sabato 29 dicembre 2012

una poesia per il 2013


Opera di Matteo Zanfi
E' una poesia scritta da una donna e parla del femminile, ma si potrebbe immaginare, con parole diverse ma di senso uguale, anche dedicata al maschile.
Mi sembra adatta per il nuovo anno, perché ci ricorda il coraggio di essere ciò che siamo veramente e di cercare di vivere dei rapporti paritari, fondati sul rispetto e la valorizzazione di sé e degli altri, e questo è il mio augurio speciale a tutti per il 2013.

Sono stata cavalla
mucca farfalla
Sono stata una cagna
una vipera un'oca
Sono stata tutte le cose mansuete
e ampie della terra
il vuoto del corno che chiama alla guerra
l'oscuro tunnel dove sferraglia il treno
la caverna a notte dei pirati
Sono stata quella che sempre deve essere là
una certezza quadrata
Sono stata tutto ciò che poteva servirti
a prendere il volo
sono stata anche tigre
cima e voragine
strega
sacra e terribile bocca dentata
Come avresti potuto altrimenti
essere tu il cacciatore
l'esploratore
l'eroe dalle mille avventure?
Sono stata persino terra e luna
perché tu potessi metterci
il piede sopra
E adesso
questa ruota si è fermata
devo adesso fare una cosa
mai fatta forse mai esistita
una cosa anche per te ma
soprattutto per me
per me sola
tanto autentica e nuova
che trema persino il volto della vita.

Bianca Garufi

venerdì 21 dicembre 2012

buon natale


Auguri di buone feste.
Che siano davvero vostre, che possiate stare piacevolmente in compagnia di voi stessi e delle persone amate.
Che siano occasione di riposo, svago e divertimento, di pensieri sereni e di fruttuose riflessioni, attendendo il nuovo anno.


mercoledì 19 dicembre 2012

fretta e superficialità


Mi colpisce molto la tendenza, che mi pare sempre più diffusa, a generalizzare ed estremizzare tutte le situazioni che la vita ci pone di fronte; tendiamo a voler risolvere tutti i problemi radicalmente e in pochissimo tempo, evitando la fatica di approfondire pazientemente le questioni.
Le relazioni sono sempre più vissute sulla base del principio del tutto-e-subito; il distinguere le sfumature, il prestare attenzione alla complessità degli eventi, il dare tempo al tempo, il guardare le cose anche da altre angolazioni, non sembrano più cose tanto comuni.
Il verbo pretendere è uno dei verbi più usati, sia verso noi stessi, sia nei confronti degli altri, mentre il riflettere su di sè, l'ascoltarsi, il cercare di dipanare il groviglio di fili che spesso abbiamo dentro, non sembrano occupazioni molto frequentate, soprattutto se le risposte autentiche tardano ad arrivare.

Cresce la fretta e crescono le delusioni, le cose fatte male e con noncuranza, che poi non reggono nel tempo. La durata delle cose è ricercatissima, ma sembra che sia una variabile indipendente, o che dipenda da un colpo di fortuna, che non possa essere immaginata come il frutto di una dedizione e di una cura che richiedono impegno.
Ci siamo abituati a premere troppi interruttori e ad ottenere subito dei risultati straordinari; ci siamo dimenticati che i progetti importanti vanno portati avanti con la forza della passione e la costanza dell'impegno quotidiano, anche a lungo termine.
E' vero che, coi mille impegni che tutti abbiamo, di tempo veramente libero ne rimane poco, ma la fretta e la superficialità sono spesso cattive compagnie. 
La psiche è una realtà molto complessa e i tentativi di percorrere delle scorciatoie per arrivare con minore fatica alla mèta, molto spesso non danno buoni risultati, anzi, quasi sempre ci fanno perdere moltissimo tempo inutilmente.

mercoledì 12 dicembre 2012

apocalisse o nuovo inizio?

Ho trovato interessante che qualcuno abbia pensato di sostituire all'ipotesi dell'apocalisse legata alla presunta profezia dei Maya, quella di un possibile nuovo inizio.
Posta così la questione mi sembra decisamente più interessante, perchè, almeno a livello di immaginario collettivo, potremmo prendere tutti spunto da questa presunta fine del mondo per immaginare con il 2012 la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra, riconducendo il tema a una questione vitale, posto che la vita sempre consiste nella fine di qualcosa che ha compiuto il suo ciclo e nell'inizio di qualcosa di diverso.
Per conto mio, amo immaginare che questo nuovo inizio riguardi i temi del valore dei limiti e della ricerca di senso.
Mi piacerebbe che avesse terminato il suo ciclo vitale l'idea collettiva da tempo dominante di un progresso infinito senza limiti, dell'aumento della ricchezza come metro per misurare il benessere delle persone, dell'economia come variabile indipendente rispetto alla politica e all'etica, entrambe da mettere in relazione alla ricerca del bene comune.
Ma soprattutto mi piacerebbe che si volesse tutti un po' più riflettere su ciò che dà realmente senso alla propria vita, a quanto il benessere individuale sia da mettere in relazione a quello degli altri.
Perfino la pur importantissima ecologia, senza una chiara consapevolezza dei fini per i quali la vita vale la pena di essere vissuta e senza la sincera accettazione dei limiti naturali che sostanziano la nostra umana esistenza, non ha un valore di per sè assoluto.
Ad un nuovo inizio si può arrivare in modo anche graduale, anzi forse sarebbe meglio che fosse così. L'importante è desiderare veramente un cambiamento di stili di vita, non in forza di un dovere imposto dagli eventi, di una ineluttabile necessità della Storia, ma come frutto di una autolimitazione avvertita come la cosa realmente migliore per sè e per gli altri, un progetto di vita nuovo che trovi il suo senso, da un lato nell'abolizione degli accumuli eccessivi e degli sprechi e dall'altro, nell'incremento della responsabilità personale e della solidarietà verso gli altri, in modo particolare verso coloro che, rispetto a noi, vivono in condizioni di maggior disagio.  

