giovedì 22 ottobre 2020

quello che deve starci a cuore...


Vi propongo un brano tratto dal libro "Le piccole virtù" di Natalia Ginzburg. L'ho trovato sul blog Mari da solcare di Maria D'Asaro, che ringrazio sentitamente. Lo posto qui perchè lo scritto della Ginzburg corrisponde esattamente a ciò che penso sull'argomento. Eccovi il testo:

 Quello che deve starci a cuore, nell'educazione, è che nei nostri figli non venga mai meno l'amore alla vita. (...)
E che cos'è la vocazione di un essere umano, se non la più alta espressione del suo amore per la vita? Noi dobbiamo aspettare, accanto a lui, che la sua vocazione si svegli, e prenda corpo. Il suo atteggiamento può assomigliare a quello della talpa o della lucertola, che se ne sta immobile, fingendosi morta: ma in realtà fiuta e spia la traccia dell'insetto, sul quale si getterà con un balzo. Accanto a lui, ma in silenzio e un poco in disparte, noi dobbiamo aspettare lo scatto del suo spirito.
Non dobbiamo pretendere nulla: non dobbiamo chiedere o sperare che sia un genio, un artista, un eroe o un santo; eppure dobbiamo essere disposti a tutto; la nostra attesa e la nostra pazienza deve contenere la possibilità del più alto e del più modesto destino. (...)
Una vocazione è l'unica vera salute e ricchezza dell'uomo. Quali possibilità abbiamo noi di svegliare e stimolare, nei nostri figli, la nascita e lo sviluppo di una vocazione? Non ne abbiamo molte: e tuttavia ne abbiamo forse qualcuna. La nascita e lo sviluppo di una vocazione richiede spazio: spazio e silenzio: il libero silenzio dello spazio. Il rapporto che intercorre fra noi e i nostri figli, dev'essere uno scambio vivo di pensieri e di sentimenti, e tuttavia deve comprendere anche profonde zone di silenzio; dev'essere un rapporto intimo, e tuttavia non mescolarsi violentemente alla loro intimità; dev'essere un giusto equilibrio fra silenzio e parole.
Noi dobbiamo essere importanti, per i nostri figli, e tuttavia non troppo importanti: dobbiamo piacergli un poco, e tuttavia non piacergli troppo: perchè non gli salti in testa di diventare identici a noi, di copiarci nel mestiere che facciamo, di cercare, nei compagni che si scelgono per la vita, la nostra immagine. (...)
E dobbiamo essere là per soccorso, se un soccorso sia necessario; essi debbono sapere che non ci appartengono, ma noi sì apparteniamo a loro, sempre disponibili, presenti nella stanza vicina, pronti a rispondere come sappiamo ad ogni interrogazione possibile, ad ogni richiesta.
E se abbiamo una vocazione noi stessi, se non l'abbiamo tradita, se abbiamo continuato attraverso gli anni ad amarla, a servirla con passione, possiamo tener lontano dal nostro cuore, nell'amore che portiamo ai nostri figli, il senso della proprietà.
Se invece una vocazione non l'abbiamo, o se l'abbiamo abbandonata e tradita, per cinismo o per paura di vivere, o per un malinteso amor paterno, o per qualche piccola virtù che si è installata in noi, allora ci aggrappiamo ai nostri figli come un naufrago al tronco dell'albero, pretendiamo vivacemente da loro che ci restituiscano tutto quanto gli abbiamo dato, che siano assolutamente e senza scampo quali noi li vogliamo, che ottengano dalla vita tutto quanto a noi è mancato; finiamo per chiedere a loro tutto quanto può darci soltanto la nostra vocazione stessa; vogliamo che siano in tutto opera nostra, come se, per averli una volta procreati, potessimo continuare a procrearli lungo la vita intera. Vogliamo che siano in tutto opera nostra, come se si trattasse non di esseri umani, ma di opera dello spirito.
Ma se abbiamo noi stessi una vocazione, se non l'abbiamo rinnegata e tradita, allora possiamo  lasciarli germogliare quietamente fuori di noi, circondati dell'ombra e dello spazio che richiede il germoglio d'una vocazione, il germoglio di un essere. Questa è forse l'unica reale possibilità che abbiamo di riuscir loro di qualche aiuto nella ricerca di una vocazione, avere una vocazione noi stessi, conoscerla, amarla e servirla con passione: perchè l'amore alla vita genera amore alla vita.
                                                         Natalia Ginzburg  


12 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

Non abbiamo figli, e quando leggo queste splendide considerazioni, un po' di malinconia affiora.. ma l'amore e la vocazione devono essere comunque presenti, rivolte al mondo e alla propria compagna di vita, perché l'amore alla vita sia sempre presente.

Er Matassa ha detto...

