Fin da piccolo gli avevano detto che il senso della vita consiste nel salire più in alto possibile, vincendo la concorrenza degli altri.
Così, quando camminando trovò una scala che saliva diritta verso il cielo, non esitò ad afferrarla e cominciò ad arrampicarsi con gioiosa energia.
Gradino dopo gradino si innalzava sempre più dalla terra e più saliva, più era felice.
Provava la piacevole ebbrezza di fare qualcosa di bello e di buono, qualcosa che tutti gli altri approvavano e avrebbero desiderato fare.
Vedeva che intorno a lui c'erano molte altre scale con altri arrampicatori, ma lui era davvero veloce nel salire, mentre gli altri rimanevano inesorabilmente più in basso. Questa consapevolezza lo rendeva felice, perché si rendeva conto di essere migliore, più capace degli altri.
Negli anni era salito così in alto che pochi avevano raggiunto la sua altezza e la terra era molto, molto più in basso.
Poi un giorno fece una cosa che non aveva mai fatto: si sporse, guardò di sotto ed ebbe un capogiro, sentì la paura di cadere di sotto e si aggrappò con tutta la sua forza alla scala, col cuore che batteva forte, cercando di recuperare la sua freddezza, ma niente ormai era più come prima.
Aveva perso la sua grande sicurezza, aveva vacillato, e le gambe erano percorse da un tremore nuovo, sconosciuto e fastidioso. Il respiro si era fatto corto e un po' ansimante, il cuore sembrava impazzito: aveva paura di cadere di sotto, di schiantarsi, si rese conto che era salito tanto in alto che una caduta improvvisa gli sarebbe stata fatale.
Così si ritrovò nel dubbio: una parte di lui voleva restare in alto, a godersi i meriti della posizione di privilegio che si era guadagnato con la sua capacità di scalatore, mentre un'altra parte gli faceva intendere che sarebbe stato meglio scendere gradualmente verso il basso.
Guardava giù e pensava a come stavano bene quelli che erano in basso, sulla terra, loro sì che potevano muoversi tranquillamente senza correre il rischio di precipitare.
Lui rimase lì, fermo, bloccato, con gli occhi chiusi, incapace sia di salire che di scendere, con le mani che stringevano con forza quella scala che aveva salito con tanto slancio e tanta felicità per tutta la sua vita.
24 commenti:
Un autentico attacco di panico; terribile.
sinforosa
Ma continua vero?
Attendo il seguito. Ciao Giorgio. 😘
Esatto! Complimenti per la diagnosi!!!
Il seguito potrebbe essere che prende il cell e chiede al suo psicoterapeuta di raggiungerlo!(Presto pubblicherò un post su questo argomento)
Chi troppo in alto sale cade sovente precipitevolissimevolmente
Non ho mai avuto attacchi di panico, la paura però si, il bello della paura, quella che all'istante ti blocca è che dopo , quando è passata, quando pensi all'accaduto realizzi che quel che hai fatto è stato giusto. Non sempre è così ma quando accade mi piace.
Fare le cose giuste fa sempre stare bene, tanto più se hai vinto delle paure per farle!
Chissà perché, dopo così tanto tempo trascorso senza farlo, proprio in quel momento preciso ha deciso di guardare giù?
Sarebbe potuto andare ancora più su, invece proprio in quel punto ha deciso di volgere lo sguardo altrove e quello gli ha cambiato la prospettiva. Un solo momento gli ha potenzialmente cambiato la vita.
Son certa, però, che ad un certo punto arriverà la svolta; non si può rimanere fermi per sempre: o deciderà di vincere la paura o si accontenterà di lasciarla intatta e di scendere.
Ma la cosa bella è che non è detto presto non potrà trovare un'altra scala da salire. Magari con due belle impalcature ai lati che non permettono di farsi venire le vertigini :)
Molta saggezza nel tuo commento! Magari si è fermato perché sono arrivati dei sintomi che l'hanno aiutato a fermarsi un attimo e cercare di diventare più consapevole di cosa davvero era meglio per lui! Una ricerca di autenticità, insomma, tipo chiedersi: ma me fa bene davvero continuare a salire 'sta scala?