giovedì 6 dicembre 2012

Open di Daniel Ezralow

Non amo particolarmente i balletti ma Open, l'ultimo spettacolo di Daniel Ezralow, che è stato organizzato al Teatro Pavarotti di Modena dalla sede locale della Gioventù Musicale Italiana, è davvero affascinante.
Pur trattandosi di danza moderna, la colonna sonora è classica: Bach, Beethoven, Chopin, Debussy, ecc. e la cosa straordinaria è che sembra musica scritta appositamente per il balletto. I movimenti dei ballerini e le coreografie si integrano perfettamente coi brani di musica classica scritti due secoli fa, provocando un effetto difficile da immaginare: il classico e il moderno insieme, integrati perfettamente: la modernità del classico.
Lo spettacolo è prevalentemente giocoso, per niente noioso, sempre vivo e vitale, allegro e pieno di fisicità atletica; rappresenta spesso la nostra realtà quotidiana ma sempre con tanta fantasia: uomini d'affari che corrono nevroticamente, grattacieli e autostrade che scorrono sullo sfondo, qualche momento di intimità sulle note di un Notturno di Chopin e molti momenti di pura comicità, a volte esilarante.
I colori sono vivaci, i ballerini spesso hanno costumi che rappresentano tutto lo spettro dei colori, tipo arcobaleno o bandiera della pace.
Il balletto è costituito da una quindicina di siparietti che si susseguono senza interruzione per circa un'ora e mezza, lasciando il pubblico stupito e in attesa del successivo.
Lo definirei un balletto psicosomatico, perchè le coreografie rappresentano spesso tematiche psicologiche e  acquistano un valore simbolico, trasmettendo emozioni che fanno anche pensare: questo spettacolo è, a mio parere, un perfetto esempio di come il corpo possa esprimersi con lo stesso linguaggio della psiche, di come il corpo sia tutt'uno con la psiche. 
Una signora che era nel palco con me si lamentava che il marito, refrattario ai balletti, non aveva voluto venire; sono convinto che se fosse venuto, avrebbe apprezzato lo spettacolo pure lui.

A Milano, Teatro degli Arcimboldi, 18-20 gennaio 2013;
A Torino, Teatro Colosseo, 30 gennaio 2013;
A Roma, Auditorium Conciliazione, 1-2 marzo 2013. 

domenica 2 dicembre 2012

omosessualità



Tadzio nel film Morte a Venezia (1971)
Molti eterosessuali hanno timore dell'omosessualità e la condannano; alcuni la immaginano come malattia dannosa, fonte di mali individuali e sociali.
In realtà, l'omosessualità è semplicemente la tendenza a preferire nelle relazioni affettive e sessuali le persone del proprio sesso. Tutto lì, non c'è altro. Per il resto gli omosessuali sono esattamente come noi eterosessuali, uguali in tutto e per tutto. E soffrono, esattamente come noi, quando non siamo riconosciuti nella nostra autenticità.
Certo, c'è tutto un immaginario colorato che prende spunto dagli omosessuali più esibizionisti e dai gruppi pubblicamente più rivendicativi, che riduce il tema dell'omosessualità a rivista di avanspettacolo, a stranezze e bizzarrie da condannare.
Ma non è lì il centro della questione; anzi, a mio parere, quello è il risultato dell'ostracismo, della censura e dell'emarginazione cui noi condanniamo quotidianamente gli omosessuali, consciamente o inconsciamente: un'emarginazione che ha anche aspetti sociali, culturali e istituzionali.
Credo che se gli omosessuali fossero trattati da tutti, istituzioni comprese, alla stessa stregua degli eterosessuali, ci sarebbe in molti di loro meno rabbia, meno necessità di essere eccessivi per farsi notare, molto meno orgoglio da gettare con sfida in faccia a noi eterosessuali.
La realtà omosessuale è frustrante e dolorosa a causa del fatto che essi non possono mostrarsi pubblicamente, che devono camminare per strada reprimendosi, non possono abbracciarsi, tenersi la mano pubblicamente, non possono guardare liberamente gli altri con desiderio, quindi hanno anche difficoltà nel riconoscersi. Hanno locali-ghetto in cui si trovano tra loro, ma non c'è la possibilità di una manifestazione libera e pubblica della loro omosessualità: temono di creare scandalo, e tutto questo non perchè abbiano commesso atti illeciti o violenti, ma semplicemente perchè per natura sono fatti così.
Quando mio figlio andava alle elementari, c'era un suo compagno che stava sempre con le femmine, che voleva vestire come le femmine, che sentiva di essere diverso dagli altri maschi. Quale sarà il futuro di quel bambino, rispetto a tutti gli altri? E' una sua colpa? Perchè deve pagare un'inclinazione naturale con una vita intera da emarginato?
Sono convinto che se gli omosessuali potessero sancire col matrimonio le loro unioni sarebbero molto più responsabilizzati, inseriti nella comunità alla pari, si vivrebbero meno come realtà emarginata e si sentirebbero più normali. Rinuncerebbero quindi alle provocazioni, ai gesti eclatanti che vogliono semplicemente dire: siamo qui, ci siamo anche noi e stiamo male, ci trattate male e noi ve lo gridiamo in faccia. Guardateci, non fate per l'ennesima volta finta di niente.
Se si manda continuamente a qualcuno il messaggio che non è normale, che non è naturale, come si può pensare che questo poi si comporti con normalità e naturalezza?

giovedì 29 novembre 2012

un corso di latino

Vicino a Modena ha sede un circolo culturale organizzato da giovani molto attivi e intraprendenti: si chiama Almo Piumazzo.
Lo so perchè mi mandano sempre delle mail con la descrizione degli eventi e dei nuovi corsi che organizzano, delle città che vanno a visitare in gruppo, delle mille iniziative varie che propongono a tutti. 
La loro energia creativa, unita alla loro freschezza comunicativa, me li ha resi simpatici da subito.
Ma recentemente sono riusciti a stupirmi ancor di più.
 
