mercoledì 23 gennaio 2013

dopo una separazione

Opera di Anna Maria Verrastro
A causa di una separazione può capitare di essere per la prima volta davvero soli a portare avanti la propria vita, a tenerne tutto il peso sulle proprie braccia.
Prima, si era sempre vissuti in famiglia, coi genitori, con la fidanzata o il fidanzato, con la moglie o il marito, poi il taglio netto: la separazione. Per la prima volta si vive da soli, in un luogo tutto per sé, dove non c'è nessuno che rompe le scatole, ma non c'è nessuno su cui si possa contare o con cui si possa condividere la vita quotidiana.
Ci si deve arrangiare da soli, ci si deve organizzare; si è in presa diretta con la vita, non ci sono mediazioni.
Se ci sono figli, ci saranno problemi, ma anche molta compagnia; se i figli non ci sono, si è proprio soli.
A qualcuno capita che questo cambiamento di vita avvenga in fredde giornate invernali, quando cade la neve, quando tutto è ovattato, il mondo è freddo, bianco e silenzioso, quando non si può camminare per strada insieme agli altri, quando tutti stanno rintanati nelle loro case, magari poco prima di Natale.
In quei momenti bisogna cercare dentro di sé tutto il proprio calore, diventarne consapevoli e servirsene per farsi compagnia e volersi bene. Perché  fuori si percepisce solo freddo, vuoto e silenzio.
Ma quel freddo, quel vuoto e quel silenzio possono costituire un perimetro esterno che delimita e crea il nostro autentico spazio d'anima, dove possiamo stare, spesso per la prima volta, in compagnia delle nostre vere verità e della nostra affettività più autentica.
Gustav Klimt - La lady davanti al caminetto (1897-98)
Se riusciamo ad accendere il fuoco del caminetto che c'è dentro di noi, se godiamo del tepore che esso crea, se ci scaldiamo al calore della nostra anima, sarà come essere sopravvissuti dopo avere fatto un viaggio al Polo Nord e sapremo con certezza che ci potremo permettere di andare in qualunque altro luogo dell'anima o della Terra senza grandi timori, perché la solitudine non ci farà più paura, perché saremo sopravvissuti dopo essere passati attraverso il vuoto totale e ci sentiremo più vivi di prima.
Sarà come scoprire che abbiamo, dentro di noi, un porto dove possiamo rifugiarci durante tutte le tempeste, un luogo dell'anima da cui potremo ripartire ogni volta che lo vorremo. 

16 commenti:

Renata_ontanoverde ha detto...

Caro Giorgio, argomento che mi coinvolge questo del tuo post di oggi.
Sei anni fa ho perso mio fratello che mi ha lasciato oneri oltre che onori, son rimasta vedova da due anni e recentemente i miei figli sono andati a stare via di casa.
Se il fatto di vedere ogni giorno o quasi i miei figli, per una chiacchierata al bar la mattina prima di andare a lavorare, se sopperisco con piccoli trucchi d'immaginazione al distacco, per mio fratello che viveva lontano dalla mia città e credendo che mio marito stia lavorando da qualche parte irragiungibile, ma che sia vivo (perché l'uomo che io ho sepolto poco aveva dell'uomo che ho sposato e con il quale ho diviso trent'anni della mia vita, in quanto l’ombra di se stesso divorato dalle ombre di un calvario chiamato carcinoma), se con astuzia e difficoltà cerco in un lavoretto door-to-door a obbligarmi ad uscire di casa e per sopperire alla mancanza di lavoro licenziata in un’età che la società ti considera troppo qualificata, ma anche troppo vecchia per il lavoro e troppo giovane per andare in pensione, … nonostante tutto nella realtà l'inconscio bastardo mi trafigge con una ricorrente cistite, ormai quasi (spero, quasi...) cronica, portando a nudo una fragilità nell'accettazione del peso dell'eredità dei doveri di mio fratello e della solitudine nella condivisione con mio marito, della pensione che decurtata arriverà appena ad ottobre e del nido vuoto.
Ogni giorno è una dura lotta tra alti e bassi a combattere l’apatia, la paura di dover essere ancora sola a soffrire, di essere sola ad affrontare tutto il peso della quotidianità, sommersa dai dubbi : avrò preso la decisione giusta? Anche nelle piccole cose, perché condividere con un’amica o la vicina non ha la stessa valenza di sopportarne le conseguenze in coppia e questo a volte spaura e chiude in un bozzolo e non fa vivere, ma sopravvivere attaccata al computer ed alla TV.
Certo anch’io penso, che uscendo dal tunnel avrò conquistato una maggior forza, come ho considerato sempre tutta la mia vita, ma sono stanca!!!!