Si può continuare a salire, o anche scendere, entrambe le decisione presuppongono un incontro con sé stessi.
Esatto!
Infatti appena letto il post è stata questa la prima risposta che mi sono data. Magari semplicemente si è accorto non era la scala giusta.
D'altronde spesso piccoli e grandi paure altro non sono che il segnale di non essere esattamente dove dovremmo essere. O almeno, questo è quello che penso io. Essere poi in grado di cambiare cammino... Beh, quella si, è un'altra storia :)
Racconto intrigante e inquietante per chi ha paura del vuoto ... Grazie.
Mio caro più che la paura del vuoto si incontra la paura che si percepisce in noi stessi quando le cose , anche positive , accadono con troppa precipitazione. Le scelte veloci spesso intrigano , ma poi ci riportano indietro e questo brusco movimento retrogrado , che avevamo dimenticato salendo sempre in velocità, può portarci, metaforicamente cadendo, in uno stato di totale fallimento!
Abbraccioni
Sono d'accordo. L'eccessiva velocità nel fare delle scelte può sicuramente portare a decisioni errate perché va a scapito della naturalezza. Prenderci il tempo necessario per valutare bene le cose è fondamentale, altrimenti la vita diventa una corsa continua e stressante.
Ciao, è la prima volta che leggo il tuo blog, inutile dire che sono molto curioso di come andrà a finire il racconto (scritto in maniera scorrevole e accattivante, peraltro).
Un saluto,
EM
Mi dispiace deluderti ma non c'è un seguito. Volevo solo descrivere lo stato raggiunto da un mio paziente quando si è reso conto che aveva speso la sua vita sentendosi obbligato a fare l'arrampicatore sociale e per la prima volta se ne accorse!
Si corre con costanza e tenacia verso un obiettivo, poi succede, in qualche momento della vita, che ci si fermi a riflettere: dove sono? È qui che volevo arrivare? Mi rende felice tutto questo?
Così ci si immobilizza nel dubbio e nella consapevolezza di aver percorso già troppa strada per ritornare indietro.
Non è mai tardi per tornare verso di sé. Poi si deciderà come muoversi nel modo migliore possibile nel mondo in base a ciò che si sente e si crede davvero. Ma sarà molto bello poterlo fare, per sé e per gli altri.
"Fin da piccolo gli avevano detto che il senso della vita consiste nel salire più in alto possibile, vincendo la concorrenza degli altri.": in questa frase si trova l'intera interpretazione della storia.
Il suo autore ha inserito all'interno quella visione competitiva e narcisista tipica della società occidentale o comunque di quella società amorale senza valori.
Per me arrivare in alto è semplicemente il raggiungimento di un obiettivo, la fine di un ciclo che ne apre un altro perché siamo in eterna evoluzione e non dobbiamo confrontarci con gli altri in senso negativo, ma solo se e quando è necessaria una collaborazione o quando c'è un legame affettivo.
Per il resto il solo punto di riferimento siamo noi, che dobbiamo maturare in positivo e cambiare pelle a ogni ciclo.
Buona domenica.
Ottimo! Buona domenica anche a te.
Visibilità narcisistica e competitività sfrenata sono i valori oggi imperanti. E pur di raggiungere certi obiettivi, pur di "salire più in alto possibile", spesso si finisce per calpestare gli altri
Purtroppo è così. Gli altri, invece di essere occasione di arricchimento personale sono ostacoli da evitare o superare.
Ho letto il tuo commento, relativo all'apprezzamento della figura di don Cosimo Scordato, su il Punto Quotidiano, giornale con cui collaboro. Ti ringrazio qui perchè in quel contesto non posso rispondere ai commenti. Buona giornata e buon tutto.
Grazie a te!
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