In una delle ultime mail, comunicavano che sarebbero partiti presto alcuni nuovi corsi: quello di astrologia, quello di yoga, quello di lingua spagnola, ecc. e fin qui niente di strano, ma quello che ho letto dopo mi ha colpito profondamente: stanno organizzando l'inizio di un corso di latino...  
Quando l'ho letto sono trasecolato, tanto inattuale e particolare mi è sembrata da subito questa proposta, e ho pensato: ma come gli è venuto in mente?
Se c'è qualcosa che da decenni viene additato sempre più come una cosa inutile è proprio lo studio del latino...
La proposta è aperta a tutti, perchè si intende far capire il significato di alcune locuzioni in uso nella nostra lingua, come in itinere, in primis, ecc. Il corso si rivolge quindi a chi non ha conoscenze di latino ed è pensato per permettergli di accostarsi a questa lingua partendo da quel poco che viene ancora parlato. Nel corso si farà anche qualche cenno alla cultura e alla storia degli antichi Romani...
Non so a voi, ma a me sembra una proposta molto coraggiosa, utile e creativa, e spero che abbia un buon successo.  
  

domenica 25 novembre 2012

due modi di relazionarsi con l'altro

Ci sono due modi di relazionarsi con gli altri.
Il primo è fatto di ascolto, di non-identificazione, di non farsi entrare subito dentro le cose che non ci piacciono dell'altro, di non impastarci con la sua psiche.
Questo tipo di rapporto crea uno spazio vuoto tra noi e l'altro che permette una relazione vera, autentica, uno spazio che colma la distanza che c'è tra la fusione e la separazione.
Permette che io non mi senta minacciato o attaccato dall'altro, dalle sue diversità, dalle sue stranezze, dai suoi modi di essere opposti ai miei. Posso rimanere tranquillo, perchè il mio centro è in me stesso, io sono io, e l'altro è l'altro. Da questa posizione posso serenamente considerare le differenze, prendere in esame ciò che vedo nell'altro, riflettere, elaborare i miei sentimenti e decidere di cambiare o meno qualche mia convinzione o atteggiamento.
L'altro modo è quello opposto, che porta a difenderci o ad attaccare l'altro, che avvertiamo come una minaccia per il suo essere quello che è o che ci pare che sia.
Quando non riusciamo proprio a sopportare qualcosa negli altri, ciò significa che non siamo davvero tranquilli su quella cosa; è possibile che l'altro venga a toccare dei punti delicati di noi, relativamente scoperti, impossibili a volte anche solo da sfiorare senza farci male; a volte sono ferite ancora aperte, non rimarginate completamente.

mercoledì 21 novembre 2012

il nostro tempo


Noi occidentali abbiamo tanti orologi, sveglie e sofisticati cronometri coi quali misuriamo il tempo con la massima precisione, ma non abbiamo il tempo, non ne abbiamo la disponibilità, se non in piccola parte. E' vero invece il contrario: è lui che ci tiene in pugno, che ci comanda.
Noi lo spezzettiamo, lo sfruttiamo, lo impieghiamo, lo programmiamo, ma non ce lo godiamo quasi mai.
Sul lavoro i tempi ci sono quasi sempre dettati dagli altri, dall'organizzazione o dai capi e non è facile avere un lavoro creativo da gestire in autonomia.
Il tempo libero è quasi sempre organizzato e gli impegni sono suddivisi razionalmente per ottimizzare le ore che abbiamo a disposizione, ma raramente ci sentiamo liberi di ascoltarci davvero e fare poi quello che ci viene in mente al momento.
Anche i bambini hanno i tempi scanditi: il tempo della scuola, il tempo del pranzo, il tempo dei corsi e dello sport, il tempo dei trasporti in auto da un'occupazione all'altra.
Perdere tempo è segno di scarso senso civico: si è dei fannulloni, dei lavativi, degli individui sospetti che vanno corretti o emarginati e se necessario puniti.
Certo, ci sono anche quelli che effettivamente cercano di non fare nulla dalla mattina alla sera, ma la maggioranza si dà da fare, corre, soprattutto se ha dei figli, e raramente può starsene in pace a godersi la vita.
E' anche vero che alcuni corrono come dei dannati perchè hanno una paura tremenda di non avere nulla da fare, come se avessero smarrito il semplice piacere di vivere, di essere al mondo, di avere un corpo e una mente che non hanno malattie gravi. Come se si fossero dimenticati delle cose che li potrebbero far star bene.
Quanto vale un'ora di tempo libero? Intendo un'ora di tempo tutto per noi, senza vincoli e senza impegni? Quanto saremmo disposti a spendere per essere completamente liberi per un'ora in più del nostro tempo?
Avere il tempo, possederlo, averne tanto da potersi permettere anche di buttarlo via, di sciuparlo, di non fare nulla di produttivo, di efficiente.
Concedersi il tempo, come se fosse una cosa normale e non un lusso, per soddisfare qualche piccola e pazza voglia, qualche innocente follia, qualche deviazione dalla routine quotidiana.
Ecco, sarebbe una bella idea per un regalo di Natale: regalare a qualcuno delle ore di tempo, tenergli i bambini per un pomeriggio o per una sera, e se volete fare un regalo veramente di lusso, per tutto un weekend!

