venerdì 14 settembre 2012

sapersi perdonare

E.Hopper - Morning Sun (1952)
Pubblico questo scambio di mail che ho avuto con un'amica:

Caro Giorgio,
ho fortemente condiviso quanto hai scritto tempo fa sul tuo blog, relativo alla nostra capacità di abituarci rapidamente alle cose, dando per scontate quelle belle e rischiando di non valorizzarle più. L'esempio del Sella da un lato (ci abituiamo in fretta e diamo per scontate le cose belle) e del pronto soccorso dall'altro (quando le gioie che fanno parte della tua vita ti vengono a mancare, ecco che le valorizzi e ne comprendi appieno l'importanza) sono perfetti.
Alle tue osservazioni posso aggiungere sensazioni simili, collegate però alle "cose cattive" della vita.
Nel momento in cui attraversi periodo molto difficili, per te o per le persone che ami, il primo pensiero è: "Non ce la posso fare, è troppo per me!".
Poi inizi a conviverci, e a capire che hai la forza di sostenere quelle prove.
La situazione evolve ancora. Cogli, all'interno di quelle situazioni, l'amore profondo che ti lega ad altri e verifichi che quando tutto andava bene non eri riuscito a comprendere il senso di quella profondità. Capisci che il pianto non è solo espressione di dolore, ma ha una natura mista, fatta anche di uno spirito di commozione che credevi di non possedere più. Comprendi che essere moglie e madre, realtà quanto mai diffusa, è un'esperienza che diviene straordinaria quando cogli appieno l'immenso amore che ti lega alla tua famiglia. Valorizzi e coltivi le amicizie importanti, rinunci a quelle superficiali.
Vorresti tanto, come si fa sulle lavagne scolastiche o su un file di word, cancellare le cose cattive per tenere solo quelle buone. Ma sai che non è possibile e comprendi che quanto risulta negativo si traduce in positività là dove ti consente di abbracciare la forza dei sentimenti e di provare il bene che provi verso altri.
Sei anche consapevole di essere una persona imperfetta, con tanti limiti e difetti, ma la forza che hai trovato vivendo le "cose difficili" ti permette una cosa che prima risultava impossibile: quella di saperti perdonare.
A.

G.Klimt - L'abbraccio (1909)
Cara A.,
i pensieri che hai scritto sono molto profondi e veri e sono alla base dell’esperienza concreta del mio lavoro di psicoterapeuta.
In realtà ciò che faccio da tanti anni è prevalentemente incontrare delle persone che soffrono perché si sono allontanate dalla coscienza di sé, dalla consapevolezza della propria essenza naturale, e quindi leggono anche tutte le cose della vita, sé stessi e le relazioni in primis, usando un alfabeto sbagliato.
I sintomi psicologici, tutti, nessuno escluso, diventano allora l’unica possibilità di rendersi conto che c’è qualcosa di sbagliato, qualcosa che non va nella relazione con la propria vita, e quindi cercare umilmente di trovare un modo di stare al mondo più autentico, più vero, più personale. Questo li porta a usare i propri veri criteri individuali di scelta, a sentire e frequentare chi davvero è simile, e a rinunciare alle relazioni che rendono la propria anima più povera.
Non è un’apologia del dolore fine a sé stesso, ma il vivere il dolore come fonte di crescita e consapevolezza.
Qualcuno purtroppo non ce la fa, ma chi riesce a passare attraverso Scilla e Cariddi, ha qualcosa in più degli altri, un’esperienza che rende diversi e che fa riconoscere quasi a pelle chi è sopravvissuto dopo essere passato attraverso esperienze analoghe alle tue. Chi ha salvato il suo bambino interiore e può ora prendersene cura per sanare quelle ferite che le circostanze della vita gli avevano inferto. E la vita diventa qualcosa di meno tragico, di più comprensibile, e la pietà e il perdono ne sono i frutti più belli.



