Bisognerebbe sentirla scorrere,
la vita,
bisognerebbe non opporvisi e non ignorarla,
seguire il suo flusso, essere con lei,
esserle amica,
anche quando ci ferisce con le sue asperità improvvise.
Bisognerebbe ascoltare la sua musica,
lasciarsi cullare dai suoi suoni,
abbandonarsi alle sue melodie
e alle sue dissonanze.
Tutto scorre, in ogni momento,
il nuovo diventa vecchio
e sempre qualcosa di diverso ci si presenta davanti.
Come in un film, come in un sogno,
le immagini scorrono e noi dove siamo?
Come salmoni vogliamo tornare alla fonte,
entrare in un senso vietato.
Tutto inutile, si può solo andare avanti,
cercando la strada,
accettando le difficoltà,
senza perdere mai la fiducia,
mescolando passato e futuro,
dolcezze e amarezze,
rimanendo ancorati al presente,
in compagnia della nostra immaginazione.
venerdì 31 maggio 2013
martedì 28 maggio 2013
elogio dell'inatteso
L'atteso non si compie
e all'inatteso un dio apre la via.
Euripide
Io
sono la somma delle mie esperienze. Bene.
Ma ora come vado avanti? Come posso fare nuove esperienze?
In due
modi: cercando il nuovo o aprendomi all'inatteso.
C'è
una notevole differenza tra questi due atteggiamenti, apparentemente simili.
Se
cerco il nuovo, sono Io che mi organizzo e decido le strategie sul come e dove
cercare, seguirò un piano che avrò deciso in base a ciò che già sono, sulla base di ciò che so, che già conosco.
Se
invece mi apro all'inatteso, se sono disposto ad andare a conoscere senza
pre-giudizi ciò che mi capiterà "casualmente", che non sarà
ciò che stavo cercando perchè non era nelle mie pre-visioni, allora avrò
l'occasione di fare davvero una esperienza diversa.
Lo si
vede bene quando si pianifica un viaggio. Io posso decidere di andare in un
certo luogo per vedere determinate cose, ma quando sono nella zona prescelta
posso incontrare cose che non avevo previsto e che mi suscitano interesse,
mentre quelle che avevo prescelto possono non essere poi così interessanti.
Certo,
se faccio parte di un viaggio organizzato, non sarà possibile deviare dalle
mete prestabilite, ma se sono autonomo potrò modificare il programma,
assecondando i miei desideri del momento.
Uno
dei rischi che corriamo nella nostra vita quotidiana è di predefinire con
troppa precisione i nostri comportamenti e le nostre ricerche, senza prendere
in considerazione le occasioni inattese che la vita ci fa incontrare. Spesso
viviamo l'inatteso come un disturbo, come un fastidio, perché siamo concentrati
esclusivamente sui nostri progetti iniziali.
Il rischio vero è di perseguire
l'ideale perdendo l'incontro col reale.
Per
questo ogni tanto bisognerebbe andare in giro senza mete troppo precise,
tenendo il cuore aperto alle possibili deviazioni che ci si possono presentare, che potrebbero aprirci la strada verso nuovi e inaspettati percorsi
realmente trasformativi.
Certamente
questa è una condotta che ci espone a dei rischi, perché si va realmente aldilà
del conosciuto e delle abitudini, ma è proprio in una regione
diversa da quelle conosciute o immaginate, che si possono fare nuove esperienze.
E d'altra parte, il non essere aperti a prendere seriamente in considerazione
l'inatteso ci espone al rischio reale di non fare mai esperienze veramente
nuove.
mercoledì 22 maggio 2013
il mondo non esiste
Il mondo non esiste.
Esistono tanti mondi diversi, ciascuno di noi vede e percepisce il mondo in modo diverso dagli altri.
Per qualcuno il mondo è privo di senso e senza speranza, per altri è pieno di persone interessanti, di passioni e di piacere.
Tra questi due estremi ci stanno miliardi di sfumature personali, che tutti i giorni si modificano come fuochi d'artificio, perchè siamo in tanti ad avere l'umore un po' cangiante: oggi vediamo tutto nero, domani grigio, e domani l'altro magari rosa, mentre il mondo resta sempre uguale.
Quindi non è corretto vivere in basi a dogmi, accettare a priori ciò che dicono gli altri, come se il mondo fosse uguale per tutti, come se tutti vivessero nello stesso mondo allo stesso modo, come se la verità di qualcun altro dovesse necessariamente essere anche la nostra.
martedì 14 maggio 2013
un ragazzino autistico
La scorsa settimana aspettavo mio figlio all'uscita da scuola, quando ho visto arrivare un ragazzino di 11-12 anni che era per mano ad un educatore, il quale lo ha consegnato al padre, che lo ha accolto con un gran sorriso e con le braccia tese. Il ragazzino ha evitato le braccia del padre ed è andato a piazzarsi immobile di fronte alla rete metallica di un campetto di calcio, in quel momento completamente deserto.