giovedì 15 novembre 2012

le relazioni difficili

Nicola Bayley - The tiger voyage
Le relazioni difficili sarà il tema dell'incontro pubblico che si svolgerà sabato 24 novembre alle ore 17  a Modena, presso il Circolo Culturale Alberione in via 3 febbraio 1831, n° 7, accanto al palazzo dell'Accademia Militare.
Dopo l'incontro sul narcisismo di un mese fa, la dott.ssa Agostaro ed io affronteremo un altro tema di notevole attualità.
Parleremo, tra l'altro, del valore delle contraddizioni nelle relazioni con se stessi e con gli altri, di come esse siano inevitabili se si è aperti alla vita, se non si cerca di far rientrare quest'ultima in un programma predefinito.
Cercheremo di spiegare che la psiche, come le relazioni, si può intendere come un insieme di polarità opposte che bisogna cercare di integrare tra loro per avere l'energia psichica che ci serve per procedere nel nostro percorso creativo individuale (analogamente a ciò che avviene per l'elettricità, che si genera attraverso il rapporto del polo positivo con quello negativo).
Inoltre parleremo di come i rapporti affettivi tra le persone possano essere bloccati dalla mancanza di relazione, dal ritirarsi o dal fuggire da un confronto che non dovrebbe mirare a individuare un perdente e un vincente, un colpevole e un innocente, ma che dovrebbe avvenire con la consapevolezza che le persone che hanno una relazione tra loro sono sempre sulla stessa barca.
Tutto ciò sul presupposto che la relazione costituisca una entità a sè stante, diversa dalle singole individualità di chi vi partecipa; una realtà condivisa che ha una propria identità e autonomia, che quindi va ascoltata e della cui reale natura dovremmo essere il più possibile consapevoli, per poter intervenire nel migliore dei modi quando compaia qualche difficoltà.    

giovedì 8 novembre 2012

immaginazione e sogni

Solo se riusciamo ad immaginare una nuova realtà, diversa da quella esistente, potremo davvero realizzarla.
Se poi capita di ricordarla in un sogno, metà del cammino è già stato percorso, perchè vuol dire che quella realtà nuova l'abbiamo già dentro, è già una parte di noi, noi siamo già quella realtà.
Quasi sempre i cambiamenti prima si realizzano nei sogni, cioè dentro di noi; solo dopo avvengono anche nella realtà esterna.

domenica 4 novembre 2012

conchiglie

Dal punto di vista simbolico la conchiglia rimanda al mondo femminile.
 
Nell'antica iconografia indiana, il dio Vishnu porta una conchiglia, simbolo dell'Oceano e del primo alito vitale.

Negli affreschi di Pompei e nei dipinti di Botticelli e di Tiziano, la nascita di Venere dalla schiuma del mare viene rappresentata con la dea che esce dalle valve di una conchiglia.

Come creatura acquatica, la conchiglia collega il simbolismo sessuale al concetto di procreazione e fertilità, divenendo l'attributo della dea dell'amore.

In Cina la conchiglia è uno dei simboli della fortuna e della prosperità.

Presso gli Aztechi, Tecsiztecatl (letteralmente "quello della conchiglia") è il dio della Luna: la conchiglia rappresenta la matrice femminile, la Luna presiede alle nascite della vegetazione e della vita in generale.

La conchiglia è in grado di generare la Perla, il Sè più profondo e perfetto.

Il simbolo della conchiglia ha anche valenze spirituali: infatti spesso, nelle chiese, le acquasantiere di pietra hanno la forma di una conchiglia.

Quindi, se un giorno con amore una donna regalerà a un uomo delle conchiglie scelte e raccolte da lei, quell'uomo dovrà ritenersi molto fortunato, perchè ella gli avrà fatto dono della sua essenza femminile più profonda, autentica e vera.

mercoledì 31 ottobre 2012

le cose essenziali nella vita




Goethe diceva che cinque erano le cose essenziali nella vita:
1) UNA CASA in cui abitare,
2) CIBO sufficiente per nutrirsi,
3) VESTITI per ripararsi dal freddo,
4) UN AMORE,
5) AMICI coi quali stare bene in compagnia.
 
Io aggiungerei:
6) LA SALUTE.
7) LA LIBERTA'
8) L'AMORE PER SE'
9) L'IRONIA E L'AUTOIRONIA
10) LA SERENITA' (LA PACE DENTRO).
 
 
Ma credo che ciascuno si possa divertire a costruire la propria lista delle cose che sono essenziali per vivere bene...

venerdì 26 ottobre 2012

dodici persone (più due)


Dodici persone, che non si conoscevano tra loro, sono venute a sapere casualmente, in modi diversi, che c'era un incontro pubblico sul tema dell'autenticità nelle relazioni.
Hanno deciso di partecipare e, successivamente, hanno aderito alla proposta di far parte di un gruppo che lavori sull'autenticità nelle relazioni.
Stasera queste dodici persone si troveranno attorno ad un tavolo per la prima volta, unite dal desiderio comune di approfondire questo tema che evidentemente è per loro importante.
Cosa faranno? Cosa scopriranno l'uno dell'altro? Quali affinità e quali differenze si evidenzieranno tra loro? Quali sono i loro personali modi di sentire questo tema?
Cosa si diranno, come si percepiranno, cosa si scambieranno?
E soprattutto: cosa nascerà da questa serie di incontri? Si formerà davvero un gruppo di persone con qualcosa di importante in comune o resteranno dodici persone slegate tra loro? Come si rapporterà il gruppo con l'autenticità di ciascuno di loro?
E come cambierà il loro rapporto con se stessi e con gli altri in conseguenza della partecipazione a questo gruppo?

Per ora si può dire solamente che trovarsi in gruppo  è un evento concreto, fisico e psichico insieme, che nella stessa stanza per due ore ci saranno dodici corpi, dodici cuori, dodici teste e dodici anime, e che nessuno li obbligherà a fare o dire qualcosa.
Nella stanza ci saranno anche altre due persone, che della ricerca dell'autenticità, propria e degli altri, hanno fatto il centro del proprio lavoro e che insieme agli altri dodici parteciperanno al gruppo, ascoltandosi e ascoltando, rapportandosi agli altri in modo autentico.
Quando qualcosa nasce è sempre un bel giorno, perchè il mondo è più ricco di prima; certo, dei neonati, bisogna prendersi cura con affetto e attenzione, per cercare di farli crescere sani e robusti. 


lunedì 22 ottobre 2012

amore e potere




Se qualcuno mi chiedesse qual'è il contrario dell'amore, non gli risponderei l'odio, perchè, come dice il poeta, in certi casi si può amare e contemporaneamente odiare la stessa persona; credo invece che gli risponderei: il potere.

Il potere è, a mio avviso, assolutamente incompatibile con l'amore: se uno ama davvero, il suo animo non può ospitare per nessun motivo il desiderio di esercitare qualche forma di potere o di violenza sull'altro.

