il tempo spesso non sono rispettati? Il dialogo con le immagini dei sogni comincia necessariamente dal ricordo preciso delle immagini sognate per poi lasciarle risuonare emotivamente dentro di noi.
Mentre Freud tendeva ad interpretare l'inconscio quasi esclusivamente in chiave sessuale, Jung, introducendo il concetto di realtà della psiche, ci ha insegnato ad ascoltare le immagini e a lasciare che esse agiscano su di noi emotivamente, facendoci venire in mente associazioni e collegamenti nuovi: chiamò questo metodo di lavoro amplificazione. Egli diede la massima importanza alla risonanza emotiva che le immagini hanno su di noi. Elaborò la teoria dei complessi (nome che divenne poi di moda), che egli definì complessi a tonalità affettiva, rimarcando l'importanza del sentire nell'accostarsi alla nostra interiorità.
Le immagini che lo colpivano di più erano quelle che mettevano insieme due o più elementi, che nella realtà diurna non stavano o non potevano stare insieme: pensò che se la psiche creava una immagine particolare, ci doveva essere un motivo, una spiegazione speciale. Il valore poetico della psiche nasce dal suo linguaggio immaginale e simbolico.
Un simbolo è per Jung l'immagine più idonea che l'inconscio riesce a trovare per comunicarci qualcosa di importante.
Faccio un esempio.
Tantissimi anni fa ricordai un sogno importante. Avevo allora una relazione che si protraeva un po' stancamente e mi interrogavo sulla bontà di quel rapporto. Una notte sognai che a terra, sulla strada che conduceva alla casa dove abitavo insieme alla mia compagna, c'era un documento abbandonato. Mi chinai, lo raccolsi e vidi, con mio grande stupore, che era il mio libretto della pensione, con tanto di foto (allora avevo circa 25 anni). Quando mi svegliai mi venne spontaneo associare quella relazione che procedeva stancamente all'immagine del libretto della pensione, come se il sogno mi avesse voluto dire che con quella donna, in quella casa, stavo facendo una vita da pensionato, nonostante avessi 25 anni. Un po' lo sapevo già che quella relazione era un po' spenta, ma il poter vedere concretamente in sogno il libretto della pensione fu decisivo: mi diede il coraggio per affrontare la situazione. Compresi che il libretto della pensione era un simbolo che alludeva al rapporto.
Per i greci sunbolon era il nome di una tavoletta che veniva spezzata in due parti quando una persona doveva intraprendere un lungo viaggio: una parte la teneva chi partiva e l'altra parte la conservava chi restava, così nel periodo di lontananza, ciascuno dei due, guardando la propria parte di tavoletta, pensava all'altro che aveva la parte mancante. Simbolo quindi è una immagine concreta che allude, rimanda, fa venire in mente qualcosa di importante e collegato.
Le immagini hanno una forza emotiva molto superiore a quella delle parole e bene lo sanno i pubblicitari e gli uomini pubblici, che di immagini vivono e che curano meticolosamente sia la propria immagine pubblica sia quella dei prodotti che desiderano vendere.
Le immagini sono potentissime perchè entrano dentro di noi e arrivano a toccare la sfera dei nostri sentimenti; non è un caso se ancora ci ricordiamo quella volta in cui Berlusconi, seduto davanti a una scrivania vicino a Bruno Vespa,  firmò il patto con gli italiani nel 2001: una scena destinata a rimanere a lungo nella nostra memoria, sicuramente un escamotage pubblicitario e simbolico di fortissimo impatto, che è entrata nella psiche degli italiani proprio come la famiglia del Mulino Bianco o l'uomo che non deve chiedere mai, coi loro richiami emotivi e affettivi.
Le forze politiche che non riescono a offrire simboli e immagini simboliche significative e profonde agli elettori hanno scarse possibilità di avere successo, proprio come i prodotti che non possono fare pubblicità.