dtdc ha detto...

trovo molto bella ed esemplificativa la scelta delle 2 immagini. Due modi diversi e, forse, auspicabilmente, consecutivi, di viversi la separazione, il lutto, l'abbandono. ciao

leggerevolare ha detto...

bellissime parole che racchiudono tantissima verità, provandole giorno per giorno...

ma ho fatto un'altra considerazione

io non ho paura della morte ma sono certa che al momento di morire siamo tutti soli
così soli ad affrontare l'altro da essere traumatico per chi solo non lo è stato mai

penso che la solitudine ci abitui ad esercitarci anche a questo
essere forti, determinati e senza paura per il dopo...


carmen ha detto...

Come mi toccano queste parole!
Eh già, dopo una separazione si affronta la vita in salita, si ha a che fare con la solitudine… Per non soccombere, io ho imparato a “nuotare” , ho guardato in faccia la solitudine, ho cercato di scaldarmi al mio caminetto interiore, ho riscoperto, oltre ai doveri, il piacere di dedicarmi a me stessa, alle passioni, agli interessi che avevo trascurato.
Sono passati vent’anni, ho capito che la solitudine più dolorosa era quella vissuta in coppia, ora so stare in piedi da sola, cosa che prima o poi dobbiamo imparare tutti, so gestirmi nel quotidiano, ma sento la mancanza di una persona speciale accanto. Non sono riuscita a ricostruirmi una vita a due: in fondo in fondo sento come di essere stata scartata e non lo sopporterei un’altra volta.
Vorrei consolare Renata : dopo tutto il dolore, la morte non ti toglie il ricordo di una persona che ti ha amato e che, in un certo senso , potrai sempre portare con te. A me succede con mio padre che porto dentro di me. Auguri

nellabrezza ha detto...

Queste immagini sono di una donna povera e di una donna ricca, mi sembra più di cose esteriori che non di attributi morali... io mi sono abituata a considerarmi separata assai prima della separazione di fatto, che ho perseguito contro ogni logica di convenienza, per cui anche la lontananza dai figli, rimasti con il padre bisognoso di affetto, non mi pesa più di tanto...e poi sopperisco uscendo, ed incontrandoli, se posso. E con gli amici virtuali, sempre così bendisposti. Ed anche con amici veri... Il silenzio ed il vuoto li considero transitivi, ecco! Che si possono vincere, oltrepassare, solo se si vuole. Non so, è il mio metodo personalissimo per sconfiggere la solitudine forse..

ecco infatti ora esco... a più tardi!...forse !

viola ha detto...

A vote il caminetto interiore non si riesce ad accendere. Divorziata, figlia unica, genitori defunti, figlia più lontana per studio che con me. Finalmente sono esodata, cosa che desideravo tantissimo. Il fatto di cambiare ritmi mi ha acutizzato dei latenti attacchi di panico. Così stavo da cani,creandomi anche dei malesseri fisici, che mi convincevano che avevo un brutto male, che mi alimentava l'ansia... Ora cercando di aiutarmi da sola e con un farmaco, sto meglio.
Sono abituata alla solitudine, e spesso sento quel "calore" che tu descrivi, dentro di me.
Consciamente. Però a livello inconscio il cervello va per conto suo, e mi rende spesso consapevole dell'immensa solitudine che è la mia vita.
Sto riflettendo molto in questi giorni: sarà stato il destino, saranno gli altri, o soprattutto sarò stata io, con le mie scelte, a creare questo vuoto? Eppure al momento di prendere certe decisioni, ho sempre riflettuto e scelto quella che mi pareva l'unica via possibile..