L'amore è desiderio del benessere proprio e di quello dell'altro in una relazione paritaria.

Le persone che non hanno la capacità di amare molto spesso cercano nel potere quel soddisfacimento che non possono trovare nell'amore. Se qualcuno li ama sono sì contenti, ma del potere che l'amore dell'altro conferisce loro.

L'esercizio del potere nelle relazioni affettive porta a ragionare in termini di possesso dell'altro: sei mio, mi appartieni, sei cosa mia.
Questa è la motivazione che spinge a molestare o, nei casi più gravi, perfino a ferire o uccidere la persona che ci tradisce o ci lascia definitivamente: quella persona è diventata una nostra proprietà, quasi una parte di noi e quindi non gli viene riconosciuta nè una sua autonomia nè una sua indipendenza, quindi nemmeno la possibilità di uscire per un giorno o per sempre dal nostro dominio.

Ciò che viene pensato è: o sei mio o di nessuno: non passa neppure per la testa l'idea che l'altro appartiene solo a se stesso.



La capacità di amare, anche solo di sapere cos'è veramente l'amore, non è innata: deve essere sperimentata all'interno di un rapporto d'amore.
Solo chi è stato oggetto d'amore vero (di un genitore, di un nonno, di uno zio) sa cosa è l'amore e sa come si fa a realizzarlo concretamente nei rapporti tra le persone. Anche per questo, amare è così importante.
Prendere coscienza della propria e altrui capacità di amare è raro e costa molta fatica se non si è mai stati amati.

Chi non ha avuto la fortuna di essere stato amato spesso sostituisce alle gioie dell'amore il piacere di comandare gli altri, di essere un capo, di sentirsi potente, diventando a volte anche sadico nei confronti dei più deboli. In questo modo cerca di avere un risarcimento per quella ferita affettiva che gli è stata inferta.
Amare qualcuno che non è mai stato amato, fargli sentire il calore dell'amore, può significare aprirgli nuove possibilità di vita; in una relazione d'amore bisogna però stare molto attenti che costui dimostri concretamente di essere diventato davvero a sua volta capace d'amare e che non si limiti a godere del nostro amore in modo passivo.

Il potere dell'amore di uno solo non basta a garantire la bontà di una relazione d'amore: la capacità di amare di entrambi ne è la componente fondamentale.   

martedì 16 ottobre 2012

contraddizione e vita

Le persone che hanno sempre le idee chiare su tutto mi lasciano sempre un po' perplesso. Se trovassi un personaggio pubblico che ammettesse davanti a tutti di non avere precise certezze riguardo a un certo problema e si impegnasse a pensarci su seriamente, credo che lo seguirei con interesse.
Non perchè io non ami la chiarezza, anzi, credo che sia una condizione dell'animo bellissima e desiderabile, tuttavia credo che per arrivare alla chiarezza, quasi sempre bisogna passare attraverso momenti di incertezza, momenti nei quali non conosciamo bene la nostra verità, momenti di nebbia piuttosto che di sole sfolgorante.
Certo, sono momenti difficili, scomodi, dai quali si vorrebbe uscire il più presto possibile per sentirci più tranquilli e sereni. Però non credo sia giusto rifuggire sempre le contraddizioni, come se fossero una iattura, né cercare scorciatoie troppo veloci e poco meditate.
In definitiva, è proprio dallo stare un po' nella contraddizione che può nascere la nostra vera verità, a meno chè non vogliamo adeguarci sempre alle verità  che gli altri ci propongono, senza fare lo sforzo di pensare con la nostra testa.
Certo, nemmeno passare tutta la vita senza prendere una posizione, senza assumersi la responsabilità di una decisione, non è una buona cosa.
Il problema fondamentale consiste, a mio avviso, nel modo in cui noi ci poniamo di fronte alle contraddizioni. Si può avere un atteggiamento depressivo, sentirsi sommersi dalle difficoltà di trovare la nostra soluzione, la via d'uscita veramente valida per noi, oppure si può considerare il momento nebuloso come un'occasione di ricerca, di lavoro creativo per trovare la nostra strada, quella che ci porterà a godere di una nostra nuova e chiara consapevolezza.

domenica 14 ottobre 2012

l'autenticità nelle relazioni

Cinquanta persone oggi erano presenti all'incontro pubblico sul narcisismo. Cinquanta persone attente e interessate, che hanno prima ascoltato e poi dialogato con noi facendo domande ricche di senso e pertinenti.
Dodici di loro hanno chiesto di partecipare al gruppo che inizierà a lavorare sull'autenticità nelle relazioni tra quindici giorni.
Siamo contenti.
Abbiamo avuto la sensazione che ci sia un grande bisogno diffuso di naturalezza, di semplicità, di autenticità, di rapportarsi con gli altri in modo sincero e rispettoso.
Siamo stati lì, a dialogare col pubblico per quasi tre ore e nessuno se ne è andato via prima.
Siamo soddisfatti perchè non abbiamo promesso ricette miracolose, tecniche straordinarie. Abbiamo cercato di far capire che ciascuno ha in sè tutto ciò che gli serve per stare sufficientemente bene e che si può creare uno spazio accogliente che permetta a tutti di ascoltarsi ed esprimere ciò che si pensa e si sente vero.
Marc Chagall - Gli amanti in blu (1914)
Siamo stanchi di pensare che qualcuno abbia le ricette per la felicità, vorremmo che ciascuno, nei limiti del possibile, si riappropriasse della capacità di cercare e vivere la propria verità. Con senso di responsabilità, non per contemplare il proprio ombelico. Con la voglia di stare bene per far stare bene anche gli altri e avere con loro delle relazioni autentiche. Perchè crediamo che sia normale avere delle relazioni autentiche.