La cosa mi ha colpito e ho guardato meglio il ragazzino. Il suo volto era bellissimo: biondino, ricciolino, un amore. I suoi occhi fissavano un punto vuoto a mezz'aria, verso il cielo oltre la rete.
E' rimasto così, col corpo immobile e l'aria sperduta, ma determinato a fissare quel punto nel cielo, finché suo padre lo è andato gentilmente a prendere e ha cercato di dargli la mano, cosa che il ragazzino ha rifiutato, pur seguendo il padre verso casa.
Così se ne sono andati via, uno a fianco all'altro, ma senza toccarsi, senza guardarsi e senza parlarsi.
Ho capito che era un ragazzino autistico.
Io non mi sono mai occupato professionalmente dell'autismo, non mi è mai capitato, ma quel ragazzino visto per pochi minuti all'uscita da scuola mi è rimasto dentro nel cuore e man mano che passa il tempo il suo ricordo non sbiadisce.
Premesso che il papà era gentilissimo e dolcissimo, viene da chiedersi: ma cos'è questo autismo, questo stare chiuso in una bolla di sapone, in un mondo tutto tuo da non condividere con nessuno, nemmeno con chi ti vuole bene?
E' una patologia che professionalmente mi attira moltissimo e una sfida difficilissima: riuscire a trovare il modo per comunicare, per instaurare un dialogo, per bucare e fare scoppiare quella bolla di sapone che isola dal mondo degli altri.
lunedì 6 maggio 2013
comizi d'amore
Pier Paolo Pasolini andò in giro per l'Italia negli anni '60 intervistando persone di ogni ceto sociale sul tema dell'amore e del sesso, argomento quest'ultimo quasi tabù per l'epoca.
Con la naturalezza che lo contraddistingueva, faceva domande semplici e dirette. Le risposte raccolte offrono un quadro veritiero della realtà sociale di quegli anni che, a mio parere, è estremamente interessante anche a 50 anni di distanza.
Qui sotto trovate un piccolo frammento di quel lavoro, raccolto nella campagna modenese (su youtube alla voce Comizi d'amore Pasolini potete trovare molto altro materiale).
Sono molto curioso di sapere cosa ne pensate.
giovedì 2 maggio 2013
comunicare con naturalezza
Una di
loro si era meravigliata perché io avevo risposto con estrema franchezza
ad un comune conoscente; poiché stava facendo un corso di comunicazione
non violenta, le sembrava che le mie parole fossero state
troppo dirette e in contrasto con alcuni modelli di comunicazione efficace che aveva imparato frequentando
alcuni corsi.
Ascoltandola, ho provato un po' di insofferenza, anche perché la persona cui
avevo detto quelle cose non aveva reagito negativamente e il mio intento
era stato proprio quello di parlargli senza mezze misure per indurlo
a riflettere su alcuni suoi problemi che egli aveva raccontato.
In
generale, penso che una comunicazione che si fonda troppo sull'osservazione
di regole formali, possa nuocere alle relazioni, perché tende ad
ingessarle, a favorire il controllo dell'espressività a scapito della
naturalezza e dell'ascolto profondo di se stessi e degli altri.
Temo che
le nostre relazioni soffrano spesso di un eccesso di controllo razionale al
quale a volte si alterna un'incontrollabile, violenta e prorompente
fuoriuscita di sentimenti.
Spesso
scambiamo la forma per la sostanza e bisticciamo a lungo su inutili
questioni formali, senza comunicarci l'essenza delle cose.
Diventiamo
allora asettici, sterili, non ci infervoriamo per le cose essenziali, non
trasmettiamo calore: tendiamo ad essere freddini, distaccati, un
po' estranei e troppo concentrati sul nostro comportamento nella
relazione.
Non dico
che ci si debba scannare, non mi piacciono le sceneggiate televisive alla
Sgarbi; il rispetto per l'altro non deve mai mancare, ma il calore umano,
la partecipazione del cuore, l'interesse genuino per l'altro, sono, a
mio avviso, elementi necessari in una relazione che non sia superficiale e
che abbia un minimo di senso.
L'amore,
l'amicizia, le relazioni tra gli esseri umani, richiedono di
offrire agli altri il distillato della propria umanità in presa diretta,
mantenendo sempre attivo l'ascolto delle reazioni dell'altro, per modulare
correttamente l'esposizione dei nostri pensieri e sentimenti, evitando
inutili esagerazioni.
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