domenica 26 settembre 2021

morte e rinascita

 

Paul Gauguin: Autoritratto col Cristo giallo

L'immagine di Gesù crocifisso ci presenta un essere umano appeso a una croce. Non può muoversi, non può fare nulla, può solo soffrire. Viene abbandonato anche dal Padre, che non risponde al suo grido di dolore. Credo che molti di noi si siano sentiti qualche volta nella vita in una situazione simile a questa: non si può fare niente, si è bloccati, inchiodati alla propria sofferenza. Si può solo morire, ma dopo, si può rinascere?

Io credo che molte volte la risposta possa essere sì, a patto che si comprenda che quella morte non è la fine definitiva di sè stessi, ma di quel modo di essere che ci ha portato in quella situazione senza via d'uscita. Se si riesce a relativizzare la morte, allora può essere possibile immaginare che, se riusciremo a cambiare qualcosa del nostro essere o agire che ci ha portato in quel vicolo cieco, la rinascita sarà possibile, anche se faticosa e lenta.
Mi ha sempre colpito constatare che spesso chi ha paura della morte ha anche paura della vita, mentre chi vive la vita senza troppa paura di affrontare dei cambiamenti, anche importanti, è talmente impegnato nel cercare di superare le piccole morti quotidiane modificando il proprio modo di stare al mondo, che alla morte definitiva e ultima non ha nemmeno tempo nè voglia di pensare, come se fosse una perdita di tempo e di energie inutile.

Spesso sono gli altri che ci mettono in croce, ma non è mai un problema così grave come quando in croce ci mettiamo noi stessi e questo può accadere quando ci dimentichiamo completamente di ciò che siamo veramente, quando smettiamo di pensare che ciò che siamo nella nostra totalità è comunque un valore e ha senso in sè e per sè.
Noi siamo il nostro corpo, la nostra mente, il nostro spirito, i nostri valori, ciò che immaginiamo o fantastichiamo, le cose in cui crediamo profondamente, il nostro modo di vedere la vita, e in quanto tali abbiamo senso e diritto di esistere, anche se gli altri non ce lo riconoscono.
La nostra morte comincia quando rinunciamo a ciò che sentiamo di essere, o quando rinneghiamo i dubbi, le insicurezze, le incertezze e gli errori eventualmente commessi.
La rinascita incomincia quando accogliamo e diamo valore alle nostre verità (e anche avere un'insicurezza o un dubbio può essere una verità) e ci proponiamo di esserne sempre più consapevoli, sentendo la nostra unicità come un valore, la nostra vita come una serie continua di nuove conoscenze ed esperienze, di piccole morti e successive rinascite, cioè di trasformazioni.
Non per vincere, per arrivare primi o per essere i più bravi e i più belli, ma per essere solamente e sempre ciò che autenticamente siamo. 

7 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

Darsi la croce addosso è figlio delle depressione, ma anche questa è valutabile, circoscrivibile, addomesticabile in un certo senso. Dobbiamo guardarci obiettivamente. Da fuori. Comprendendo le nostre mancanze come le vedono gli altri (come sottolinei dubbi e insicurezze si depotenziano nel momento in cui le cataloghiamo e le definiamo, le riconosciamo), senza negarle. Ci si trasforma e questo è il favore più grande che possiamo fare, a noi e a chi abbiamo incontro.
Poi c'è l'altro lato, quello dei narcisisti e dei fenomeni. Quelli che ci si crogiolano nel loro Io. Ma è un altro capitolo.

Annamaria ha detto...

Concordo in pieno, anche sul fatto che le croci peggiori ce le addossiamo da soli. E come scrive Franco qui sopra, dovremmo guardarci da fuori. Può essere la soluzione per ridimensionarci e magari imparare a sorridere un po' di noi stessi.
Grazie!

alberto bertow marabello ha detto...

Credo di essere rinato 2 o 3 volte. Il brutto di rinascere è che bisogna necessariamente morire il ché non è proprio, proprio a gratis.
Ma il dolore può insegnare davvero tanto se sappiamo essere alunni aperti

giorgio giorgi ha detto...

@tutti: se il nostro corpo è in continua trasformazione, perché la nostra interiorità dovrebbe essere immodificabile? Mentre il nostro corpo prima cresce e poi lentamente decade, la nostra consapevolezza di ciò che siamo può crescere sempre e ciò può rendere piena di senso la nostra seconda metà della vita. Più scopriamo tessere del puzzle che siamo, più possiamo vivere in modo sincero e consapevole e dare il nostro autentico contributo al mondo in cui viviamo.

Maria D'Asaro ha detto...

Grazie di queste riflessioni che condivido pienamente.

Giulia Lu Mancini ha detto...

La croce ce la costruiamo da soli, capita sovente, ma gli altri contribuiscono parecchio, almeno nel mio caso è successo così, io cercavo di corrispondere alle aspettative degli altri, genitori, sorelle, marito, colleghi e amici. Ero infelice e ho sfiorato la depressione, ne sono uscita quando ho finalmente deciso di essere me stessa, seguendo quello che desideravo io e non quello che gli altri si aspettavano da me.
Non è stato un passaggio facile però, é costato dolore e lacrime.

giorgio giorgi ha detto...

@giulia: crescere non è mai facile, bisogna sempre passare attraverso pertugi stretti che all'inizio sembrano quasi impossibili da superare.
Ma quando alla fine compare la luce in fondo al tunnel, la soddisfazione è grande e ci si rende conto con gioia che non si tornerà mai più indietro.