E adesso vorrei chiedervi: voi, come ve lo immaginate un gruppo che lavora sull'autenticità delle relazioni? Cosa pensate che si faccia o che succeda?

mercoledì 10 ottobre 2012

per conoscere il narcisismo

J.W.Waterhouse - Eco e Narciso - (1903)
Sabato prossimo 13 ottobre alle ore 17, al Palazzo Europa - Sala C, via Emilia Ovest, 101 a Modena, una mia amica-collega ed io parleremo di narcisismo insieme a chi vorrà partecipare.
Cercheremo di spiegare cos'è il narcisismo, che differenza c'è tra quello sano e quello patologico, da cosa nasce, in che modi si manifesta e come ci si può difendere dal narcisismo degli altri ma anche dal nostro.
Parleremo di Narciso, ma anche di Eco, che spesso viene poco considerata, ma che rappresenta perfettamente una forma precisa di narcisismo.
L'incontro pubblico e gratuito si inserisce in un progetto che cerca di favorire l'autenticità nelle relazioni, cosa impossibile da realizzare sia per coloro che hanno problemi di tipo narcisistico, sia per chi si trova a doversi rapportare con loro.
L'argomento è, a mio parere, di grande importanza, perchè la nostra società purtroppo ha un altissimo tasso diffuso di narcisismo che si presenta in mille forme diverse e la difficoltà quotidiana di sperimentare relazioni profonde autentiche, la crescita del senso di isolamento, della chiusura in se stessi e della fragilità delle persone, ne sono la testimonianza.
Superare il narcisismo significa poter creare relazioni autentiche, accettandosi per ciò che si è veramente e provando rispetto e sincero interesse per gli altri, per le loro individualità che, proprio perchè diverse dalle nostre, possono donarci sempre nuove conoscenze ed essere per noi preziose fonti di arricchimento culturale, affettivo e spirituale.

sabato 6 ottobre 2012

fare la pace con noi stessi

La nostra vita scorre tra due sentimenti opposti: l'impotenza e l'onnipotenza.
A volte uno dei due ci possiede e ci ritroviamo a pensare o che non riusciamo a fare nulla di buono o che possiamo compiere imprese impossibili.
Spesso questi due opposti stati d'animo si susseguono a breve distanza di tempo: ci sentiamo onnipotenti e quindi ci avventuriamo in progetti che poi non riusciamo a portare a compimento, dopodichè il nostro umore vira verso il nero della depressione, della svalorizzazione di sè, della perdita totale di autostima.
Ovviamente nessuno è davvero nè impotente, nè onnipotente.
Si tratta semplicemente di conoscere sufficientemente bene le nostre forze e le nostre capacità, per percorrere quei sentieri della vita che sono alla nostra portata: sarebbe assurdo che in montagna un escursionista non troppo esperto si avventurasse in ferrate e arrampicate difficili e pericolose.
La domanda è: perchè non ci andiamo bene così come siamo? Perchè non ci amiamo per ciò che siamo veramente? Per ciò che sentiamo, con le paure che abbiamo, con i limiti che abbiamo? Perchè dobbiamo sempre dimostrarci di essere migliori di ciò che siamo?
La risposta spesso è che non siamo stati apprezzati a sufficienza da un genitore o da tutti e due e, senza rendercene conto, passiamo la vita a cercare di essere sempre più bravi per cercare di ottenere dai genitori o dagli altri quell'approvazione, quell'apprezzamento che ci è mancato quando eravamo più piccoli e del quale soffriamo ancora la mancanza.
E' una specie di condanna che ci portiamo dentro e che non ha mai fine.
Fare la pace con noi stessi, accettarci per ciò che siamo veramente, è il frutto di una presa di posizione interiore affettiva ed emotiva, di un cambiamento di rotta, del riconoscimento che nessuno, nemmeno i nostri genitori, ha il diritto di dirci come dobbiamo essere nè di stare male e farci sentire in colpa se non siamo o non facciamo quello che loro ritengono giusto e buono per noi.
Il chè significa rivendicare a noi stessi il nostro diritto ad esistere in base a ciò che sentiamo e crediamo vero: un'assunzione di responsabilità verso noi stessi che fa la differenza tra il bambino dipendente dai genitori e l'adulto libero e autonomo.  

mercoledì 3 ottobre 2012

il mare che abbiamo dentro

"Miranda-The Tempest" - J.W.Waterhouse (1916)
In un giorno d'agosto guardavo il mare da un altura e riflettevo sulla più basilare differenza tra mare e montagne: sempre orizzontale il primo e sempre verticali le seconde; le montagne che puntano al cielo e il mare che ricopre come una pianura la superficie terrestre.
C'è chi ama solo il mare e chi ama solo le montagne; io amo entrambi i paesaggi, amo le loro caratteristiche naturali così diverse.
Quel giorno ero davanti al mare e questo smisurato mare che avevo davanti, mi ha fatto pensare a quante volte il mare, con i suoi simboli, è comparso nei miei sogni e in quelli dei miei pazienti: il mare che abbiamo dentro.
Viandante davanti al mare di nebbia - D.F.Caspar (1818)
Il mare nei sogni può essere calmo o tempestoso, l'acqua può essere chiara e trasparente oppure scura e torbida. Nel mare si possono nascondere preziosi tesori o terribili pericoli. Il mare può inghiottire e uccidere oppure può essere strumento di gioco e divertimento.
Dove l'acqua è alta bisogna saper nuotare per stare a galla, oppure trovare un appiglio che ci sostenga e ci salvi. Ci sono tratti di mare sicuri e altri pericolosi.
Poi c'è la riva del mare, la zona di confine tra il mare e la terra, uno spazio in cui spesso ci si ritrova e in cui accadono peripezie di ogni tipo: il mare che improvvisamente si ingrossa e ricopre la terra, la ricerca di un punto riparato e sicuro da cui osservare il paesaggio...
Il mare tempestoso e pericoloso può rappresentare bene tutte quelle forze negative che vorrebbero inghiottirci, togliere di mezzo la nostra vera personalità, annullarci e farci scomparire, mentre il mare calmo e senza pericoli può simboleggiare la nostra capacità di lasciarci andare con gioia, di non stare sempre coi piedi piantati sulla terra, di tuffarci in territori sconosciuti e profondi della nostra anima con la capacità di esplorarli e riemergere più ricchi di conoscenza e consapevolezza.
Ricordo ancora con chiarezza la prima volta che, tanti anni fa, mi misi la maschera e guardai sotto la superficie del mare: rimasi senza fiato. Sotto di me un fondale profondo con piante, pesci piccoli sotto la superficie e pesci sempre più grandi man mano che il mare si faceva più profondo. Pensai con meraviglia e stupore che sotto la superficie del mare c'era tutto un mondo, una parte della vita che io non conoscevo.
E' bello nuotare e giocare nell'acqua, così come è bello andare a passeggiare lungo i sentieri di montagna, a patto che non ci si vada a cacciare nei guai, che non si sopravvalutino le proprie forze e che si porti rispetto e un sano naturale timore per le forze della natura, uniti a una sana consapevolezza delle proprie energie e capacità.

martedì 2 ottobre 2012

con la psicoterapia non si rischia il narcisismo?


