sabato 23 luglio 2016

i volti nuovi della follia

Erano cose che succedevano soltanto in America: ragazzi che sparavano all'impazzata nelle scuole e università, serial killer che per anni tenevano in scacco la polizia, folli che sparavano per strada uccidendo a caso i passanti.
Da noi la follia omicida si manifestava quasi solo tra le mura domestiche: femminicidi, bimbi buttati dai balconi, orrori che si svolgevano in casa, in uno spazio chiuso.
Adesso non più. 
Adesso la follia anche da noi si unisce sempre più spesso con il gesto eclatante, la strage, l'omicidio di massa, quel gesto che dopo una vita fatta solamente di frustrazioni, ti permette finalmente di diventare l'eroe di un momento, quel momento nel quale puoi finalmente fargliela pagare alla società quella caparbietà nel rifiutarti, nel non amarti, nel lasciarti ai margini, nel guardarti sempre col sospetto che si ha per i matti. Quel momento nasce dal fatto che senti di non avere altre possibilità. Una sorta di suicidio prima del quale però almeno qualcuno paga il tuo conto.
E non importa chi uccidi: donne, vecchi, bambini, perchè la partita è fra te e tutti gli altri: tutti, nessuno escluso.
Le azioni eclatanti dell'Is hanno scatenato (nel senso etimologico di togliere le catene) la nostra follia, quella che pervade la nostra società e che abbiamo finora cercato accuratamente di non vedere, di nascondere a noi stessi. 
D'altra parte è storia vecchia: i manicomi servivano esattamente a questo: molti non erano matti, diventavano matti standoci segregati dentro.
Oggi la follia la vediamo sulle prime pagine dei giornali. Si presenta con modalità assurde e incomprensibili (sennò che follia sarebbe?), difficilmente prevedibili.
Oggi abbiamo due nemici: l'Is e la nostra follia, congiunti strettamente tra loro. E mentre la prima va affrontata su un piano sociale, politico e militare, la seconda ci è molto più vicina: è nella vita logorante che facciamo, è nella crisi economica che non permette lavoro e guadagno per tutti, ma soprattutto è nella mancanza di solidarietà, di ascolto, di accoglienza, di buoni sentimenti, di ideali di bene comune che ci incattiviscono e ci isolano gli uni dagli altri.
Siamo tutti alla ricerca di qualcuno che ci voglia bene, che ci ami, abbiamo bisogno tutti di amicizie vere, eppure sembra che sia difficilissimo in generale trovare qualcuno che ci ami davvero per parecchi anni, che ci rimanga amico per una vita.
Quanta negatività diffondiamo ogni giorno intorno a noi? Quanta paura abbiamo degli altri, quanto li teniamo a distanza, fregandocene delle loro vite e dei loro problemi?
Lo so bene che ciascuno di noi fa ciò che può, perchè quando esci dal lavoro con poche soddisfazioni e molto stress, si fa fatica a pensare anche agli altri.
Però dobbiamo ragionarci su queste cose, seriamente e con la massima urgenza.
Perchè dare tutta la colpa all'Is non è corretto e non ci aiuta a migliorare le nostre vite.
Anzi, un mio amico psichiatra sostiene che l'Is ci può aiutare a darci la spinta per cercare di cambiare le modalità insensate e a volte quasi folli del nostro vivere.