"La nascita e lo sviluppo di una vocazione richiede spazio: spazio e silenzio: il libero silenzio dello spazio."
È bellissimo il senso del ruolo di genitore racchiuso in queste parole. Spero un giorno, se mai sarà, di saperlo incarnare rettamente.
Un saluto,

EM

Maria D'Asaro ha detto...

Lieta per la condivisione. A mio avviso, gli scritti di Natalia Ginzburg sono preziosi perché fanno luce su aspetti complessi delle relazioni umane. Ho poi un debito con lei per alcuni suoi libri che mi toccano particolarmente... Saluti cordiali.

giorgio giorgi ha detto...

@franco battaglia: ti sono vicino nel momento di malinconia ma anche nella consapevolezza di quanto di sé si può dare al mondo in tanti modi diversi!

giorgio giorgi ha detto...

@valeria: "Ho lasciato che galleggiassero sui loro tronchi...": bellissimo e poetico!

giorgio giorgi ha detto...

@er matassa: credo che sarai un papà molto amato dai tuoi figli...

giorgio giorgi ha detto...

@Maria D'Asaro: grazie ancora per il tuo post!

Paola S. ha detto...

Essere genitori immagino sia bellissimo e terrificante allo stesso tempo. Non è facile per niente guardar scegliere i propri figli con la paura che quella non sia l'opzione giusta per loro. Chissà quante volte si saranno sentiti così i miei genitori? Non me lo sono mai chiesta; non mi sono mai fermata a rifletterci, ho sempre dato per scontato di aver preso una strada che andasse bene anche a loro, che non abbia mai fatto loro paura. Ma chissà se così è stato davvero?
In ogni caso non mi è mai stato detto nulla, anzi. Una volta mio padre, quando ero un po' abbattuta perché finita l'università non ero riuscita a trovare subito qualcosa, mi disse "sta tranquilla, hai ancora tempo per sbagliare".
Adesso io la mia strada l'ho trovata sicuramente, non ho appunto mai ricevuto nessun condizionamento e di questo sarà sempre grata ai miei genitori perché, tra l'altro, conoscendomi, se avessero provato a forzarmi in qualcosa avrei fatto decisamente tutto il contrario solo per dispetto.
E d'altronde, io mi chiedo se sarò in grado di essere lo stesso per i miei figli (sperando di averne, in futuro :)), rigida come sono.
Infine, chiusura di questo commento forse pieno di cose ma anche pieno di nulla: io sono estremamente affascinata, ma affascinata davvero da morire, dal modo in cui una persona fa propria una certa passione; per esempio, non so dire com'è che io ho scelto di fare il mio lavoro invece che un altro. Da dov'è nata questa mia propensione per questa strada e non per l'altra, per dire? Non lo so, una cosa innata... E quella degli altri? Come sei arrivato tu a scegliere il tuo lavoro? Come ti è nata dentro questa vocazione? Questa aspirazione? Non è una cosa super affascinante? Bellissima?

Annamaria ha detto...

E' ricchissimo di spunti di riflessione il testo della Ginzburg.
Io non ho avuto figli e quindi la mia esperienza in questo senso ha dei limiti, ma ho spesso avuto a che fare con adolescenti e giovani, nella scuola e fuori.
Quello che mi pare importante sul piano educativo nel favorire in loro lo sviluppo di una vocazione è un atteggiamento di attenzione e al tempo stesso di discrezione. Devono sapere che ci siamo ma non possiamo essere invadenti. Mano leggera, insomma. E' un gioco sottile quello di dosare la propria presenza, cercando di capire quando è necessaria soprattutto per mettere in evidenza ciò che di positivo vediamo in loro.
Grazie!!!

giorgio giorgi ha detto...

@Paola S.: I rapporti genitori/figli sono tutti diversi, quindi non si può generalizzare. Credo che sia fondamentale percepire i figli, fin da prima che nascano, come esseri umani da conoscere da capo a piedi, in ogni caso diversi da noi, mantenere sempre la curiosità di scoprire come sono davvero aiutandoli ad esprimere le proprie verità, i propri desideri, le proprie inclinazioni, godendo nella misura in cui ci riusciamo.
Credo che questo sia l'atteggiamento interiore di chi ama davvero un'altra persona, non è difficile! Come diceva S. Agostino: "Ama e fa' ciò che vuoi!".
Quanto alla vocazione, io la mia l'ho scoperta attraverso la progressiva conoscenza di me stesso. Sul come fare ovviamente non esiste una ricetta valida per tutti. Credo che aiuti molto arrivare a volersi davvero bene (che, per inciso, aiuta moltissimo a volere davvero bene anche ai figli...).

giorgio giorgi ha detto...

@Annamaria: concordo pienamente!

Giulia Lu Mancini ha detto...

È vero, l'amore alla vita genera l'amore alla vita. Molto bello questo scritto di Natalia Ginzburg