Ieri una persona mi ha fatto la domanda che dà il titolo al post e che mi offre l'opportunità di condividere con voi alcuni pensieri.

Con il termine narcisismo si può alludere ad una vera e propria psicopatologia, a volte molto grave, oppure a una generica tendenza a mettersi troppo al centro delle proprie attenzioni, trascurando le ragioni e i sentimenti degli altri.
Fare una psicoterapia dovrebbe portare ad una maggiore conoscenza di sè stessi, quindi anche ad una consapevolezza più chiara dei propri limiti e dei propri difetti (per superarli), e questo processo va nella direzione opposta a quella che il narcisista predilige, cioè l'incensamento di sè stesso.
Però è vero che nell'ambito psicoterapeutico un rischio narcisistico c'è: il rischio è quello di pensare che, proprio perchè si fa una psicoterapia, si è in qualche modo superiori a quelli che non la fanno, perchè si sono imparate (o si crede di avere imparato) tante cose di sè e di come funziona la psiche in generale.
Molti anni fa, quando ho cominciato a fare questo lavoro, questo rischio era molto accentuato, perchè erano pochi quelli che andavano da un analista e circolava con facilità un certo complesso di superiorità.
Woody Allen ha contribuito a dissacrare gli psicoanalisti, gli psicoterapeuti e anche i pazienti; la diffusione di massa delle psicoterapie ha fatto il resto, facendo crescere il numero dei pazienti, per cui oggi andare da uno psicoterapeuta è molto meno elitario rispetto al passato e per fortuna è anche molto calato il numero delle persone che pensano che chi va da uno psicologo è matto.
Però, sia gli psicoterapeuti che i pazienti devono stare comunque molto attenti.
Il mito del guaritore ferito è un importante punto di riferimento e un'ancora di salvezza contro ogni tipo di inflazione narcisistica: il guaritore migliore è quello che è stato a sua volta ferito, è passato attraverso il dolore di vivere e conosce sulla propria pelle (e non perchè l'ha letto sui libri) cosa vuol dire soffrire, guardare in faccia il proprio dolore e poi riuscire a superarlo, avendo modificato qualcosa del suo vecchio modo di vivere.
Io diffido istintivamente di tutti coloro che, come gli imbonitori, sorridono sempre e ti fanno pensare che cambiare è facile e che loro ti possono insegnare la ricetta per vivere bene senza fatica, così come diffido di quelli troppo cupi, che sembra che vivano costantemente immersi nel dolore di vivere.
I miei migliori maestri sono stati delle persone normali, che avevano vissuto in prima persona le gioie e i dolori della vita. Entrando in contatto con loro, avevo la sensazione che fossero persone semplici, che andavano immediatamente all'essenza delle cose e che non tenevano troppo in considerazione l'aspetto esteriore: una volta, addirittura, scambiai il nipote di Jung, che è un anziano psicoterapeuta svizzero-tedesco, per il fattore di una villa di campagna dove egli doveva tenere una conferenza. Mi venne incontro con una camicia a scacchi rossi e un'aria talmente bonaria e semplice, che solo quando mi chiese in un italiano stentato "scusi, tofe è la toilette?", capii che era lui quello che doveva raccontarci della sua infanzia vissuta vicino all'illustre nonno.
Qualche anno dopo, dovendo incontrare per la prima volta come paziente una famosa analista di Milano, alla persona semplice e normale che mi venne ad aprire la porta e che io scambiai per la donna di servizio, stavo per chiedere di annunciarmi alla padrona di casa, quando lei per fortuna mi anticipò presentandosi e risparmiandomi una pessima figura, perchè capii che l'analista che stavo cercando era proprio lei.
Ecco, facendo della psicoterapia con persone come queste, non si rischia certo di diventare narcisisti.
  

venerdì 28 settembre 2012

i bambini sentono tutto

A volte noi genitori ci troviamo in situazioni imbarazzanti perchè non sappiamo come dobbiamo parlare ai nostri figli di qualcosa di spiacevole che riguarda i nostri affetti o le nostre relazioni.

Credo che sia necessario non dimenticarsi mai che i bambini hanno una capacità grandissima di percepire i sentimenti veri che noi proviamo. I bambini conoscono i nostri stati d'animo veri spesso meglio di noi stessi, perchè loro non hanno ancora tutte quelle sovrastrutture e difese razionali che noi adulti ci siamo costruiti nel tempo.

Essi appartengono più di noi adulti al mondo della natura, sono dei piccoli animaletti, da questo punto di vista, e, come gli animali, hanno delle antenne potentissime che li mette in grado di percepire le emozioni e i sentimenti di chi hanno intorno.

Se noi siamo tristi e angosciati, i bambini lo sentono, a meno chè non siamo così bravi da interrompere il flusso interno di questi sentimenti quando siamo con loro. Se però ne rimane qualche traccia percebile, loro la sentono.

E non serve a nulla dire: "sto benissimo" quando coi gesti, col tono della voce, con gli sguardi, col tono dell'umore, stiamo gridando loro il nostro malessere.