11 commenti:

Luigi ha detto...

condivido pienamente!!!
A presto

nellabrezza ha detto...

no, volevo solo dire che adoro quel quadro di Hopper !!!

nellabrezza ha detto...

sul resto sono pienamente d'accordo...forse le esperienze negative sono quelle che ci formano al meglio...e, sinteticamente, se non conosci l'amaro come puoi apprezzare il dolce ?

Ivana ha detto...

meraviglioso post ,amaro e dolce al tempo stesso.

Paola Tassinari ha detto...

Condivido, anche se come sempre le parole sono belle e a volte...possono bastare :)
Un appunto, mio personale, le immagini di Hopper e Klimt, splendide,non sono molto idonee al tema del sapersi perdonare, loro non ci sono riusciti e le loro opere sono permeate di solitudine infinita, di impossibile comunicazione.
Chiedo scusa per questa intromissione.
Ciao.

giorgio giorgi ha detto...

@teoderica: la prima immagine, a mio avviso, esprime proprio la solitudine fredda del non perdonarsi, mentre la seconda comunica il calore di chi riesce ad abbracciarsi con affetto.

alessandra ha detto...

I dipinti sono stupendi a prescindere da come i loro autori abbiano saputo affrontare la vita, in genere con difficoltà per quel che riguarda l'artista in genere, per via del suo continuo cercare.
Sapersi perdonare è fondamentale e comprendere l'importanza del nostro essere, consapevolezza del nostro vissuto.
Uno scambio di mail molto profondo e vero, purtroppo nell'avventura della propria vita, non tutti riescono a trovare la strada di casa, la casa della propria anima.

zefirina ha detto...

Nel momento in cui attraversi periodo molto difficili, per te o per le persone che ami, il primo pensiero è: "Non ce la posso fare, è troppo per me!".

mi ha fatto tornare indietro nel tempo..
il mio problema è stato opposto, io mi sono assolta ma i primi tempi non ho perdonato mio marito colpevole solo di essersi arreso alla malattia, ancora oggi dopo 16 anni mi viene da usare termini da processo... anche se la parte ragionante di me mi dice che non è così, la sua malattia non era curabile nè allora nè oggi

nellabrezza ha detto...

perchè la donna che guarda la luce fredda di un giorno nuovo, assolutamente sola, ma pronta ad accettare tutto ciò che verrà con disponibilità e coraggio ti fa pensare a qualcuno che non si perdona ? ha perdonato già le sue insicurezze e fragilità e si accetta per come è. secondo me.

giorgio giorgi ha detto...

@nellabrezza: credo che sia più una questione di sentire più che di pensare. Istintivamente associo il freddp esterno al freddo interno. E il perdono di sè a me sembra caldo come il tepore di una stufa in una giornata d'inverno...

Anonimo ha detto...

Salve a tutti sono renato scopro questo sito da poco e ne sono molto contento.
Trovo commenti interessanti che alleggeriscono la solitudine che porto dentro avendo affrontato parecchi dei temi trattati con esperienze personali dolorose.
Trovo che il perdono sia tra le forze di rinnovamento più forti che abbiamo e che sprigioni una tale energia in noi da farci avvicinare agli altri in modo naturale e limpido.
Molto spesso questo slancio di condivisione e speranza viene leso da persone che di speranza e occasione di crescere o non ne vogliono sentire o non ci credono più. Anche questo mi procura dolore e solitudine ma non mi arrendo perché la possibilità di "salvarmi" da una vita arida io l'ho avuta e ho faticato tanto per poterla perseguire. Mi sento in dovere con la coscienza di offrirla anche agli altri almeno per accendere un barlume di quella speranza raccontandomi e ascoltando chi ne ha voglia.
Spero di essere stato chiaro e non confusionario nell' esprimere questo mio stato d animo.
In questa società dove tutto corre e l apparenza col potere domina ed educa l egoismo della società e bello vedere che singoli individui covano la poesia dell amore dell anima.
Vi saluto e spero a presto.