Tra cenere e terra ha detto...

Si, la poesia della psiche ci mantiene in vita...

Paola Tassinari ha detto...

Non sono sicura,le ferite rimangono, si può fingere anche con sè stessi, si va avanti menomati, non ci si pensa, si fanno e inventano tante cose ma la tristezza rimane,hai voglia di accendere caminetti...a volte servono medicinali appositi, gli unici che contano per non cadere vittime di alcol, gioco, droghe o sette, anche se naturalmente l'aiuto di uno psicologo fa molto bene.

Rossland ha detto...

Bellissimo...

Renata_ontanoverde ha detto...

@ Carmen Grazie per le tue parole,
Ho sempre vicini i miei morti, li sento e li ricordo nei gesti di ogni giorno, e nel loro amore per me. Sento che mi aiutano. Li sogno ogni notte.

Non ho paura della morte, anzi, ho fatto esperienza di pre-morte e dall'altra parte era meraviglioso!

Se da una parte la mente si rassegna e va avanti, è il mio fisico che non riesce a recuperare salute ed equilibrio. Ed alla fine dopo tanti anni sono stanca di lottare.

Comunque vado avanti, cerco di costruirmi una nuova realtà, ragiono secondo un'ottica diversa, di adattamento a questa solitudine. Eppure è molto faticoso!

lookingfor ha detto...

Mi hai fatto pensare a come davvero possa sentirsi una persona sola nel giorno di festa più raccolto e intimo dell'anno. Un amico carissimo ha trascorso così il suo primo Natale da separato ed io,per motivi reali ma anche per difetto di sensibilità, non gli sono stata vicino abbastanza da aiutarlo ad accendere almeno un apiccola fiammella. Ho pensato a lui tutto il tempo, ma si era chiuso come capita a chi soffre,e mi sono sentita incapace di offrirgli un aiuto che non fosse fatto solo di parole. Sapendo come stesse, Augurargli Buon Natale suonava veramente quasi una presa in giro... Quello che ho letto è un messaggio davvero importante, ma in chi soffre, spesso anche in me stessa, quante resistenze ad accettare che la solitudine abbia così tanto spazio in noi... Quello che imparo è che tante volte bisogna vere il coraggio di forzare la propria tristezza, e cercare comunque condivisione il più possibile, anche se costa tanto, solo immergendoci nella vita vera possiamo sperare di tornare a sentirla scorrere in noi.

lookingfor ha detto...

Aggiungo che è verissimo però quello che suggerisci e che, in fondo, è un riuscire a "fare di necessità virtù", o, anche meglio, di saperla trasformare in dono, crescita.

Un abbraccio

alessandra ha detto...

Ho letto oltre al post , ogni interessantissimo commento.
Si, è vero, dentro di noi c'è un caminetto da accendere capace di scaldarci il cuore, io sono riuscita ad accenderlo, però mi è servito del tempo, un percorso e sopratutto il desiderio di voler stare bene.

Sandra ha detto...

La solitudine non mi piace. Ci sono stati dei momenti della mia vita in cui l'ho vissuta in serenità. Ma rimane dentro di me il desiderio di condivisione in un rapporto d'amore, per me la vita acquisisce serenità e gioia nella condivisione.

Anna ha detto...

Per fortuna non ho dovuto affrontare anche questo, però sono sola nel senso che non ho amici. Qualcuno con cui andare a prendere un caffè, con cui scambiare due parole al telefono, con cui andare a fare shopping.

Unknown ha detto...

La separazione non è altro che la solitudine più scavata di quando si vive a nella stessa casa