Un bambino sa perfettamente quando un genitore è felice o quando è preoccupato; in questo secondo caso non è raro che il bambino venga da noi e ci chieda cosa abbiamo. Se noi rispondiamo "niente, niente" e facciamo finta di stare bene, il bambino percepisce che lo stiamo imbrogliando, ma, e questa è la cosa terribile, non potrà mai avere con noi un confronto sincero su questo imbroglio, perderà la fiducia in noi e, con dolore, si terrà tutto dentro. Riceverà due messaggi contemporanei e contrastanti (a parole "sto bene", nei fatti "sto male") e quindi non ci capirà più nulla, si sentirà confuso e ciò lo farà sentire solo, triste e abbandonato.

lunedì 24 settembre 2012

figli di genitori separati

Uscire da una separazione coniugale in avanti, cioè accedere ad un livello di vita migliore del precedente, è difficile per chi si separa e ancor più per i figli, che si trovano a dover fare i conti con una situazione inaspettata, che modifica pesantemente gli equilibri affettivi e organizzativi della loro famiglia.
D'altra parte esistono situazioni nelle quali la separazione è un male necessario, perchè i coniugi non riescono più a trovare un senso al proprio stare insieme e la vita quodiana rischia di diventare un inferno. In questi casi è fondamentale salvaguardare i figli, cercare di non far pesare loro addosso le piccole o grandi negatività che ogni separazione comporta. Quando i due genitori riescono a fare ciò, i figli possono continuare a crescere senza troppi traumi, anzi, a volte, meglio di prima.
A questo proposito non dimenticherò mai un aneddoto che mi raccontò un'amica che si separò circa quarant'anni fa, quando suo figlio aveva due anni e che dopo tre anni iniziò a convivere con un altro uomo, che andò ad abitare da lei e fece in pratica da secondo padre a suo figlio.
Il bambino frequentava la prima elementare, la maestra non sapeva nulla della separazione e al primo colloquio con la mamma, dopo alcuni mesi di scuola, con molto tatto e circospezione raccontò alla mamma che il figlio, molto tranquillamente, andava dicendo in giro ai compagni di classe che lui aveva due papà.
La mamma spiegò qual'era la sua situazione famigliare, le disse della separazione e del nuovo compagno che viveva in casa sua e chiese alla maestra se le sembrava che suo figlio avesse dei problemi a causa di ciò.
La maestra rispose che, a suo parere, il figlio della signora non aveva alcun problema, ma che i problemi li avevano gli altri bambini.
La mamma non capì e chiese spiegazioni alla maestra, la quale rispose che molti altri bambini andavano a casa dai rispettivi genitori, piangendo e lamentandosi del fatto che loro avevano un padre solo mentre l'altro bambino ne aveva due, chiedevano il perchè di quell'ingiustizia e se potessero avere due papà anche loro!
In questo caso, l'affetto sincero che era rimasto tra i coniugi separati, unitamente a quello che il nuovo compagno della madre aveva regalato a lei e al bambino, avevano fatto sì che il bambino non solo non si sentisse svantaggiato rispetto ai suoi compagni, ma addirittura fosse da loro percepito come più fortunato!
Per la cronaca, quel bambino ha compiuto da poco quarant'anni, si è fatto una sua famiglia e pare che sia diventato un ottimo marito e uno splendido padre di due bambini.  

giovedì 20 settembre 2012

i venti dell'anima

Foto di Andreas Kemenater - India
A volte capita di sentirsi in balìa di qualcuno o di qualcosa, altre volte ci sentiamo feriti dalla vita in generale che percepiamo ostile nei nostri confronti, ma molte volte siamo solo prigionieri di noi stessi.

A volte scambiamo la parte per il tutto, ci sentiamo in una situazione disperata e senza via d'uscita solo perchè abbiamo lo sguardo troppo basso, interamente concentrato sulla situazione negativa che ci fa soffrire.
In quei momenti dimentichiamo tutto il buono che abbiamo dentro e che esiste intorno a noi, ci scordiamo di tutte le cose belle che abbiamo vissuto e che potranno tornare in futuro, magari in forme diverse e con modalità diverse.
E' come se fossimo sotto un tremendo temporale e pensassimo che si estenda ovunque, che ricopra i cieli di tutta la Terra.
Non è così, non è mai così.

Le tempeste hanno anche loro dei limiti, di spazio e di tempo e ai loro margini ci sono ampie zone di sereno.
Tutto è regolato dai venti che spostano incessantemente le nuvole: le fanno arrivare, le addensano, e poi le portano lontano.
I venti sono fondamentali, nella natura come nella nostra psiche. I venti sono necessari, anche per spazzare via lo smog, i rifiuti nocivi che la vita produce.
I venti possono essere violenti e portare tempesta, oppure talmente piacevoli da accarezzarci dolcemente.

Se mancano i venti c'è bonaccia, c'è ristagno, c'è afa, spesso insopportabile.
In greco vento si dice Anemos. Da questa parola deriva la parola Anima, il principio vitale individuale che ci anima, che ci fornisce vitalità.

Quando siamo in pericolo perchè i venti soffiano troppo forte intorno a noi, cerchiamo un luogo riparato, un luogo sicuro, stiamo fermi e raccolti su noi stessi anche per un tempo lungo.
Adoperiamo le nostre energie solo per proteggerci e per prenderci cura di noi, con l'intento di subire i minori danni possibili.
Cerchiamo di essere amici e non nemici di noi stessi, anche se ci sembra di avere sbagliato qualcosa o tutto.

Opponiamoci con tutte le nostre forze all'idea che non faremo mai nulla di buono, perchè se rimaniamo in contatto con la nostra anima, col nostro naturale. genuino e autentico modo di sentire e vedere le cose, da noi si scatenerà un'energia vitale molto potente.

Se i venti terribili hanno fatto dei danni, quasi sempre ci si può organizzare per ricostruire.
Magari ci sarà da impegnarsi e da lavorare sodo, magari si tratterà di compiere un viaggio in sè stessi lungo e difficile, magari si dovrà chiedere l'aiuto di una guida, ma vale la pena di provarci perchè, come diceva Dante, si tratta di uscire dall'inferno e rivedere le stelle.