E' spesso difficile trovare qualcuno con cui potersi confidare liberamente, senza il bisogno di cautelarsi o di proteggersi in qualche modo. Si desidera avere relazioni con persone che non cercano di sfruttarci, di usarci, di farci essere quello che vogliono loro. Si vorrebbero avere dei rapporti alla pari, dove l'altro ci consideri un valore per quello che siamo veramente.
Si immaginano relazioni creative, con persone con le quali si possa costruire qualcosa insieme, ciascuno portando i propri pensieri e le proprie emozioni, arricchendosi a vicenda nel rispetto reciproco.
Qualcuno dice che ciò gli riesce solo con qualche amico o amica, ma che quando si frequenta un gruppo è quasi impossibile creare degli spazi condivisi dove ciascuno si senta veramente libero di essere sè stesso e venga accettato e accolto nella sua totalità.
In termini psicopatologici, si potrebbe dire che il nostro mondo soffre di narcisismo, quella patologia per cui ciascuno è centrato sul proprio ombelico e non è capace di ascoltare e valorizzare gli altri che, paranoicamente, considera dei potenziali nemici, non riuscendo quindi a stabilire delle relazioni creative con loro.
Il nostro mondo sembra costituito perlopiù da una serie di individui che entrano in contatto tra loro e poi si respingono, ciascuno disegnando la propria individuale traiettoria, come palline di un grande flipper condizionate dagli impulsi elettrici che ricevono.
I sociologi dicono che è la nostra società che spinge in questa direzione: la competitività è l'anima del nostro sistema economico, sociale e politico e la diffidenza e la paura sono le armi con le quali chi governa rende la gente più sola e spaventata e può così indirizzarla più facilmente a dare loro una delega in bianco su tutto, in cambio di un minimo di tranquillità e sicurezza.
La conseguenza di tutto ciò è che cresce il livello complessivo di scontentezza e chiudersi nel proprio mondo appare l'unica scelta possibile.
Spesso dimentichiamo che la relazione è qualcosa di diverso dalla somma delle individualità dei singoli e ci chiediamo di chi è la colpa di una relazione che non funziona, avendo come punto di riferimento la relazione ideale che noi vorremmo. Ma l'altro, chiunque altro, è sempre diverso da noi e la relazione, qualunque relazione, non potrà mai essere quell'ideale che desideriamo.
Possiamo evitare molte frustrazioni se riusciamo a vedere l'altro nella sua autenticità, che ci può piacere o non piacere, ma con la quale possiamo cercare di entrare in una relazione vera, invece di idealizzarlo e rimanere poi feriti dal fatto che non interpreta bene la parte che gli vorremmo fare recitare nel nostro film personale.
La nostra richiesta legittima di essere rispettati ed ascoltati dall'altro per ciò che siamo veramente, deve essere accompagnata dal medesimo rispetto e ascolto dell'altro, che significa semplicemente osservare come si comporta realmente l'altro e ascoltarlo con attenzione.
E' importante che una relazione sia vera, sia che finisca subito sia che prosegua per tutta la vita.
Molte volte mi è capitato di essere testimone di relazioni chewing-gum, nelle quali l'accettazione definitiva non arrivava mai perchè era sempre dilazionata nel tempo e condizionata al raggiungimento di un ideale di relazione oggettivamente irrealizzabile, cosicchè i malcapitati passavano in continuazione da periodi di massima gioia a momenti di frustrazione totale.
Chi è parte di una relazione sana accetta invece sia questi che quei momenti come parti di un tutto cui aderisce intimamente, oppure rifiuta la relazione nella sua totalità, perchè è convinto di volerne una che abbia caratteristiche fondamentali diverse, che comunque non corrisponderà mai in tutto e per tutto all'ideale.